Cultura e scienza
Pratiche rivoluzionarie che scavano nel profondo delle comunità
Nel libro “101 piccole rivoluzioni”, un dialogo serrato tra l’autore Paolo Cacciari e il sociologo Aldo Bonomi. Alla ricerca di un’economia differente, nel concreto del tempo e dello spazio
“101 piccole rivoluzioni sono la narrazione di un processo carsico di pratiche territoriali”. È l’incipit del sociologo Aldo Bonomi nello scritto che presenta il libro “101 piccole rivoluzioni. Storie di economia solidale e buone pratiche dal basso” di Paolo Cacciari, appena uscito per Altreconomia edizioni. Un dialogo che, come un fiume sotterraneo, scompare e riemerge tra l’introduzione di Cacciari e le pagine di Bonomi.
L’autore anticipa così le 101 best practice che ha raccolto in tutta Italia: “Siamo in presenza di un vero sommovimento che corre sotto la superficie visibile della società (quella illuminata dal circuito mediatico) e che prepara i futuri assetti del vivere umano. Persone, famiglie, collettivi, gruppi, associazioni, comunità aperte e scelte che non si limitano a gridare la propria indignazione […] ma che costruiscono un sistema di relazioni solidali, di patti di mutuo appoggio, di strumenti e istituzioni cooperanti. Piccoli punti di comunitarismo variegato, settoriale, frammentato, disomogeneo, intermittente, certamente debole e fragile, ma portatore di esperienze concrete (fatti) e, assieme, di una visione dei rapporti umani (valori) capaci di costituire l’alternativa a questo mondo in disfacimento”. Per Cacciari siamo in presenza di “un’infinita gamma di azioni di resistenza, recupero dei saperi tradizionali, pratiche di commoning, socializzazione delle innovazioni costituiscono la vera alternativa alla crisi di civiltà”.
A questa moltitudine Aldo Bonomi trova uno specifico campo d’azione, il territorio: “Il repertorio delle 101 rivoluzioni […] è anche un repertorio di protagonismo dei luoghi. Dove fare impresa di comunità e rivitalizzare spazi dismessi, condividere conoscenza e beni, disegnare filiere corte e circuiti solidali in parte sottratti al mercato. O dove fare comunità con l’opposizione a opere inutili, produzioni inquinanti, privatizzazione di beni pubblici”. Torna la dimensione del territorio, “dei soggetti sociali che fanno resistenza e resilienza allo stato presente delle cose, cercando di cambiare il contesto e di cambiare dentro, cercando l’altro mondo possibile nel quotidiano”.
Paolo Cacciari definisce e racconta proprio queste svolte: “Esistono nel mondo un’infinità di esperienze concrete potenzialmente in grado di dare forma ad attività economiche e a comunità locali più solidali, resistenti e capaci di futuro. Un repertorio di esperienze empiriche di relazioni umane in àmbiti di comunità di vita e di lavoro fondate sul fare non strumentale, sulla cooperazione disinteressata, sulla solidarietà reciproca, sul mutuo appoggio, capaci di produrre e fornire una parte dei beni d’uso (oggetti e servizi) di cui le persone hanno bisogno”. Non è un modo di dire: basta pensare alla campagna SfruttaZero, che produce passata di pomodoro biologica senza caporalato, all’Assemblea Cavallerizza 14:45 di Torino -un’opera di “rianimazione urbana”-, al servizio civile di difesa disarmata dei Corpi Civili di Pace (CCP) o al Comune di Malles, che ha deciso di bandire dal proprio territorio l’uso dei pesticidi. E agli altri 97 progetti. 101 “comunità possibili che creano la società che viene”.
© riproduzione riservata