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Il debito gioca le sue carte – Ae 90

Ecco come finanziarie e banche ci convincono a prendere soldi in prestitoper comprare -a caro prezzo- tv e cellulari. Anche quando non potremmo permettercelo Ho deciso, voglio il televisore. Quello bello, piatto e con i colori superbrillanti. Il mio conto…

Tratto da Altreconomia 90 — Gennaio 2008

Ecco come finanziarie e banche ci convincono a prendere soldi in prestitoper comprare -a caro prezzo- tv e cellulari. Anche quando non potremmo permettercelo


Ho deciso, voglio il televisore. Quello bello, piatto e con i colori superbrillanti. Il mio conto corrente, però, è terremotato: non ho manco un centesimo. Va bene, lo compro a rate. Prendo i soldi in prestito e li restituisco un po’ alla volta. Resta solo da capire da chi me li faccio prestare, questi soldi. Comincio a vagare per centri commerciali, per banche, finanziarie e su internet: è favoloso, il mondo del credito al consumo. “Hai bisogno di soldi? Nessun problema: basta una telefonata e potrai avere fino a 30 mila euro in 24 ore”; “Vuoi realizzare il tuo sogno? Contattaci e ti aiuteremo”; “Ti hanno protestato e le banche non ti fanno più credito? Noi ti diamo un’altra possibilità”. Una giungla fatta di slogan e tassi di interesse, contratti con clausole scritte piccole piccole e un ventaglio di possibilità tra le quali è davvero difficile orientarsi. Sono tante, infatti, le soluzioni proposte a chi, come me, desidera comprarsi qualcosa ma non ha i soldi per farlo.

Allora, ecco cosa posso fare. Innanzitutto posso chiedere un prestito personale, rivolgendomi a una banca o a una società finanziaria: avrò così a disposizione una somma da usare come voglio. Oppure posso domandare una concessione di credito finalizzato all’acquisto di uno specifico bene o servizio: in questo caso mi danno giusto il denaro necessario per comprare la lavatrice o il televisore, denaro che restituirò a rate a chi me lo ha prestato.



Per l’acquisto di piccoli elettrodomestici, telefoni cellulari, personal computer, viaggi, ma anche abbonamenti in palestra o corsi di lingua straniera, la maggior parte dei prestiti vengono erogati da intermediari specializzati: si restituiscono con pagamenti rateali. La formula in maggiore crescita negli ultimi anni è il credito cosiddetto revolving (rotativo), la cui erogazione è generalmente legata all’emissione di una carta di credito. Con le carte di credito revolving si concede al cliente un affidamento di denaro che verrà restituito a rate, con gli interessi: pagandole, il titolare della carta ricostituisce la somma da spendere a sua disposizione. Più spendo, più posso spendere, quindi. Un miracolo.

Le carte revolving sono sul mercato da pochi anni ma hanno conquistato i consumatori italiani. Nel 2005 c’è stato un vero e proprio boom, con tre milioni di utenti: secondo i dati dell’osservatorio sulle carte di credito realizzato da Assofin, Crif Decision Solutions e Gfk Eurisko la crescita è stata del 39%. Nel 2005 circolavano 12 milioni di carte revolving in Italia.



Perché le carte revolving sono riuscite a sedurre così tanto gli italiani?

In fondo, se andassi a procurarmi il denaro che mi serve presso una banca lo pagherei di meno. Basta guardare le tabelle redatte trimestralmente dalla Banca d’Italia che, basandosi sulla osservazione dei tassi rilevati sul mercato, determina i tassi massimi che le aziende erogatrici di finanziamenti non possono superare, pena le conseguenze previste per i reati d’usura.

Le tabelle in vigore fino al 31 dicembre 2007 mostrano che il tasso medio applicato dalle banche per un credito personale è del 10,31%; la stessa tipologia di affidamento eseguita da un intermediario non bancario (cioè una finanziaria) prevede un interesse del 12,53%, che sale al 16,71 per richieste

di importo inferiore ai 5 mila euro. Usando una tradizionale carta di credito pagherei un interesse di circa il 13%. Il credito revolving, sia esso supportato dall’emissione di una carta o meno, costa il 16,26% fino a 1.500 euro e il 16,99% fino a 5 mila euro. Perché, dunque, non rivolgersi alla banca? Perché andare a comprare il denaro da chi lo vende più caro degli altri?

Giro la domanda a Francesco Iorio, dello “Sportello antiusura” di Adiconsum (www.adiconsum.it): “La carta revolving azzera la burocrazia, la si ottiene facilmente ed evita di dover andare ogni mese in banca o alla posta per la restituzione della rata -dice-. Inoltre non serve un conto corrente di appoggio

e la somma non viene tolta tutta insieme, come nelle carte di credito tradizionali, ma in piccole rate”.

Ottenere una carta revolving è semplicissimo, basta entrare in un qualunque centro commerciale: le finanziarie, infatti, fanno accordi con grossi centri di distribuzione che propongono ai propri clienti la possibilità di acquistare dilazionando il pagamento.

