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Opinioni

La contrarietà è un’opportunità

La sterilità delle "larghe intese" impone -a chi voglia costruire una società più sincera, giusta, solidale, democratica- di adottare il metodo il metodo del rifiutare e sostituire abitudini, logiche, comportamenti che offendono la dignità delle persone, in ogni ambito "civico". Siamo noi il Papa, la presidente della Camera o semplici cittadini

Tratto da Altreconomia 152 — Settembre 2013

Del buon uso delle contrarietà. È un’opportunità spesso impensata e obbligata, da cogliere subito. La mentalità più diffusa è ancora prigioniera di pregiudizi paralizzanti. Da parte sua la politica ufficiale, quella delle “larghe intese”, è caratterizzata dalla sterilità. Si noti che non mi riferisco alla patologia specifica del berlusconismo. Mi limito a registrare le desolanti abitudini della “normale” politica italiana.

Esemplare in questo senso è la vergognosa vicenda dell’acquisto dei cacciabombardieri F-35. Governo e politici ben inseriti nei luoghi del potere, che siano del Pdl o del Pd (tranne rare eccezioni), sono unanimi. Senza troppa immaginazione raccontano la solita storiella: gli F-35 sono armi necessarie alla sicurezza dell’Italia (mentre c’è “larga intesa” nel decidere di dimezzare la dotazione di aerei anti-incendio), servono a mantenere la nostra credibilità internazionale, danno occupazione e sono indispensabili per assicurarci un futuro di pace. Amen.

Una mentalità inadeguata alla vita democratica e una politica fuori dalla realtà rappresentano un ostacolo enorme per il cambiamento urgente che è necessario all’Italia e al mondo. Ma questa contrarietà non deve spingere chi lavora per un’altra forma di società –più sincera, giusta, solidale, democratica– a ripiegare nel ghetto del settarismo. L’errore peggiore è quello di trovare consolazione nel sentirsi superiori, nel limitarsi ad attività alternative di nicchia senza pensare di allargare l’orizzonte e di coordinarsi con altri. Illudersi di “prendere il potere” per cambiare tutto è sbagliato, ma è sbagliato anche compiacersi del proprio stare ai margini mentre si vede affondare la società. Invece possiamo imparare a fare i conti con le contrarietà e a volgerle in occasioni per trovare strade nuove. Proprio dove si è deboli o sconfitti, lì ci è data l’opportunità di costruire una risposta che sia feconda.

La contrarietà ti sfida: se la subisci e basta ti spinge alla disperazione. Ma se la affronti con sapienza, ironia e creatività, la sfida stessa indica un punto su cui puoi fare leva. Se il problema è il pregiudizio, tu devi introdurre un pensiero rivelativo. Se il problema è la chiusura del potere in se stesso, tu devi mostrare l’efficacia della cooperazione e del potere come servizio. Affrontare le contrarietà significa adottare il metodo del rifiutare e sostituire, tipico della giustizia generatrice di democrazia, che porta appunto a rifiutare e sostituire abitudini, logiche, comportamenti che offendono la dignità delle persone. Questo metodo va portato nel cuore delle istituzioni che influiscono sulla vita di tutti: nei partiti, nei sindacati, nel Parlamento, nel mercato, nelle imprese, nella Chiesa o nelle altre istituzioni religiose. Anzitutto nelle città.
“Sostituire” non equivale a inventarsi soluzioni improvvisate, significa piuttosto evidenziare criteri, logiche, modalità ed esperienze alternative, collegandole tra loro. Si obietterà: siamo pochi, ai margini, non contiamo: come fare? Ovunque siamo, si tratta di far valere questo metodo senza più esitare nel proporlo apertamente dentro istituzioni che risultano impermeabili e ostili. Resteremo in pochi finché non cercheremo quelle alleanze nuove e più ampie che il settarismo ci impediva di vedere. Occorre soprattutto serbare nel cuore la fiducia che la tenacia di questo agire aperto porterà frutto. L’esempio di papa Francesco non dice forse che, anche lì dove il contesto istituzionale e la tradizione prevalsa sono tali da rifiutare l’idea stessa del cambiamento, il metodo della passione per giustizia fraterna e della speranza condivisa sa essere efficace? Non basta essere grati al papa, occorre imparare la sua lezione nel volgere le contrarietà in una direzione positiva e liberante. Propongo un altro esempio, tenendo naturalmente conto del fatto che si tratta di un percorso di vita e di un contesto diversi: la presidente della Camera Laura Boldrini, per il modo in cui esercita il proprio mandato, non sta a sua volta facendo valere lo stesso metodo che porta a rifiutare l’iniquità e a sostituirla con criteri di civiltà e di giustizia? Ciò che persone come queste stanno realizzando ai vertici della Chiesa cattolica o delle istituzioni della Repubblica, noi possiamo farlo crescere nelle città e sui territori che accolgono la vita comune. L’efficacia non è in funzione di quanto in alto siamo collocati, ma dipende da quanto il nostro cuore è aperto, da quanto la coscienza è sveglia, da come l’azione saprà essere creativa. —

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