Ambiente / Approfondimento
La Corte europea dei diritti dell’uomo boccia l’Italia sulla riforma del Corpo forestale
Per la Cedu l’assorbimento della Forestale nei carabinieri avrebbe violato il diritto fondamentale alla libera associazione. Gli agenti, ormai militarizzati, non hanno più goduto del diritto di sciopero. La parola ora passa al Governo
La soppressione del Corpo forestale dello Stato -a opera del decreto legislativo n.177 del 2016 in esecuzione della legge Madia (legge 124/2015) che ne ha previsto l’assorbimento nell’Arma dei carabinieri- avrebbe privato gli appartenenti al Corpo del diritto di sciopero e indebolito quello della libera associazione. È quanto sostiene la Corte europea per i diritti dell’uomo, ipotizzando una violazione dell’articolo 11 della Convenzione europea che tutela il diritto di libera riunione e associazione.
La Corte si è espressa lo scorso giugno dopo il ricorso presentato nel 2017 da due agenti del Corpo forestale secondo cui il passaggio forzato da polizia speciale con ordinamento civile, specializzata nella tutela dell’ambiente, a corpo militare li aveva penalizzati perché aveva comportato la perdita dei diritti sindacali. Infatti secondo la legge 121 del 1981 e la legge 382 del 1978, le forze armate, inclusi i carabinieri, non possono esercitare il diritto di sciopero, costituire associazioni professionali a carattere sindacale e aderire ad altre associazioni sindacali. Inoltre, accanto alla forzata militarizzazione, la legge Madia era stata criticata sottolineando che l’accorpamento della Forestale nell’Arma avrebbe indebolito un corpo di polizia altamente specializzato nella prevenzione di reati ambientali, dal settore agro-alimentare fino allo sversamento illegale dei rifiuti, su tutto il territorio nazionale.
“Con il trasferimento nell’Arma dei carabinieri, il diritto di sciopero, di cui si godeva in precedenza, non poteva più essere esercitato. Da qui la decisione di rivolgersi alla Cedu, ipotizzando una violazione dell’articolo 11 della Convenzione europea sulla libertà di riunione e associazione”, spiega ad Altreconomia l’avvocato Ascanio Amenduni che ha portato il caso di due ex appartenenti al Corpo forestale all’attenzione dei giudici europei.
Ad aprile 2019 con la sentenza n. 170, la Corte costituzionale italiana aveva dichiarato legittimo l’assorbimento del Corpo forestale nell’Arma dei carabinieri: con una sentenza aveva stabilito che le questioni di costituzionalità sollevate da alcuni tribunali amministrativi regionali -quelli di Molise, Marche e Abruzzo- non erano fondate. Le questioni avevano messo in discussione principalmente la militarizzazione forzata derivata dal passaggio all’Arma. Secondo la Consulta, nella legge non c’era alcun vizio di costituzionalità.
Ora la Cedu ha individuato una ipotesi di violazione, vale a dire lo spoglio di alcuni diritti fondamentali garantiti dall’articolo 11 della Convenzione europea, “direttamente a opera del legislatore italiano ai danni dei forestali. E se lo spolio del diritto di libera associazione è stato ridimensionato, quello dello sciopero permane. La decisione della Corte potrebbe provocare i presupposti per una controriforma riparatoria”, prosegue Amenduni. La Cedu ha chiesto al governo italiano di “offrire una soluzione conciliativa con i ricorrenti entro il prossimo novembre”, aggiunge. E nel caso in cui non si raggiunga un accordo, il governo dovrà “rispondere a una serie di quesiti riguardanti proprio il diritto di sciopero e libera associazione. In particolare, dovrà chiarire perché l’agente della Forestale trasformato in un carabiniere si può associare in un solo sindacato, che non ha il potere di sedersi al tavolo della contrattazione economica. Un sindacato ‘minore’ rispetto a quello di cui faceva parte quando non era ancora un carabiniere”.
Ora l’obiettivo è che lo Stato arrivi a modificare la riforma, prevedendo il diritto di sciopero e una piena libertà di associazione sindacale. “Poiché difficilmente lo Stato accetterà di farlo nei confronti dei due contraenti, si proseguirà fino alla sentenza della Cedu”, sottolinea Amenduni. “Se ci sarà una dichiarazione di inconvenzionalità della normativa italiana, nella parte in cui priva del diritto di sciopero chi prima ne godeva, l’Italia si dovrà adeguare. Non basterà più una soluzione conciliativa ma si dovrà procedere a un intervento legislativo”.
Ma le conseguenze dell’assorbimento del Corpo dei forestali non sono solo riconducibili alla perdita del diritto di sciopero. Secondo il comitato “Foresta Foresta“, promotore della campagna #Salviamolaforestale, la disgregazione del Corpo ha avuto come diretta conseguenza anche la perdita di organicità nella tutela dell’ambiente. Che, affidata all’Arma dei carabinieri, sarebbe “diventata esclusivamente repressiva senza alcuna opera di prevenzione del reato”, scrive il comitato in una nota. Il ruolo della ex forza di polizia ambientale, dipendente dal ministero dell’Agricoltura, era quello di tutelare e valorizzare il patrimonio ambientale, garantire la sicurezza agroalimentare e assicurare il rispetto della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione. Funzioni per cui erano state maturate competenze specifiche e di alto livello. Nel rapporto di Legambiente “Ecomafie 2015”, pubblicato prima della riforma, si evidenziava come il 48% di tutti gli ecoreati commessi nel 2014, dal bracconaggio fino alla scoperta di discariche illegali, erano stati individuati dal Corpo forestale dello Stato. Che, nel periodo 2010-2015, aveva anche scoperto un migliaio di reati legati al settore agro-alimentare.
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