Ambiente / Opinioni
La crisi climatica non si è fermata con il Coronavirus
Non c’è da sperare nelle riduzioni delle emissioni raggiunte durante l’emergenza sanitaria. Occorre una transizione di sistema. Ora. La rubrica a cura di Stefano Caserini, Climalteranti.it
Le nostre vite sono state sconvolte dalla pandemia Covid-19, che ha mostrato in modo lampante quanto può essere dannoso e costoso farsi trovare impreparati ad affrontare rischi che hanno una bassa probabilità di accadimento, ma grandi conseguenze. Oltre alla cronaca dell’emergenza quotidiana, con la scansione di positivi, morti e guariti, molti hanno iniziato a ragionare su come questo disastro sanitario influirà sulle azioni per contrastare il cambiamento climatico; su come le restrizioni alla vita di miliardi di persone, e la grave crisi economica che si prefigura all’orizzonte, influenzerà la spinta verso la decarbonizzazione di cui abbiamo parlato nelle rubriche dei mesi scorsi, o quel negoziato sul clima che aveva nel 2020 un anno cruciale.
Sono arrivate le notizie del rinvio a ottobre della sessione intermedia del negoziato che di solito si svolge a giugno a Bonn, nella sede della Convenzione UNFCCC. La COP26 di Glasgow è stata spostata al 2021, data da decidere. Far arrivare a novembre decine di migliaia di persone da tutto il mondo in un grande luogo chiuso è ormai improponibile. E un negoziato così complesso come quello sul clima, in cui contano anche i passaggi informali delle riunioni improvvisate nei corridoi, non può certo svolgersi in via telematica. D’altra parte, il rinvio al 2021 potrà permettere di aspettare l’esito delle elezioni negli Stati Uniti, quell’uscita di sala di Donald Trump tanto auspicata e che potrebbe rilanciare il negoziato. Non c’è da sperare che la riduzione delle emissioni per il blocco di molte attività sia molto utile alla lotta contro il riscaldamento globale. Il blocco riguarda solo una parte delle emissioni di gas serra (una buona parte di quelle da traffico e una parte minore di quelle dalle attività industriali), mentre per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi serve una transizione di sistema che porti a quasi zero in tre decenni tutte le emissioni.
2021: la conferenza Onu sui cambiamenti climatici prevista a Glasgow nel 2020 è stata rinviata di un anno, data da decidere. Il rinvio potrà permettere di aspettare l’esito delle elezioni negli Stati Uniti
Il punto oggi è se il cataclisma Coronavirus sarà un’occasione per mettere in discussione il nostro modello di sviluppo e reindirizzare il nostro sistema economico. Se l’occasione dello stop decretato dal Covid-19 permetterà di ripartire in modo diverso con altri obiettivi. Se ne inizia a parlare, ma è un discorso per addetti ai lavori che fatica ad emergere da un contesto di paura e paranoia collettiva. E c’è anche chi, come i parlamentari di Fratelli d’Italia, chiedono all’opposto di ridimensionare l’European Green Deal e gli obiettivi sul clima europei. Se c’è qualche speranza che a livello di Commissione europea e Parlamento europeo si possa tenere la barra dritta in questo momento, a livello nazionale o regionale sarà molto più difficile. Ci sarà modo in futuro di valutare i motivi strutturali (le politiche sulla sanità degli ultimi 30 anni) e i gravi errori commessi nell’affrontare l’emergenza sanitaria.
Le misure sbagliate, contraddittorie o anche palesemente idiote (come l’obbligo di portare la mascherina anche quando non c’è nessuno nei paraggi) hanno mostrato la fragilità di una classe dirigente non abituata a gestire i rischi, a prevenirli sulla base di criteri di razionalità, di analisi costi-benefici che considerino le incertezze in gioco. Fortunatamente il virus fra un po’ di mesi uscirà dalle nostre vite. Ci lascerà alle catastrofi meno cataclismatiche. Come sa chi segue questa rubrica, le variazioni climatiche arrivano da almeno un secolo di utilizzo sconsiderato dei combustibili fossili e hanno tempi di recupero che si misurano in secoli e millenni. Possiamo ignorarle per qualche mese, travolti dalla pandemia, ma questo non ci aiuterà.
Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2019)
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