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La tassa sulla vacanza – Ae 63

Numero 63, luglio/agosto 2005Pronti, partenza, via. Tutti in coda a pagare il pedaggio. Un fiume di denaro (16,7 miliardi di euro) che finisce  nelle tasche delle società concessionarie. Solo 3,7 miliardi sono investiti per migliorare la rete Il sole picchia sulle…

Tratto da Altreconomia 63 — Luglio/Agosto 2005

Numero 63, luglio/agosto 2005
Pronti, partenza, via. Tutti in coda a pagare il pedaggio. Un fiume
di denaro (16,7 miliardi di euro) che finisce  nelle tasche delle società concessionarie. Solo 3,7 miliardi sono investiti per migliorare la rete
 
Il sole picchia sulle lamiere, il volante scotta. Fazzoletto bagnato in testa alcuni, i più fortunati con l’aria condizionata, ma tutti immobili o quasi, intrappolati nel lungo serpentone che inizia chissà dove, e finisce chissà quando.
Per arrivare al mare, è un sacrificio che tutti prima o poi abbiamo fatto. Ma la prossima volta che finirete in coda in autostrada un pensiero a chi state finanziando con le vostre fatiche e le vostre vacanze, fatelo.
Anche quest’anno quotidiani e televisioni parleranno di esodo estivo, e dei disagi che comporterà.
Colpa dell’aumento del traffico, si dice.
In effetti, nel 2004 sono stati percorsi oltre 79 miliardi di chilometri (su una rete autostradale che ne conta circa 6 mila), un paio di punti percentuali in più rispetto al 2003, ma molti di più dei 50 miliardi di chilometri percorsi nel 1990.
D’estate però l’effetto esodo si deve, più che all’aumento di veicoli in circolazione, all’aumento della percorrenza media, che passa dai 40/50 chilometri di media nel corso dell’anno a 100, se non 150.
Concentrandosi per di più su direttive e aree particolari del Paese, come la A1 o l’Adriatica. Tutti al mare.
Quindi tutti pronti a programmare partenze intelligenti, o a mettersi in coda.
In ogni caso, tutti pronti a pagare, perché l’86% della autostrade italiane è a pedaggio, e i soldi che sborsiamo al casello vanno a una delle 23 società concessionarie (raggruppate nell’Aiscat, Associazione italiana società concessionarie e trafori) che gestiscono la rete. E che a risolvere il problema della congestione e del traffico non ci pensano poi molto.
“Dal 1999 al 2003 le concessionarie autostradali hanno incassato 16,7 miliardi di euro da pedaggi, ma hanno fatto investimenti solo per 3,7 miliardi per migliorare la rete” spiega Giorgio Ragazzi, professore di Politica economica all’Università di Bergamo, già economista presso Banca mondiale e Fondo monetario internazionale. “Coi soldi dei pedaggi sono state rafforzate le rendite delle società, invece di investire sulla viabilità ordinaria. Anche tenendo conto delle spese di gestione, che spesso non assorbono più di un terzo dei ricavi, si tratta di un fiume di denaro che è finito in profitti”.
Un esempio: Società Autostrade -concessionaria cui fa capo il 61% della rete a pagamento italiana, oltre 3 mila e 400 chilometri- ha incassato lo scorso anno con i pedaggi 2,4 miliardi di euro, 114 milioni in più rispetto al 2003.
L’utile netto del Gruppo (429 milioni di euro) ha segnato un più 84,4%! In dividendi agli azionisti sono andati 292 milioni di euro.
Sempre coi soldi dei pedaggi (cioè degli automobilisti, non coi suoi) la famiglia Benetton (che controlla Società Autostrade attraverso Schemaventotto, vedi box) ripagherà gradualmente anche il debito di oltre 7 miliardi di euro contratto per arrivare nel 2003 -con un Offerta pubblica di acquisto- al 65% delle azioni della società concessionaria. Ne aveva già ottenuto il controllo a seguito della privatizzazione del 1999 (quando acquisì il 30% delle azioni per 2,5 miliardi di euro).
Ancora Ragazzi: “Gli italiani pagano ogni anno 5 miliardi di euro in pedaggi. Eppure la rete italiana è praticamente la stessa di trenta anni fa. I pedaggi sono ancora oggi definiti in base ai costi di realizzazione e miglioramento della rete. Gli stessi incrementi tariffari annui fissati dall’Anas (Azienda nazionale autonoma strade statali, di proprietà dello Stato, ndr) sono assai superiori al dovuto, perché in funzione di investimenti che poi non vengono fatti”.
E l’aumento delle tariffe è diffuso su tutta la rete, non solo dove è prevista una spesa. In effetti la relazione di bilancio 2004 di Società Autostrade ricorda che gli impegni di investimento stabiliti dalla convenzione del 1997 ammontano a circa 9 miliardi di euro. Ma spiega che meno di un decimo sono stati spesi, che il chilometraggio della rete, nel corso del 2004, non è cresciuto, e in effetti riconosce (testuale) “la forte criticità nell’esecuzione delle opere, per altro dovuta a fattori, cause e situazioni spesso al di fuori dall’imputabilità al Concessionario di una responsabilità gestionale e operativa”.
La rete del Gruppo Autostrade privatizzata nel 1999 era entrata in esercizio negli anni Settanta. Per questo si può ritenere che gli investimenti fatti per realizzarla fossero allora già stati ampiamente ammortizzati. Se le tariffe avessero continuato a coprire semplicemente i costi di gestione, oggi i pedaggi sarebbero ridotti, di molto e da tempo. Oggi come allora chi ha in concessione le autostrade realizza profitti eccessivi: prima l’Iri, cui apparteneva Società Autostrade, ora la famiglia Benetton e gli altri privati.
Con la privatizzazione in sostanza lo Stato ha venduto un flusso futuro di ricavi che assomigliano più a un’imposta che al giusto compenso per un servizio, pubblico per giunta.
La realizzazione delle autostrade italiane è stata già ampiamente ripagata. “Infatti -continua Ragazzi- si dovrebbero adeguare i pedaggi in funzione della congestione, come in altri Paesi europei, per migliorare l’utilizzo della rete, rescindendo il legame tra pedaggio pagato e introito del concessionario”. Ovvero si dovrebbe far pagare di più dove si vuole ridurre il traffico, orientando i veicoli verso strade sottoutilizzate con tariffe minori, oppure utilizzare tariffe orarie, come per le telefonate. E magari -aggiungiamo noi- investire di più in ferrovie e trasporti pubblici, alternativi all’auto.
Tanto più che la rete italiana non è particolarmente carente quanto a dimensione. Secondo i dati Eurostat l’Italia ha una “densità” autostradale rispetto al territorio e alla popolazione superiore alla media europea. I problemi derivano da una mancanza di ottimizzazione. “L’obiettivo di Anas, che regola il settore, dovrebbe essere quello ridurre le rendite dei concessionari, recuperando risorse per maggiori investimenti sulla viabilità. E non dovrebbe limitarsi a stabilire massimali di prezzo, ma tenere conto dei costi e benefici sociali dell’utilizzo della rete”.
I pedaggi crescono e con essi i titoli delle società quotate in Borsa. “Fa profitti chi è nei settori protetti, come quello autostradale, dove non ci si accollano rischi e il profitto dipende da tariffe fissate dall’ente pubblico”.
Nei due anni successivi all’Opa il valore del titolo di Autostrade è raddoppiato.
Ma anche lo Stato, a ben guardare, guadagna sulle code. I pedaggi autostradali incidono sul costo per chilometro all’incirca quanto l’imposta sulla benzina. Rispetto alla Germania o agli altri Stati dove le autostrade sono gratuite, è come se chi viaggia in autostrada in Italia subisse una tassazione doppia.
Le concessionarie versano l’1% dell’introito da pedaggi. Solo per l’Iva poi, all’erario nel 2004 sono arrivati 821 milioni di euro. A questi vanno aggiunti i 153 milioni di euro destinati al Fondo centrale di garanzia (costituito presso il ministero dell’Economia) che serve a sostenere, con mutui senza (o quasi) interessi, e rimborsabili lungo l’arco della concessione, gli investimenti autostradali ritenuti necessari ma non “economici”.
Oltre alle tasse che tutte le concessionarie pagano al fisco. Senza contare la proposta del ministro Lunardi dello scorso anno (e recepita in Finanziaria 2005) di mettere pedaggi su circa 4.500 chilometri di strade statali già ora paragonabili a quelle autostradali, o che saranno rese tali in futuro. Tra Iva, accisa sulla benzina e bolli auto, il gettito riconducibile al traffico per lo Stato ammonta a 40 miliardi di euro l’anno.
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Miliardi di chilometri in auto
Il grafico mostra la crescita del numero di chilometri percorsi dai passeggeri italiani su autostrada o ferrovia tra il 1995 e il 2004. Oggi sono quasi 150 miliardi. Oltre la metà (79 miliardi) sono stati percorsi sulla rete autostradale. Solo lo scorso anno, i mezzi pesanti (circa un quarto del circolante) hanno percorso 19 miliardi di chilometri, con un incremento del 3,8% rispetto al 2003. Anche il traffico leggero è cresciuto, ma solo dell’1,6%.
Nel grafico in basso, invece, i miliardi di chilometri percorsi dalle merci. Si nota subito che le autostrade sono sempre più favorite rispetto ai treni.
Fonte: Anas spa 2005
 
