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L’Europa non finanzi il gas azero

Mercoledì 22 luglio la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo valuterà un possibile sostegno di 500 milioni di euro per lo sfruttamento del giacimento Shah Deniz, sul mar Caspio. È quello che dovrebbe alimentare il TAP, la pipeline che da Baku -capitale dell’Azerbaigian- dovrebbe arrivare sulle coste del Salento. Una petizione chiede ai Paesi dell’UE di non destinare soldi pubblici al progetto

I primi Giochi Europei, tenutisi a Baku, in Azerbaigian, sono finiti da poco meno di un mese, ma la coalizione della società civile internazionale Sport for Rights non sembra intenzionata ad abbassare il profilo del suo lavoro sul Paese del Caucaso. Non per lodare i costosissimi impianti realizzati per i Giochi o giudicare le prestazioni sportive (invero non di primissimo piano) fornite dagli atleti, quanto piuttosto per continuare a denunciare come il governo guidato dal presidente Ilham Aliyev (recentemenre in Italia, per incontrare il premier Matteo Renzi) non sia per nulla democratico e non rispetti i diritti umani. 
Per fare ciò i vertici di Sport for Rights hanno preso carta e penna e hanno scritto ai direttori della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (la lettera è in allegato).

Che cosa c’entra l’istituzione con sede a Londra con la battaglia portata avanti dall’organizzazione no profit? 
La BERS, l’acronimo con cui è conosciuta, mercoledì 22 luglio voterà se concedere o meno un finanziamento di 500 milioni di euro alla compagnia privata russa Lukoil per lo sfruttamento del giacimento Shah Deniz, sul tratto azero del Mar Caspio. È da lì che si estrae il gas che dovrebbe passare anche per le condutture del TAP, il tratto mediterraneo della mega pipeline che da Baku giungerà fino alle coste salentine. Un gasdotto che in Puglia la popolazione locale, sostenuta dalle istituzioni, non vuole, e su cui invece il governo Renzi e la stessa Commissione europea puntano fortissimo.

Tornando alla BERS, il corto circuito in caso di voto favorevole al prestito appare evidente. Essa andrebbe ad aiutare un’impresa di un Paese -la Russia- con cui l’Occidente è al momento ai ferri corti. Tutta la retorica del “ci dobbiamo affrancare dal gas russo”, inoltre, va a farsi parzialmente benedire, se poi proprio ai russi si versano centinaia di milioni di euro tramite una banca pubblica. 
E poi il progetto riguarda in maniera diretta l’Azerbaigian, dove i dissidenti, siano essi avvocati, attivisti o giornalisti, finiscono in prigione con accuse del tutto inventate, come raccontato nel nostro reportage "L’oro azero" (Ae 173). 
Per la BERS l’importante è fare affari con Paesi "democratici", visto che nello statuto della banca alla voce democrazia vengono associate libere elezioni e non c’è alcun riferimento esplicito alla tutela dei diritti umani. Una linea che convince ben poco. Anzi per niente, dal momento che l’Azerbaigian di democratico ha solo l’aspetto: le diverse tornate elettorali che si sono succedute a partire dagli anni Novanta sono state hanno visto prevalere sempre membri della stessa famiglia, gli Aliyev, e proprio in vista delle elezioni presidenziali del 2013 il governo azero ha dato il via alla forte repressione che ha visto l’apice nel 2014 e 2015. Un fatto, questo, certificato più volte anche l’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Un’istituzione che il governo azero sta facendo di tutto per mandare via da Baku, al punto da chiuderne l’ufficio pochi mesi fa.

Nel Paese che si affaccia sul Mar Caspio è dall’inizio degli anni Novanta che comanda la dinastia degli Aliyev. Prima Heydar, ora Ilham, come raccontato prima e durante i Giochi dalla grande stampa internazionale. In precedenza l’OSCE aveva criticato duramente le modifiche apportate alla Costituzione prima delle ultime elezioni, che di fatto permettono una sorta di conferma a vita per l’attuale presidente.

I Paesi europei che siedono nella BERS non sembrano però riconoscere il reale problema democratico che sta vivendo l’Azerbaigian. Il prestito di cui devono decidere mercoledì non farà che peggiorare la situazione, permettendo l’avvio della costruzione di un progetto -il Corridoio Sud del Gas- che legittima ulteriormente l’esecutivo Aliyev (e per questo è stata lanciata la petizione No public money for the Euro-Caspian Mega Pipeline, che può essere firmata a questo link). 
Ma forse per la BERS e per la Commissione europea, democrazia significa proprio questo.
 

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