Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Crisi climatica / Opinioni

Per favore, rifiutiamo tutti insieme la direzione data dai petrolieri. Evitiamo il baratro

I disegni sono di Alessia Iotti “Alterales”, artista e attivista per il clima

Oggi l’Italia dipende per l’80% dai combustibili fossili, quasi interamente importati dall’estero. Senza una drammatica espansione della generazione elettrica a basse emissioni resteremo vincolati alla direzione “sporca”. Dobbiamo perciò togliere il piede dall’acceleratore su gas e petrolio e sterzare. Il governo, come dimostra il nuovo Pniec, va dalla parte sbagliata. L’intervento di Giovanni Ludovico Montagnani

L’Italia, nel 2024, è un enorme autobus diretto verso l’abisso: desertificazione, dissesto idrogeologico, consumo di suolo senza freni, inversione della piramide demografica, crollo della produttività del lavoro e della partecipazione civica, sfiducia nella politica e nella formazione. Come cittadini abbiamo il dovere di prendere il volante e cercare di sterzare.

Un paio di settimane fa è stato pubblicato il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), ovvero il piano con il quale il nostro Paese si propone di affrontare l’emergenza climatica, figliastra e matrigna dei problemi sopracitati. Il piano delinea con chiarezza la visione del governo sulle politiche energetiche, e costituisce un fondamentale “stato dell’arte” per noi attivisti. Il Pniec ci permette di capire se ci sono delle manovre che possiamo pensare di fare per provare a sterzare l’enorme autobus Italia, e per fortuna ce ne sono tante. Proviamo a elencarne due.

La prima: togliere il piede dall’acceleratore. Nel 2025 sarà operativo un nuovo impianto di rigassificazione di gas naturale liquefatto (Gnl) al largo della costa di Ravenna, con una capacità di cinque miliardi di metri cubi all’anno. È previsto un incremento di capacità nei terminali esistenti di Panigaglia (più due miliardi di metri cubi/anno), Livorno (più un miliardo di metri cubi/anno) e Rovigo (fino a più due miliardi di metri cubi/anno).

Inoltre, sono in corso progetti per nuovi terminali di rigassificazione a Gioia Tauro e Porto Empedocle, dichiarati strategici, e in Sardegna. Rilevanti anche i progetti infrastrutturali per il Gnl destinato al trasporto pesante e alle utenze industriali, con 15 nuovi depositi in fase di autorizzazione o realizzazione, e l’implementazione di depositi a Oristano, Porto Marghera e Brindisi. I terminali di Panigaglia e Livorno offriranno servizi di bunkeraggio navale e valutano la possibilità di fornire servizi di reloading. Ricordiamo che il Gnl, va estratto, trasportato, liquefatto, imbarcato, spostato, rigassificato, ritrasportato fino all’utilizzo finale, emettendo spesso più CO₂ del carbone.

© Alessia Iotti “Alterales”, artista e attivista per il clima

È in arrivo anche la nuova dorsale del gas fino a Minerbio, chiamata “Linea Adriatica”, con i nuovi giacimenti e siti di stoccaggio per aumentarne la disponibilità invernale. C’è addirittura in programma l’espansione di un oleodotto: il Tal, Trans alpine pipeline per rifornire raffinerie tedesche. Si tratta di infrastrutture fuori dal tempo, climaticamente criminali, ma spesso sotterranee, invisibili e silenziose. Capaci di catalizzare troppa poca attenzione comitatistica, sulle quali dovremmo sfogare invece ogni nostro sacrosanto sentimento da Nimby.

Il tracciato dell’Oleodotto translpino. Fonte: Pniec, 2024

La seconda: sterzare. Togliere il piede dall’acceleratore non basta per evitare il baratro. Serve sterzare. Ad oggi l’Italia dipende per l’80% dai combustibili fossili, quasi interamente importati dall’estero. Per il 10% dai biocombustibili. Più del 3% della superficie agricola utilizzata in Italia viene arata, fertilizzata, seminata, trebbiata, per la creazione di combustibili “rinnovabili” con un processo critico per la salute del suolo e dal bilancio energetico praticamente nullo.

