Ambiente
In soccorso al cemento
Il governo Monti ha trasformato i rifiuti speciali in combustibile: a smaltirli saranno i cementifici. Il Wwf protesta in Ue —
Un rifiuto resta un rifiuto, a meno che non venga riciclato o riutilizzato. E non può che essere un rifiuto quando viene avviato al recupero energetico, cioè bruciato.
Accade ovunque ma non Italia, e per questo il Wwf ha inviato -a metà maggio, ma siamo i primi a scriverne- un reclamo alla Commissione europea, chiedendo di verificare la legittimità o meno del regolamento con cui il ministero dell’Ambiente ha stabilito che “determinate tipologie di combustibili solidi secondari”, conosciuti in sigla come Css, non sono più “rifiuto”.
C’è da dire che fino a pochi anni fa il Css era conosciuto come Cdr, combustibile da rifiuto, e la sua composizione non è cambiata. Con un’operazione di maquillage semantico, si è solo “allontanata” la parola brutta e cattiva: rifiuto. L’ultimo atto, pomposamente definito “End of Waste”, ha completato l’opera: un governo in scadenza, con un atto di metà febbraio divenuto efficace a fine marzo 2013, oltre un mese dopo le elezioni, ha trasformato un rifiuto speciale -perché tale era considerato il Css- in un combustibile, indicando anche quali tipologie d’impianti avrebbero potuto utilizzarlo: cementifici e centrali termoelettriche.
Lo ha fatto nonostante la mobilitazione di associazioni e comitati di tutta Italia, senza contare che un altro testo di legge, avente la stesa finalità, fosse stato “bocciato” con un parere negativo dalla commissione Ambiente della Camera dei deputati. “End of Waste” è una medaglia al petto per Corrado Clini, ministro dell’Ambiente nel governo guidato da Mario Monti e in precedenza direttore generale dello stesso ministero: lo aveva promesso ai cementieri nell’aprile 2012, e prima di lasciare (tornando Dg del ministero) ha portato a casa il risultato.
Lo ha fatto, secondo il Wwf, forzando la normativa: non esisterebbe, spiega il reclamo, “un mercato o una domanda per il Css-combustibile, in quanto non esisteva prima del regolamento stesso”. Inoltre, “il recupero energetico si completa con la trasformazione in energia”, quindi non si può pensare che la semplice preparazione del combustibile solido secondario trasformi il rifiuto in combustibile, adatto a sostituire quelli comunemente usati nei forni dei cementifici, dal carbone al pet coke.
È Aitec, l’Associazione italiana tecnico economica del cemento, a definire “sostituzione energetica” la prassi di bruciare i rifiuti nei forni dei cementifici. Già nel 2012, prima del regolamento, erano arrivati a fornire il 10,6% della capacità calorifica totale, per oltre 305.385 tonnellate di rifiuti smaltite, tra Cdr, plastiche, pneumatici, fanghi, oli, solventi non clorurati. Sono combustibili di lusso per i cementifici, che una volta ottenuta l’autorizzazione a smaltirli vengono pagati per farlo, a differenza dei combustibili tradizionali, che costano (il pet coke, ad esempio, è importato al costo di 81 euro la tonnellata). Sfogliando il bilancio 2012 di Italcementi, primo operatore italiano del settore, si legge che l’approvvigionamento di combustibili “costa” 405 milioni di euro su un fatturato di 4,48 miliardi (erano 503 milioni su 4,65 miliardi nel 2011). La magia dell’“End of Waste”, allora, è quella di sostenere i bilanci pericolanti dell’industria cementiera, che affronta una crisi ormai strutturale: nel 2007, in Italia si erano arrivati a produrre ben 47,8 milioni di tonnellate di cemento; nel 2012, si è scesi a 26,2. Che significa meno 45 per cento. Un abisso incolmabile, se è vero che i Pesenti, proprietari di Italcementi, durante l’assemblea di metà aprile 2013 -chiamata ad approvare il bilancio 2012- hanno informato gli azionisti che nei prossimi tre anni l’azienda chiuderà 9 dei 17 stabilimenti sul territorio nazionale.
“End of Waste” è l’ultimo colpo di coda di chi non si arrende alla legge del mercato. Lo dimostrano, da Fanna (Pordenone) a Matera, le vertenze che si sono aperte dopo l’approvazione del regolamento, ovunque ci siano cementifici che vogliono utilizzare il combustibile solido secondario (Css). Le abbiamo raccolte in una mappa (in allegato), perché raccontano il Paese che non ne può più del cemento. —