In sordina si conclude il Forum sociale europeo
La quinta edizione dell’European Social Forum ha appena chiuso i battenti dopo cinque giorni di seminari e manifestazioni in quel di Malmo, estremo lembo meridionale della Svezia. In Italia, ma anche nel Paese scandinavo, ben pochi se ne sono accorti, ben pochi sapevano addirittura che l’ESF avrebbe fatto tappa nel Nord Europa.
Eppure a leggere il programma dell’evento nulla lo differenziava troppo dalla prima edizione del forum tenutasi a Firenze nel 2002: dieci aree tematiche (si spaziava dai diritti dei migranti alla sostenibilità ambientale passando), 200 seminari e oltre 400 iniziative culturali di ogni genere.
Ma forse proprio la grande forza delle prime puntate dell’ESF, la ricchezza e l’eterogeneità dei temi trattati, si sta rivelando un limite per la crescita e lo sviluppo del Forum sociale europeo. È indubbio che il cahier de doleances globale è e rimane infarcito di problemi e questioni scottanti, ma un’evoluzione dello schema attuale dell’incontro della società civile europea è auspicabile – e da qualcuno già auspicato.
Nel caso del meeting di Malmo l’estrema rarefazione dei seminari in vari edifici sparsi in tre quartieri a ridosso del centro e le enormi perdite di tempo dovute ai problemi tecnici per garantire le traduzioni dei discorsi non hanno certo aiutato a fugare le perplessità sull’evento in sé.
Sarà pur vero che in Svezia i conflitti sociali non sono così pronunciati come in altri luoghi del pianeta, ma se anche la città con la più forte tradizione di lotte proletarie del Paese si è mostrata così indifferente al Forum qualcosa non quadra.
Eppure l’amministrazione locale, impegnatissima a dare di Malmo l’immagine di capitale del commercio equo e solidale della Scandinavia, aveva investito denaro e tempo per dare risalto all’ESF. L’unico sussulto si è avuto con le oltre 20mila presenze alla colorata manifestazione del sabato, ma per la partecipazione ai seminari non siamo andati al di là delle 5-6 mila persone al giorno. Conforta però sapere che tanti delegati provenissero dall’Est Europa e dalla Turchia e fossero molto vogliosi di condividere le loro esperienze e creare nuove alleanze con il resto del panorama della società civile continentale.
Nei giorni del definitivo scoppio della crisi finanziaria sui mercati mondiali, tra i seminari più seguiti – e forse anche tra i più interessanti – ci sono stati proprio quelli sul tema della finanza globale. Bastava ascoltare solo alcune delle cifre snocciolate con precisione e dovizia di particolari dai relatori per comprendere l’iniquità del sistema. Tanto per fare un esempio, gli esponenti del Tax Justice Network ci hanno raccontato che nei paradisi fiscali di tutto il pianeta si calcola siano nascosti 11,5 milioni di miliardi di dollari – se venissero tassati frutterebbero 255 miliardi l’anno, quanti ne bastano per agevolare lo sviluppo del Sud povero e cinque volte la cifra prevista per raggiungere gli Sviluppi del Millennio delle Nazioni Unite.
Prossima fermata del “movimento dei movimenti”, Belem, in Brasile, per il World Social Forum. Un appuntamento di importanza e rilievo ben superiore rispetto a quello di Malmo, in attesa di capire quale sarà il futuro – e un’eventuale nuova struttura – dell’European Social Forum.