Non ci riferiamo all’uso in cascata delle risorse, che porta scarti biogenici ad essere valorizzati energeticamente. Parliamo di colture dedicate, prodotte da un modello agricolo energivoro, che davvero consuma suolo, impoverendone le caratteristiche organolettiche e annullandone i servizi ecosistemici che normalmente offre.

È un teatrino, quello dei biocombustibili confusi per energie rinnovabili, che portiamo avanti perché c’è l’interesse delle bioraffinerie italiane e perché permette di dare una spruzzata di verde all’intero mondo del fossile italiano. Se vogliamo essere credibili nel difendere davvero il suolo, e non la nostra personale idea di paesaggio, potremmo cominciare dall’evitare di martoriarlo per coltivare le pannocchie del biogas. Che ricordiamo sono pagate con soldi pubblici.

© Alessia Iotti “Alterales”, artista e attivista per il clima

L’ultimo 10% della nostra energia viene dalle rinnovabili, per metà dall’idroelettrico. Le nuove rinnovabili (solare ed eolico), nei piani dell’Unione europea e del governo, dovranno raddoppiare nei prossimi cinque anni, segno che la volontà di sterzare c’è. Non è chiaro a nessuno come arrivare al 100%, non è chiaro alla scienza né tantomeno al governo. Ma cerchiamo almeno di arrivare al 55% dei programmi europei.

Quando ci si oppone all’energia pulita non si fa altro che continuare a tenere il volante dalla parte del fossile, e dei biocombustibili. La morigeratezza e il consumo critico, come il risparmio energetico e l’elettrificazione dei consumi, hanno l’enorme potenziale di ridurre la domanda totale di energia, di rallentare la corsa verso il baratro, ma senza una drammatica espansione della generazione elettrica a basse emissioni rimarremo vincolati alla direzione fossile per sempre.

La mappatura delle emissioni di siti industriali, inceneritori e termoelettrici nel 2023. Fonte: Pniec, 2024

Le piccole comunità energetiche, per quanto utilissime, non costituiranno nel breve periodo un’alternativa al grande fossile, come non lo farà il nucleare di n-millesima generazione o ancora peggio la fusione nucleare. Non strumentalizziamo nemmeno gli alberi o le compensazioni come scusa per evitare l’energia pulita: nel solo 2022 abbiamo emesso 400 milioni di tonnellate di CO₂ e ne vedevamo riassorbite nel suolo e nelle foreste solo il 5%, non aspettiamoci che la natura faccia miracoli cambiando di molto la sua capacità di “aiutarci”. Il volante va girato di qua o di là: se non lo si sterza dalla parte dell’energia pulita, rimane girato dalla parte dell’energia sporca.

Il governo, lo si capisce leggendo il Pniec, non ha la presa salda sull’acceleratore e sul volante, così come non ha le idee chiare sulla direzione da prendere. Si fa guidare, consigliato malamente da interessi corporativi fossili, vero, ma anche tanto dalla necessità del consenso democratico quindi dalla nostra opinione.

Scegliamo noi cittadini di suggerire una direzione diversa dal baratro, di spingere un piede sul freno. Concentriamo le nostre opposizioni agli sviluppi fossili del nostro Paese. Decidiamo di sterzare verso l’energia elettrica e pulita. Garantiamo una svolta che sia vantaggiosa e preferibile per noi cittadini, che i vantaggi economici ricadano soprattutto sui territori che la renderanno possibile. Accettiamo l’idea di essere divisi sul punto di arrivo, dopo aver sterzato. Ma rifiutiamo tutti insieme la direzione data dai petrolieri. Evitiamo il baratro, per favore.

Giovanni Ludovico Montagnani, ingegnere, PhD e attivista per il clima, per il collettivo Ci sarà un bel clima. giovanni@unbelclima.it

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati