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La Nigeria diventa Paese di origine sicura per l’Italia. Un altro colpo al diritto d’asilo

Lagos, Nigeria © Emmanuel Ikwuegbu - Unsplash

Il 17 marzo il ministero degli Esteri ha incluso il Paese nella lista aggiornata di quelli considerati come sicuri dalle autorità italiane, insieme a Costa d’Avorio e Gambia. Le tutele per i richiedenti asilo di quelle nazionalità vengono abbattute. “È una decisione sconcertante”, denuncia l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione

Dal 17 marzo di quest’anno l’Italia considera la Nigeria, il Gambia e la Costa d’Avorio (oltre alla Georgia) “Paesi di origine sicura” per i richiedenti asilo che da lì provengono. Si tratta di una novità passata in “sordina” che non è un semplice cavillo giuridico ma avrà conseguenze concrete sul tentativo di centinaia di persone di ottenere protezione e restare sul territorio italiano. “Si parte dal ‘pregiudizio’ che nel Paese da cui provieni c’è sicurezza: sei tu, persona che chiede protezione, a dover dimostrare che non è così. Si inverte l’onere della prova con procedure molto più veloci che rischiano di diventare sommarie”, spiega Thomas Santangelo, operatore legale dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).

Non si conoscono ancora le motivazioni su cui si basa la decisione del governo e che deriva da un decreto firmato dal ministro degli Esteri di concerto con quelli dell’Interno e della Giustizia che aggiorna appunto la “lista” dei Paesi sicuri, aggiungendo ad Albania, Algeria, Bosnia ed Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia e Tunisia, come detto, i tre Paesi dell’Africa subsahariana e la Georgia. Mentre è stata tolta, in relazione al conflitto in corso, l’Ucraina. “La decisione di inserire la Nigeria è di una sfrontatezza difficile da commentare -continua Santangelo-. Siamo in attesa di leggere le motivazioni che sono alla base di questa decisione ma è sconcertante”. Per dare un “termine” di paragone: dei 22 Paesi europei solo Cipro (dati aggiornati al dicembre 2022), che è anche lo Stato con la lista più lunga, inserisce la Nigeria tra quelli “sicuri”. Anche il Gambia compare solo in tre liste mentre la Costa d’Avorio in nessuna.

La panoramica dell’Agenzia europea per l’asilo (Euaa) sulle liste di “Paesi di origine sicura” adottate dagli Stati membri dell’Ue: la Tunisia compare in nove liste. La Costa d’Avorio in nessuna

Le motivazioni alla base dell’inserimento di questi nuovi Paesi sono differenti. I dati aggiornati al 27 marzo 2023 sulle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco fotografano un aumento degli arrivi proprio di persone di origine ivoriana: 3.600 in tre mesi, sfiorando il totale dello scorso anno (3.807). Le violenze subite dalle persone di origine subsahariana hanno inciso sull’aumento delle partenze dalle coste tunisine e la comunità ivoriana è molto numerosa nel Paese. Diverso invece il discorso per il Gambia (con appena 680 persone arrivate in tre mesi) e la Nigeria che, dopo essere stata per diversi anni tra le prime nazionalità, a marzo non è nemmeno tra le prime dieci.

Dopo il repentino aumento delle richieste di cittadini di origine nigeriana tra il 2015 e il 2017 (in totale quasi 70mila) negli ultimi tre anni sono state poco meno di 4mila. “E la situazione in Nigeria continua a essere critica”, sottolinea Santangelo. Ancora alla fine del 2022 Human rights watch dava conto rispetto alla situazione nel Paese del 2021 che “il numero di cittadini che soffrono la fame è più che raddoppiato durante la pandemia” e solo una parte di coloro che necessitano di sostegno lo ha ricevuto un sostegno a causa “dell’assenza di un solido sistema di protezione sociale che riconosca e tuteli il diritto delle persone a un tenore di vita adeguato”. A questo si aggiungono violenze diffuse in diverse zone: a Nord-Ovest gruppi armati hanno effettuato “uccisioni, rapimenti e saccheggi su vasta scala”; nel Nord-Est, invece, le violenze di “islamisti armati” nello Stato di Borno che hanno spinto le Nazioni Unite, che hanno causato massicci sfollamenti: nel Sud invece le tensioni tra il popolo indigeno del Biafra (Ipob) che hanno evidenziato l’aggravarsi delle divisioni nel Paese. Questo quadro è aggravato dalle recenti elezioni che hanno visto vincitore Bola Tinubu su Peter Obi, del Partito laburista, tra le proteste dei cittadini che hanno contestato la legittimità delle elezioni. In questo quadro, inoltre, l’Italia è ancora interessata dal fenomeno della tratta di esseri umani di donne e uomini di origine nigeriana destinati allo sfruttamento sotto varie forme, da quello sessuale alle attività illecite: il rischio di re-trafficking in caso di rimpatrio resta molto alto. Fattori completamente ignorati dall’esecutivo di Giorgia Meloni.

L’inserimento tra i Paesi di origine sicura ha come effetto principale un’accelerazione rispetto all’esame della richiesta di protezione, che viene trattata entro sette giorni e valutata entro due. Per le persone vulnerabili (tra cui le vittime di tratta) può essere esclusa l’applicazione della procedura accelerata ma in generale questo è un problema. “Spesso le persone non ricevono un’adeguata informativa legale in così poco tempo e arrivano impreparati all’appuntamento in Commissione territoriale (l’organo che esprime il primo parere sulle richieste d’asilo, ndr) -ricorda Santangelo-. E poi, soprattutto, queste procedure accelerate incidono sul ricorso in caso di parere negativo: se una persona riceve un diniego ha solo 15 giorni per presentarlo e la sospensione dell’espulsione non è automatica”. Sulla carta, quindi, la persona è già espellibile dal territorio italiano fatta salva la possibilità che sia il giudice a decidere diversamente.

Infine, il tema dell’onere della prova, come accennato in precedenza, resta l’elemento più critico: “Nelle richieste d’asilo ordinarie la Commissione ‘collabora’ per verificare il racconto della persona utilizzando diverse fonti e rapporti, in questi casi invece è tutto a carico della persona intervistata che deve essere molto più precisa e ‘solida’ nel racconto”. E poi, spesso, alla procedura accelerata si aggiunge la “manifesta infondatezza”: si presume quindi che la richiesta della persona, per il solo fatto che proviene da quel Paese, sia pretestuosa.

Una dinamica già sperimentata per la Tunisia, come abbiamo più volte raccontato su Altreconomia, che continua a essere presente nella lista. Il “bollino” di Paese di origine sicura è un tassello chiave per mettere a regime un sistema che, con l’obiettivo di tenere lontane le persone dal territorio europeo, prima tenta di intercettarle e respingerle in mare, poi, se non riesce a farlo, lavora per rendere l’espulsione più rapida. Nonostante il peggioramento delle condizioni delle persone straniere residenti sul territorio tunisino, l’Italia tira dritto. La direzione, chiara, non è quella della tutela delle persone.

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