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Opinioni

La teoria dell’ uncinetto

In una disciplina considerata “maschile”, la matematica, una donna risolve un problema con uno strumento “femminile”. Una risposta a chi crede che il mancato accesso alle carriere scientifiche si debba a differenze biologiche

Tratto da Altreconomia 134 — Gennaio 2012

Nel 1997 Daina Taimina, una matematica della Cornell University, riuscì a risolvere uno dei problemi della matematica contemporanea: realizzare un modello fisico dello spazio iperbolico, che consentisse di vedere, toccare e visualizzare le proprietà valide in questa geometria non euclidea. La cosa innovativa e incredibilmente femminile di questa innovazione, fu il fatto che utilizzò l’uncinetto. Da allora Daina Taimina tiene lezioni di uncinetto applicato alla geometria, dove i matematici presenti provano a realizzare piani iperbolici utilizzando questo tradizionale strumento femminile.

Indipendentemente dagli aspetti folcloristici della vicenda, in questo caso è evidente l’arricchimento che deriva dalla diversità delle esperienze. L’innovazione è generata dalla capacità di utilizzare strumenti che per tradizione sono esclusivamente femminili in mondi che per tradizione sono esclusivamente maschili. Da tempo nell’ambito dei discorsi di genere sembra esistere, invece, tensione tra desiderio di uguaglianza e affermazione delle differenze. Soprattutto nell’ultimo decennio si assiste a un moltiplicarsi di ricerche che cercano di comprendere se esistono differenze psicologiche e di intelligenza legate alla biologia tra uomini e donne. Ci si chiede se tentare di forzare l’uguaglianza, spingendo le donne verso lavori tradizionalmente maschili, e viceversa, porti a sminuire le preferenze biologiche di ognuno.

Simon Baron Cohen, psicologo, responsabile del prestigioso Istituto di ricerca sull’autismo dell’Università di Cambridge, ha elaborato una teoria tra le più influenti sulle differenze psicologiche tra i sessi. La sua teoria si chiama “empathizing-systemizing theory”, in quanto al centro ci sono le differenze relative alla capacità di empatizzare e sistematizzare. Non è un caso che questa teoria sia emersa da un centro di ricerca sull’autismo, visto che queste tipologie di problemi colpiscono in modo non proporzionale gli uomini più delle donne. Ad esempio la sindrome di Asperger, una forma di autismo, è dieci volte più frequente nei maschi. Come molte altre, anche questa teoria sostiene che le abilità sociali e quelle relative alla capacità di comunicare e di provare empatia siano più femminili, mentre le capacità di padroneggiare informazioni prevedibili e basate su sistemi o di comprendere ed elaborare sistemi spaziali dettagliati sia più maschile.
Per questo, sostengono in molti, nonostante tutti i tentativi di promuovere l’uguaglianza le professioni scientifiche continuano ad essere dominate da uomini. In particolare, test di intelligenza somministrati a gruppi di uomini e donne dimostrano che in media i gruppi sono uguali, ma ci sono un numero maggiore di uomini molto intelligenti e di uomini molto stupidi. “Non esiste una Mozart donna perché non esiste un Jack lo squartatore donna”, ha detto Camille Paglia, una famosa antropologa americana, sintetizzando efficacemente il concetto che le donne sono tendenzialmente “normali”, mentre esistono più “estremi” tra gli uomini.

Le reazioni a queste affermazioni sono straordinarie. Nel 2005 Lawrence Summers, il rettore della prestigiosissima Università di Harvard, si dovette dimettere per aver affermato pubblicamente che le differenze biologiche spiegano il motivo per il quale ci sono ancora cosi poche donne eccellenti in campi come quello della matematica e delle scienze.
In effetti i professori donna assunti nei dipartimenti di chimica negli Stati Uniti sono solo il 21%, nel dipartimento di scienze del prestigioso Mit le donne sono solo il 5%, cosi come nel Dipartimento di Fisica della stessa Università. Anche al centro di Ricerca matematica “Ennio Giorgi” di Pisa, tra i migliori del mondo, non c’è neppure una donna nel comitato scientifico, e nemmeno nel direttivo. Nel dipartimento di Matematica dell’Università di Milano solo 4 professori ordinari su 23 sono donne. In quello dell’Università di Roma sono 4 su 34. Una ricerca Ocse che analizza il differenziale tra maschi e femmine in matematica lo evidenzia in quasi tutti i Paesi del mondo e colloca l’Italia 36esimo posto su 40.
Possiamo accettare che le differenze biologiche esistano, che i migliori scienziati e matematici saranno sempre e solo uomini, ma è indubbio che le attuali percentuali non riflettono solo queste differenze biologiche: l’Italia e il mondo stanno perdendo numerosi talenti per strada e soprattutto non traggono profitto dall’arricchimento che deriva dalle differenze. Ma forse non ci si deve stupire, soprattutto in un Paese maschilista come il nostro: chi prenderebbe sul serio un matematico che lavora all’uncinetto?

Elena Sisti, economista, autrice del libro “
Le donne reggono il mondo” (Altreconomia, 2010).
Potete scriverle all’indirizzo
elena@altreconomia.it
 

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