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Il tabù del Venezuela – Ae 36

Numero 36, febbraio 2003Difficile capire che cosa stia succedendo nel Paese di Chavez: ma per la prima volta la popolazione può contare su un sistema sanitario universale. E le scuole hanno un milione di scolari in più In un anno…

Tratto da Altreconomia 36 — Febbraio 2003

Numero 36, febbraio 2003

Difficile capire che cosa stia succedendo nel Paese di Chavez: ma per la prima volta la popolazione può contare su un sistema sanitario universale. E le scuole hanno un milione di scolari in più

In un anno e mezzo ha erogato 17 mila crediti, creando 8 mila posti di lavoro diretti e 18 mila indiretti. Beneficiarie dei prestiti, micro finanziamenti di circa 600 euro ciascuno, le donne. “Il Venezuela è un Paese molto ricco, con un popolo molto povero. E la povertà in Venezuela ha il volto delle donne”, dice Nora Castañeda, presidentessa di Banmujer, il Banco de desarrollo de la Mujer, nato l'8 marzo 2001 nell'ambito della legge venezuelana sulla microfinanza. “È una banca pubblica -aggiunge- ed è una banca diversa: storicamente le banche nascono per accumulare capitale, questa nasce per liberare le donne, dando loro, con i finanziamenti, gli strumenti per farlo”.

L'esperienza del Banmujer è un punto di vista importante per raccontare cosa è accaduto in Venezuela negli ultimi tre anni e mezzo, da quando, nel 1998, Hugo Chavez è stato eletto presidente. Perché, con il 65 per cento degli abitanti in condizioni di povertà, il problema per il Venezuela è la redistribuzione delle ricchezze: di quelle che vengono dal petrolio, ma anche da oro, ferro, diamanti e bauxite, dal mare e dalla terra. E perché le donne, oltre a dare il loro volto alla povertà, sono state protagoniste del cambiamento.

“Negli anni Ottanta e Novanta il modello neoliberale unico ha prodotto i suoi danni in Venezuela, ci ha fatti più poveri, mentre i ricchi diventavano più ricchi -racconta Castañeda.- Da tre anni il modello economico è cambiato. La Costituzione è il nostro progetto di Paese: una società giusta e amante della pace, uno Stato di diritti e giustizia, una società multietnica e multiculturale che rispetti gli altri e le altre, le 23 diverse etnie indigene e i discendenti di quanti sono arrivati dall'Africa e dall'Europa, e costruisca un altro mondo possibile. Nella scrittura della Costituzione le donne hanno giocato un ruolo preponderante e in essa si afferma la necessità che vi sia equità fra i generi, perché la democrazia si costruisce con le donne”.

Il richiamo alla nuova Costituzione del Venezuela è forte, si ripete nelle parole di questa donna di una sessantina d'anni, economista e attivista del movimento delle donne. Del resto per la maggioranza dei venezuelani è un'abitudine portare in tasca o nella borsetta un'edizione della Costituzione, un libricino blu da consultare e citare in ogni momento. Un testo che, dal primo all'ultimo articolo, è scritto con un linguaggio non sessista: si parla di cittadini e cittadine, di presidente e presidentessa, di uomini e donne.

“Eliminare il linguaggio sessista è fondamentale” sottolinea Castañeda. Che ricorda anche come la Costituzione sancisca i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. E riconosca il valore economico del lavoro non remunerato: “Il lavoro domestico delle donne crea valore economico; quindi la società ha il dovere di assicurare la sicurezza sociale delle donne. Ora stiamo discutendo di come finanziare, in pratica, la previdenza di donne che lavorano per tutta la vita senza mai ricevere niente in cambio”.

Banmujer rientra, a pieno titolo, nella politica venezuelana di questi ultimi anni, tesa a favorire le classi povere. Per la prima volta nella sua storia, il Venezuela ha un sistema sanitario universale. Migliaia di scuole “bolivariane”, sono state aperte in tutto il Paese, e offrono agli studenti, oltre all'istruzione, tre pasti al giorno: il numero degli iscritti è aumentato di un milione. Sono stati costruiti alloggi pubblici, strade e collegamenti ferroviari. La riforma agraria ha imposto la messa in produzione di terreni incolti: se i proprietari rifiutano di coltivarli, vengono distribuiti ai contadini senza terra. La legge sulla pesca ha riservato alla pesca artigianale l'attività sotto costa. Quella sugli idrocarburi, partendo dal principio che il petrolio venezuelano è una risorsa del popolo, ha quasi raddoppiato (dal 16 al 30 per cento) le royalties sull'estrazione di petrolio. Ed è facile intuire che proprio queste ultime tre leggi abbiano scatenato l'opposizione.

