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Cultura e scienza / Opinioni

Le natiche dell’arte

La scoperta di una statuetta di Michelangelo, il ministero dello Storytelling, una mostra presso Confmarketing, la Lotteria della Bellezza: se la realtà somiglia troppo a una bufala

Tratto da Altreconomia 184 — Luglio/Agosto 2016

Finalmente è tornato alla luce un vero Michelangelo: un evento colossale, la cui importanza sarà calcolabile solo tra decenni. La piccola, superba scultura in legno è proprietà di un celebre finanziere italiano residente a Londra, alla testa di una holding internazionale con sede alle Isole Cayman (dunque un accreditato attore democratico). Solo il prossimo 31 settembre l’opera (la cui ventilata esistenza teneva da mesi in fibrillazione mercati e musei)  sarà presentata al mondo, a Las Vegas. Il Michelangelo che Altreconomia è oggi in grado di mostrare in esclusiva italiana è un’opera sostenuta non da sogni, ma da solide realtà: una scientifica e una documentaria.

La prima. Il massimo studioso mondiale di tecnologia del legno, l’americano Elm Woodlover (docente all’Università di Buffalo), è stato il primo scopritore della paternità michelangiolesca dell’opera: grazie a una spettroscopia translucida della superficie lignea ha potuto accertare che i segni dello scalpello coincidono al millimetro con quelli lasciati nel famoso bozzetto di crocifisso conservato al Museo del Brand Italia. Non per caso, questa inoppugnabile conclusione è stata confermata anche dall’analisi stilistica di uno dei più eminenti studiosi di Michelangelo (Maxim des Aveugles, dell’università di Voir-par-les-Oreilles), il quale ha letteralmente dichiarato, citando Vasari, che “nelle natiche eroiche del Cristo nessun altro avrebbe potuto scolpire ‘un morto più morto di quello’”. E, in effetti, è in queste natiche che sembra confluire tutta la storia dell’arte occidentale.

Ma, come sempre, la vera prova è quella provvidenzialmente somministrata dai documenti d’archivio: carta canta. Intorno al 1540, Vittoria Colonna scrisse all’amato Buonarroti: “Cordialissimo mio, signor Michelangelo, ve prego me mandiate un poco il Crucifixo, se ben non è fornito”. Ebbene, il capolavoro restituito dalla marea dei secoli è appunto non finito: una coincidenza impressionante. Ma la prova regina sta nella provenienza: una serie di inventari che giungono fino al 1776 conferma che quel crocifisso si trovava presso gli eredi della marchesa. E non è finita: l’attuale proprietario l’ha acquistato dagli eredi di un soldato americano che confidò ai figli di averlo avuto in Italia da un certo ‘signor Colonna’ in cambio di derrate alimentari, nel 1944. E il cerchio, come per magia, si chiude.

In primavera l’opera tornerà in Italia. Sarà esposta presso la sede di Confmarketing: e in quell’occasione il ministro dello Storytelling presenterà il piano quinquennale per il patrimonio culturale, la Lotteria della Bellezza. Una coltre di riserbo nasconde i connotati dell’operazione, ma sembra che la seconda tappa dell’esposizione si terrà a Firenze, e avrà come titolo: “Michelangelo versus Cattelan”. La mostra sarà curata dal portavoce del Partito della Nazione, e ci lavoreranno solo precari volontari non retribuiti. Una cultura che, finalmente, fattura.

Post scriptum: amico lettore, tutto questo è finzione, ma tieni alta la guardia. Quasi ogni giorno sui giornali pascolano bufale non molto più credibili di questa. Dunque, occhi aperti.

Tomaso Montanari è professore ordinario di Storia dell’arte moderna all’Università di Napoli. Il suo ultimo libro è “Privati del patrimonio” (Einaudi, 2015)

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