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Pochi soldi e un sogno – Ae 45

Numero 45, dicembre 2003Un incontro casuale meno di un anno fa. Inizia così da Chico Mendes di Milano un progetto di cooperazione internazionale per aiutare le organizzazioni locali a sviluppare il fair trade all'interno del Paese È la seconda volta…

Tratto da Altreconomia 45 — Dicembre 2003

Numero 45, dicembre 2003

Un incontro casuale meno di un anno fa. Inizia così da Chico Mendes di Milano un progetto di cooperazione internazionale per aiutare le organizzazioni locali a sviluppare il fair trade all'interno del Paese

È la seconda volta
in pochi mesi che vengo a Buenos Aires e già mi sento a casa. Ma non soltanto perché questa città, e molta parte dell'Argentina, sono state plasmate da un certo spirito italiano, consolidatosi in decenni di immigrazione. Una serie di incontri in apparenza casuali ci hanno portato a partecipare al primo incontro di organizzazioni di commercio equo in Argentina.

Tutto è nato a Milano meno di un anno fa, sotto il tendone del Banco di Garabombo, dove incontriamo Harold, argentino in cerca di lavoro e di doppia cittadinanza in Italia.

L'avventura che mi ha riportato a Buenos Aires è nata così, dall'entusiasmo di Herold per aver scoperto il fair trade e dal desiderio della cooperativa Chico Mendes di iniziare un progetto di commercio equo con l'Argentina, Paese finora tagliato fuori da questo tipo di economia alternativa.

Anni di neoliberismo selvaggio e la crisi terribile del 2001-2002 hanno trasformato la società argentina: sono nate iniziative popolari non solo di protesta e di rivendicazione come i piqueteros o i cazerolazos, ma anche esperienze di economia alternativa come i club de trueque (una sorta di mercati del baratto) o le piccole ferias locali dove si vendono prodotti biologici. È in questo clima di rinascita sociale hanno iniziato a fare i primi passi anche le organizzazioni di commercio equo e solidale all'interno del Paese.

Un piccolo finanziamento da parte del Comune di Cinisello Balsamo (Mi) ci ha permesso di pagare uno stage di tre mesi ad Harold in Italia presso Chico Mendes e il Consorzio Ctm Altromercato e di organizzare questo primo incontro equo e solidale in Argentina, al quale partecipano più di 15 associazioni.

Alcune di loro lavorano con gruppi di artigiani indigeni: è questa la caratteristica principale del movimento che sta nascendo. L'attenzione agli ultimi in un Paese considerato bianco ed europeo si traduce nel demistificare questa percezione, cioè nel testimoniare lo scandalo della situazione degli indigeni in Argentina, nel lottare contro una storia di negazione. Perché di questo si tratta.

“Arte y Esperanza” è il nome della bottega del commercio solidario che si trova a due passi della Casa Rosada, la sede del governo, è gestita dall'Associación de Promoción Indigena, un'emanazione della Caritas di Buenos Aires. È un gruppo ben affiatato di operatori e volontari che, oltre a svolgere un importantissimo lavoro di recupero culturale delle diverse etnie di indigeni del Paese, gestisce questo punto vendita che per certi versi ha poco da invidiare alle Botteghe del mondo italiane. Attualmente esistono quattro tiendas solidarias in Argentina (l'ultima ha aperto a novembre) e, grazie alla collaborazione con la cooperativa Chico Mendes e Ctm Altromercato, stanno aumentando la gamma di prodotti in vendita, inserendo i prodotti alimentari che prima mancavano. Così questi negozi diventano un possibile sbocco economico per le produzioni dei piccoli coltivatori biologici e solidali che sempre più si stanno auto-organizzando per affrontare il mercato. !!pagebreak!!

Da un lato c'è la prospettiva di istituire una piccola rete di distribuzione alternativa, dall'altro quella di sfruttare i contatti con il commercio equo per iniziare a esportare verso l'Italia prodotti che da noi non sono ancora conosciuti, come l'artigianato in legno degli indigeni Wichì (i primi prodotti arriveranno per Natale).

Ed è proprio i Wichì che siamo andati a visitare, nelle province di Chaco, Formosa e Salta in cui stanno. Una popolazione di oltre 80 mila persone che vive in questa zona semi arida terribilmente calda e secca per nove mesi l'anno, in villaggi ai margini delle strade sterrate che solcano questa regione, a volte al limitare degli insediamenti dei bianchi. Le condizioni di estremo abbandono e miseria fanno dimenticare di essere in Argentina che, benché colpita dalla tremenda recessione, rimane comunque un Paese con livello di vita europeo. I Wichì un tempo erano raccoglitori e cacciatori, ma oggi vivono allevando animali da cortile, cacciando ancora quando è possibile, e intagliando oggetti in legno. “Arte y Esperanza” si occupa soprattutto di mettere in contatto questi artigiani con il mercato di Buenos Aires, una realtà che inizia a esistere nonostante la crisi. Il problema che riscontriamo è lo stesso di numerosi altri progetti di commercio equo: in una situazione di estrema marginalità gli artigiani sono costretti a svendere i loro prodotti a piccoli o medi intermediari che poi li rivendono a prezzi esorbitanti. All'aeroporto di Salta mi è capitato di vedere oggetti in “palo santo” (varietà di legno dal tipico colore verde) in vendita ai turisti a un prezzo di oltre 10 volte quello pagato nelle comunità indigene.

Il progetto di “Arte y Esperanza” e Chico Mendes per far decollare il commercio equo in Argentina segue due strade: da una parte bisogna creare un canale interno di commercializzazione dei prodotti, quindi promuovere la nascita di Botteghe del mondo; dall'altra vanno sviluppati prodotti di qualità per il mercato interno, senza disdegnare l'esportazione, che potrebbe servire come volano anche per il mercato locale.

L'estrema reattività della società argentina in questo momento e la garanzia migliore per il futuro. E sembra anche confermare che per dei buoni progetti spesso non sono necessari grossi investimenti, ma è molto più importante mettere in rete gli attori già esistenti nel settore. Questo è forse l'unica cosa che possiamo insegnare come rete di commercio equo italiana, il resto del successo di questo progetto sarà dovuto al grande entusiasmo e alla volontà di costruire qualcosa di condiviso e di partecipato che abbiamo riscontrato nei nostri amici argentini, dagli indios ai rappresentanti delle “tiendas solidarias”.!!pagebreak!!

Sopravvissuti: oggi solo 500 mila indigeni
Venti etnie per oltre mezzo milione di persone: ecco il panorama indigeno in Argentina. Alcuni gruppi raggiungono una importante consistenza numerica e quasi tutti hanno mantenuto la lingua d'origine, anche se in molti casi corrotta dallo spagnolo. Ma si tratta di un'esigua minoranza di sopravvissuti, rispetto alle popolazioni presenti sul territorio ai tempi della colonizzazione spagnola. La storia del Paese si è accompagnata a stermini inenarrabili della popolazione indigena, ai tempi della colonia ma anche sotto la repubblica Argentina. Esistono persino documenti fotografici che testimoniano la caccia all'indio. E sia all'interno del Paese che all'estero esiste la leggenda, piuttosto radicata, che in Argentina di indigeni non ne esistano, perché tutti sterminati.

La negazione dell'indio è stata accettata come verità inconfutabile, insieme ai luoghi comuni del Paese nuovo, di un'altra Europa sotto il cielo australe.

Ma è contro questa credenza così consolidata che si deve lottare, se si vuole lavorare per una reale promozione dei popoli indigeni in Argentina.

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