I pedaggi aumentano più della benzina
Spostarsi costa. Il grafico mostra la crescita dei prezzi di trasporti stradali, carburanti, pedaggi e trasporti ferroviari rispetto al valore base del 1995.
A crescere maggiormente i valori legati alla strada, mentre sono contenuti quelli ferroviari. Eppure l’automobile continua ad essere preferita al treno.
Se si guarda la differenza tra maggio 2004 e maggio 2005, inoltre, il valore dei trasporti è quello che segna il maggior incremento tra tutti i beni di consumo, con un più 4,4%: solo la benzina è cresciuta del 9,6% in un anno.
A inizio dell’anno il Sole 24 ore ha pubblicato un dossier nel quale attualizzava a livelli odierni i prezzi di prodotti e servizi rilevati nel 1954. Il risultato è che rispetto a 50 anni fa paghiamo meno la benzina (-38%), il gasolio (-19%), il biglietto del treno Milano Roma (-48%). Invece il pedaggio tra Milano e Torino ci costa di più (+19%). Fonte: Istat 2005
 
Autostrada che vai, Benetton che trovi
Il 61% della rete autostradale a pagamento italiana fa capo a un’unica società, che a sua volta fa capo a un’unica famiglia.
Il Gruppo Autostrade ha in concessione 3.408 chilometri di autostrade, tra le quali la A1, la Torino Savona, la Livorno Civitavecchia, il traforo del Monte Bianco. L’azionista di controllo di Autostrade, Schemaventotto, oggi detiene il 50,1% delle azioni della società: il resto è quotato in Borsa. A sua volta, Schemaventotto è per il 60% di Edizione Finance, della famiglia Benetton (nella foto in basso Gilberto Benetton, consigliere di amministrazione), mentre il restante del capitale è diviso tra Fondazione Crt (13,33%), Abertis (13,33%), Unicredito (6,67%) e Assicurazioni Generali (6,67%). Il gruppo fattura oltre 2,8 miliardi di euro, 2,4 dei quali arrivano dai pedaggi. L’utile del 2004 ammonta a 429 milioni di euro
(+ 84,4% rispetto al 2003), mentre l’indebitamento fluttua attorno a quota 8 miliardi di euro. Ogni giorno 4 milioni di persone (2,5 milioni di veicoli) circolano sulla rete del gruppo.!!pagebreak!!
 
Quanto costa in Europa
In partenza per un giro in Europa? Se non avete più l’età per l’interrail potete farvi un’idea di quanto pagherete la benzina con il grafico qua sotto, che compara i prezzi tra i vari Stati dell’Unione
(fonte: Osservatorio dei prezzi del ministero delle Attività produttive, 2005).
Invece ricordate che nel continente solo il 31% delle autostrade è a pagamento.
In Germania sono gratuite, mentre in Francia e Spagna (dove solo un terzo della rete è a pedaggio) le tariffe  sono più alte che in Italia. Si paga anche in Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Grecia, Ungheria, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Serbia, Slovenia, Ucraina. In totale nel 2004 sono stati pagati in Europa 15 miliardi di euro in pedaggi. Al primo posto la Francia, con oltre 6 miliardi di euro. Dietro, Italia e Spagna (1,7 miliardi).
Le società di esazione europee (comprese tutte le 23 italiane, riunite nell’Aiscat) sono raccolte nell’Asecap (Associaton européenne des concessionnaires d’autoroutes et d’ouvrages à péage, www.asecap.com) che rappresenta 126 organizzazioni che gestisono più di 24 mila chilometri in 17 Paesi (compreso il Marocco).
 
Benetton: primo operatore mondiale del panino in viaggio
Dei Benetton non ci si libera. Anche in sosta durante il viaggio, un po’ dei soldi spesi in bibite, caffè e panini dal nome improbabile finiscono nelle tasche della famiglia di Ponzano Veneto che, attraverso la finanziaria Edizione Holding, detiene il 57% del capitale sociale di Autogrill.
La multinazionale della ristorazione gestisce 216 aree di servizio sulla rete di Autostrade (sempre di Benetton), pari al 63% del totale. Per questo conflitto di interessi, dopo anni di raccomandazioni inascoltate, l’Antitrust ha condannato (a novembre 2004) la società a 15,8 milioni di multa, scatenando le ire dei proprietari che hanno minacciato (senza dare seguito) la vendita del gruppo. Autogrill è il primo operatore al mondo nel settore della ristorazione per chi viaggia, con un giro di affari di circa 3,2 miliardi di euro, 4.200 punti vendita in 15 Paesi e oltre 200 marchi. Per i prossimi anni Autostrade ha previsto 800 milioni di investimenti per la realizzazione di nuove aree e l’ampliamento delle attuali.

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