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Opinioni

La cura della casa comune

Il rapporto tra l’umanità e la natura è al centro dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, un contributo "di chiarezza e di passione" scrive Roberto Mancini. Di fronte a un pianeta al collasso oppresso da un sistema di “inequità", il pontefice individua le cause di questa situazione nella folle brama di guadagno dei poteri finanziari e nell’avidità di quanti si pongono come creditori nei confronti dei poveri

Tratto da Altreconomia 175 — Ottobre 2015

In una società lacerata come la nostra, dove sono le religioni? Rispetto al compito di promuovere il bene comune di umanità e natura, per lo più stanno facendo poco, spesso addirittura fanno male. Una forte eccezione a questa ambiguità è costituita dalla parola e dall’azione di papa Francesco. In particolare la sua enciclica Laudato si’ offre un grande, inedito contributo di chiarezza e di passione. Sin dal sottotitolo, che suona Sulla cura della casa comune, viene chiarito il senso del termine “economia”. Infatti esso indica che l’oikos-nomos -cioè la legge di buona amministrazione della casa comune- non è l’economia del capitale, dello sfruttamento della natura e della crescita distruttiva, ma è l’economia come cura della casa comune e dei suoi abitanti.

L’enciclica è preziosa in primo luogo per la sintesi che offre per riuscire ad avere una lettura del presente. Molti sono confusi, disinformati, sviati, non si orientano. Invece Francesco riassume lucidamente la situazione in cui siamo: un pianeta al collasso oppresso da un sistema di “inequità”. Non c’è alcuna reticenza nell’indicare le responsabilità di una simile distretta: la folle brama di guadagno dei poteri finanziari, l’avidità di quanti si pongono come creditori nei confronti dei poveri, i fautori della credulità per una concezione magica del mercato, la cattiva politica e la sua acquiescenza verso la finanza, lo strapotere della tecnologia fine a se stessa. Il papa ricorda la radice umana della crisi ecologica, mostrando che un’umanità ignara o dimentica della propria dignità sbaglia atteggiamento di vita e diventa distruttiva.
In secondo luogo l’enciclica evidenzia saggiamente e concretamente le direzioni verso le quali è necessario convergere nell’azione collettiva per uscire da questa trappola globale. Qui si sente quanto dinanzi al realismo evangelico impallidisca qualsiasi altra forma di “realismo” rivendicato da chi difende il perverso disordine attuale come se fosse l’unico possibile ordine del mondo. La visione di fondo da svolgere è quella di un’ecologia integrale, per cui la sapienza della cura deve investire sia la natura che la cultura, sia la società odierna che la possibilità di vita buona delle generazioni future. In special modo il mondo naturale è finalmente considerato come un valore da tutelare e con cui entrare in sintonia, abbandonando ogni forma di irresponsabilità.

Mentre nella classica modalità ideologica di concepire il cambiamento prima si disegna un progetto di società e poi si fa qualsiasi cosa per realizzarlo, considerando chiunque dissenta come un ostacolo da eliminare, il papa fa valere il principio del dialogo rispetto a ogni direzione di azione trasformativa. E così egli richiama i governi e i popoli al dialogo globale per una nuova politica ambientale, un dialogo che deve rigenerare le politiche nazionali e locali. Si prospetta così una via di democratizzazione in ogni ambito della vita pubblica.
Il papa spezza il cerchio asfittico della mentalità oggi dominante, che sa concepire un cambiamento positivo solo in termini di “riforme” (aggiustamenti sacrificali che colpiscono le persone e rafforzano il sistema dominante) o di “innovazione” (i miglioramenti tecnologici e l’affinamento delle strategie di conquista dei mercati). Egli invece mostra che cosa sia la conversione del cuore, dello sguardo e della forma di vita per una società intera. Così facendo le offre un impulso per ritrovare la vista e rimettersi in cammino. Vale la pena di riprendere il n. 205 del testo, uno dei passaggi più forti dell’enciclica: “eppure non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di guardare a se stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto e di intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la capacità di reagire, che Dio continua a incoraggiare dal profondo dei nostri cuori. A ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle”. È il passaggio della restituzione del coraggio di trasformare l’economia, la società e gli stili di vita: queste parole ci restituiscono alla nostra dignità. Perciò la Laudato si’ ha un forte effetto per il risveglio delle coscienze. E dove una coscienza è desta, lì si sprigiona l’azione per riparare le ferite inferte alla natura e alla società. —
 
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