“Tutto quello che abbiamo realizzato fin qui oggi è in pericolo perché, ponendo le basi per un modello alternativo di economia, società e sviluppo, tocca gli interessi di chi promuove il modello di globalizzazione neoliberale -afferma Castañeda.- Il paro, lo sciopero o serrata iniziato il 2 dicembre scorso è promosso dal padronato con alcuni settori, non solo nazionali ma anche internazionali, che cospirano contro il governo. Secondo gli esperti, dietro questo processo ci sono i grandi interessi energetici del mondo, e in particolare gli Stati Uniti, che vedono il Venezuela come un grande giacimento di petrolio, e come un bacino per la produzione idroelettrica e di acqua dolce. La nostra Costituzione e le più recenti leggi approvate, quelle sulla terra, sull'acqua e sugli idrocarburi, li preoccupano molto. Soprattutto non possiamo dimenticare che abbiamo il petrolio, e il petrolio è importante, in particolare in tempi di guerra. E questi sono tempi di guerra”.

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Molti però, anche fra i meno sospetti di simpatie neoliberiste, fanno fatica a sposare in pieno la causa del presidente Chavez, sicuramente detestato, peraltro, in buona parte dell'Occidente. Ex parà, ex golpista (fallì due tentativi, nel '92 e nel '93), è stato eletto presidente con una maggioranza schiacciante. E per ben sette volte, dal '98 a oggi, si è sottoposto a referendum che hanno ogni volta confermato l'appoggio dei venezuelani alla sua politica, alla Costituzione, alle leggi che sono state varate.

A chi critica il passato golpista di Chavez, Castañeda ricorda che i tentativi dei militari seguirono quella che fu chiamata la Década Pérdida para el Desarrollo, il Decennio perduto per lo sviluppo, gli anni Ottanta, e il Caracaso, la rivolta popolare del 1989. “In quel decennio ci furono molte manifestazioni di piazza del nostro popolo, represse con durezza, con assassinii, feriti, rapimenti, torture. La protesta fu criminalizzata. Nel 1989, nel Caracaso, più di 3 mila persone furono massacrate. E il governo dell'epoca ammise solo 300 vittime. La rivolta militare che tentò di porre fine a questa situazione e alla corruzione pubblica fu quindi ben accolta da una buona parte del popolo venezuelano, e soprattutto dai più poveri. Anche oggi non c'è dubbio che la grande maggioranza del popolo più semplice, che vive in condizioni di povertà o di estrema povertà, appoggi il presidente. Quello che si sta realizzando è un golpe mediatico, da parte di cinque televisioni commerciali molto forti, dietro le quali sta buona parte del potere economico del Paese”.

È difficile però non riconoscere che almeno una grande parte della classe media sia schierata contro Chavez. “Nelle classi medie vi sono coloro che pensano di avere molto da perdere quando si tratta di distribuire più equamente la ricchezza del Paese. Ma si sta anche sviluppando un movimento, che si fa chiamare Classe media in positivo, che sta al fianco, molto attivamente, del processo di cambiamento -risponde Castañeda-. Per quanto mi riguarda, ho dedicato tutta la vita, fin dall'adolescenza, a lottare per la costruzione di una società giusta, amante della pace e paritaria.

Perciò vedo questa fase come una opportunità per andare avanti in questa direzione. In termini di reddito, non sono fra coloro che hanno di meno: in quanto docente universitaria e presidentessa del Banmujer avrei dei privilegi da perdere. Ma ho la possibilità di contribuire alla costruzione di un'utopia”.

Una banca per liberare le donne
Il Banco de desarollo de la Mujer è uno dei progetti finanziati dal Fondo di sviluppo venezuelano della microfinanza. È una banca senza sportelli, in cui un ruolo fondamentale è svolto dalla rete delle promotoras, le promotrici, presenti in tutti gli Stati del Paese e soprattutto nei 149 comuni più poveri, con il compito di coordinare le attività, accogliere e valutare le richieste di finanziamento. Perché, anche se lo scopo di Banmujer è dare credito a chi normalmente non ne ha, le domande devono superare un esame attento: non si fa beneficenza, occorrono garanzie e un progetto di investimento. Oggi l'importo dei finanziamenti è stato portato a 850 mila bolivares, circa mille euro; chi li restituisce puntualmente, entro un anno, ha diritto a un ulteriore prestito, incrementato del 50%. I tassi di interesse sono del 6% per le attività agricole, del 12% per le altre attività, e sono ridotti a zero per i progetti di particolare importanza sociale. Oltre al contributo finanziario, Banmujer offre assistenza tecnica, aiuto nell'amministrazione e nella gestione delle microimprese e consigli.

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