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Opinioni

La mentalità liberista soffoca la cultura

È tempo di passare al "solidarismo", l’ordine di convivenza in cui persone e istituzioni fanno in modo che nessuno sia oppresso. E sono quattro i soggetti e luoghi sociali protagonisti della svolta: le comunità civili sui territori, una rete di scuole attive per promuovere un’economia responsabile, intellettuali impegnati nella stesa direzione e la rete dei movimenti per l’altreconomia. Il commento di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 166 — Dicembre 2014

Tagliare le radici dell’obbedienza ai Mercati nella coscienza delle persone. Questa è l’opera indispensabile per liberare la strada verso un’economia benigna e una società decente. Le forze emotive, percettive e motivazionali -cioè le forze culturali in ognuno di noi- sono decisive per attivare comportamenti diversi. Finché ci si adatta alla mentalità liberista, la cultura resta soffocata e lo spazio politico è occupato da partiti che sono la naturale espressione di tale mentalità, o che lo diventano, come organismi geneticamente modificati. Di quest’ultimo caso il Partito democratico di Renzi sta offrendo un esempio da manuale. La psicologia sociale (da Kurt Lewin a Erich Fromm, da Leon Festinger a Christoph Dejours) ci ricorda che va spezzato il condizionamento del potere dominante sulla mentalità di tutti. Ma non c’è modo di passare dal sonno collettivo a un risveglio altrettanto generalizzato. Si tratta, più concretamente, di sprigionare l’azione culturale di minoranze attrattive, capaci di suscitare il consenso di tanti offrendo motivi convincenti per cambiare atteggiamento.

L’importante è che queste minoranze siano coscienti di tale ruolo, lo interpretino con umiltà e sapienza contadina, e non come “avanguardie” giacobine. Esse devono agire nei luoghi che sono le fonti di rigenerazione della cultura popolare. Ed è opportuno che, anziché compattarsi in un partito o in un singolo movimento, costruiscano la convergenza delle idee e degli stili di vita propizi alla svolta oggi necessaria, operando nel corpo stesso della società. Sintetizzando in una formula il senso della svolta, direi che è tempo di passare dal liberismo al solidarismo. Il liberismo è il sistema in cui umanità e natura subiscono la prepotenza del capitale. Il solidarismo invece è l’ordine di convivenza in cui persone e istituzioni fanno in modo che nessuno sia oppresso. Quali sono i soggetti e i luoghi sociali protagonisti di questa svolta?

Primo: le comunità civili sui territori. È il tessuto fatto di famiglie, scuole, enti locali, aziende responsabili, associazioni, tutti accomunati dall’impegno a trasformare una determinata città o regione in una comunità disposta a subordinare, nelle proprie scelte quotidiane, i criteri del capitalismo al criterio dei diritti umani.

Secondo: una rete di scuole e di università che si coordinano su scala nazionale per promuovere, nella normale didattica e nell’elaborazione di un nuovo pensiero, l’educazione alla democrazia e all’economia responsabile.

Terzo: un vasto gruppo di intellettuali associati e coordinati, tra i quali gli operatori dell’informazione, che lavorano per rendere familiare la visione solidarista della società.

Quarto: la rete dei movimenti che lottano per la democratizzazione dell’economia, per l’armonia con la natura, per la giustizia e la pace. A essi si devono affiancare sia gli organismi religiosi pronti ad agire in questa direzione (ad esempio i cattolici che desiderano tradurre in azione le indicazioni profetiche di papa Francesco), sia i partiti e i sindacati decisi a costruire una società alternativa. Partiti e sindacati, per quanto essenziali, li cito per ultimi perché essi non sapranno rigenerarsi se non alimentandosi dell’apporto delle altre soggettività. Un forte partito per la trasformazione del sistema e per la giustizia sociale, che ora in Italia non esiste, nascerà grazie a tale fermento.

È urgente che queste forme di soggettività approfondiscano la coscienza del loro ruolo attrattivo e canalizzino le energie per spostare in avanti la frontiera della vita solidale, riducendo sempre più gli spazi mentali e sociali colonizzati dal liberismo. L’abitudine di limitarsi alla diagnosi (di solito desolante) della situazione attuale non dà frutti: di sola analisi si muore. Bisogna arrivare ad agire, generando pensiero trasformativo e forme di vita democratiche. A questo scopo, in ognuno dei soggetti evidenziati, servono leaders di servizio, ossia guide che mostrino la direzione del cammino, infondano fiducia e siano un riferimento propulsivo per molti. Ciascuno di noi può contribuire in modo efficace alla nascita di una società decente, purché usciamo dalla rassegnazione e dall’isolamento. In particolare bisogna guarire dal settarismo narcisista tipico dei partiti della sinistra superstite, dall’assistenzialismo politicamente inerte diffuso nel mondo cattolico, dall’autoreferenzialità del “piccolo è bello” che a volte si trova anche nei gruppi dell’altreconomia. Il tempo è maturo per rialzare lo sguardo e mettersi insieme in viaggio verso un’altra società. —
 

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