Secondo i dati della Banca d’Italia, sono proprio gli esercizi commerciali il canale privilegiato attraverso il quale le società finanziarie erogano credito, oltre alle proprie filiali. Spesso, le finanziarie propongono promozioni per l’acquisto rateale a tasso zero: niente guadagni, solo il recupero delle spese, in cambio della possibilità di raggiungere centinaia di clienti attraverso le vetrine altrui. I commercianti, ovviamente, sono ricompensati con provvigioni, incentivi e premi di vario tipo: perché non dovrebbero proporre ai loro clienti il pagamento rateale se, così facendo, a fine anno se ne vanno in vacanza a spese della finanziaria?

Due sono le modalità principali che le finanziarie propongono per l’acquisto di beni di consumo: l’erogazione di una somma pari al prezzo dell’oggetto da acquistare, oppure il rilascio di una carta revolving. In entrambi i casi, il denaro verrà restituito a rate e l’interesse è lo stesso, circa il 17%. Sempre più spesso, però, i commessi dei clienti commerciali non fanno presente al cliente la possibilità del pagamento rateale e propongono subito la carta revolving. Perché? Semplicemente perché nel primo caso, una volta saldato il debito relativo all’oggetto acquistato, il rapporto tra il cliente e la finanziaria si chiude.

La carta revolving, invece, rimane in tasca e il titolare può continuare a usarla all’infinito, tanto più che consente di svolgere anche le operazioni previste dalle normali carte di credito come il prelievo agli sportelli bancomat sia in Italia che all’estero e la richiesta di anticipo di contanti, sotto forma di assegni e bonifici.  Ancora Francesco Iorio: “La carta revolving istiga al cattivo utilizzo. All’inizio viene usata per comprare beni, poi per pagare ulteriori finanziamenti: così si avvia la spirale del debito”.



Nonostante tutto, questa carta revolving, mi ha convinta: spendendo soldi, ne accumulo; pagando il televisore, rimetto sulla mia carta quel che mi serve per andare in vacanza, o per comprarmi il telefonino nuovo.

Più pago e più accumulo. Più pago e più potrò spendere. Più pago e più mi indebito. Invece di dieci rate dovrò restituirne venti, poi magari trenta, ma l’importo resta sempre lo stesso, piccolo piccolo, quasi non me ne accorgo. Si allunga solo il tempo di restituzione, il numero di mesi scanditi dall’estratto conto. All’infinito. Mi hanno fidelizzata.



Il carro dei creditori

Il mercato del credito al consumo è in costante espansione e vi agiscono  numerosi soggetti interessati a far profitto con i debiti sempre crescenti delle famiglie. Stando ai dati della Banca d’Italia relativi al 2006, le banche rimangono gli operatori principali del comparto, con una quota pari al 55%.

Il resto si divide fra le finanziarie e gli intermediari indipendenti che nell’ultimo anno hanno visto ridursi il proprio peso, passato dal 21 al 15%. Alla fine del 2006 gli intermediari che erogavano credito al consumo erano 707, di cui 43 specializzati in questi finanziamenti (8 banche e 35 società finanziarie). Agli intermediari specializzati è riconducibile circa il 70% del mercato del credito al consumo, con una punta del 90% nel comparto del credito finalizzato all’acquisto di beni specifici, in gran parte erogato direttamente presso esercizi commerciali

convenzionati. Fra le principali società di credito al consumo troviamo Findomestic, controllata da Bnp

Paribas e CariFirenze; Compass che fa capo a Mediobanca e Neos Banca al gruppo Intesa-San Paolo; Clarima è del gruppo Unicredit e Consum.it del gruppo Monte dei Paschi; per il Banco Popolare c’è Ducato; Consel per il gruppo Banca Sella. Tra gli operatori non bancari, i nomi più noti sono Agos, Finatel, Credial, Aliprestito, Sigla Credit, CitiFinancial, General Electric Money e molti altri.

A questi si aggiungono gli intermediari indipendenti, come Prestitò, Forus e Prometeo: sono decine.

Nel 2006 le società finanziarie hanno realizzato un risultato economico in forte miglioramento, con un utile netto di 1,3 miliardi di euro, in crescita del 37,2% rispetto al 2005. Un risultato reso possibile soprattutto dall’incremento del credito al consumo (38% circa): in questo settore l’espansione dei volumi di nuovi finanziamenti è costante.  

Secondo i dati di Assofin (Associazione italiana del credito al consumo e immobiliare, riunisce i principali operatori del settore, www.assofin.it) le società che ne fanno parte hanno erogato oltre 40 miliardi di euro nei primi otto mesi del 2007. Le carte revolving hanno fatto registrare un vero e proprio boom negli ultimi due anni e ogni intermediario finanziario ha la propria: Findomestic propone Carta Aura (la prima ad esser stata immessa sul mercato italiano, vedi box a pagina 10), Credem ha Carta Ego Facile, Intesa-Sanpaolo ha carta Clessidra. Molte società finanziarie propongono carte cosiddette cobranded, cioè carte emesse in collaborazione con altri partner. Sono molti i settori in cui operano le aziende e le istituzioni che firmano le carte assieme alle banche: si va dal web allo sport, dall’associazionismo e dal no-profit alla grande distribuzione. Agos finanziaria, ad esempio, propone Carta Attiva in collaborazione con Euronics, aerolinee Meridiana, Bancoposta e Virgilio, per citare i marchi più noti. Lo scopo è fidelizzare i clienti attraverso particolari servizi, sconti e agevolazioni, come l’accumulo di punti premio.



Dalle rate all’usura?

Le famiglie italiane sono sempre più indebitate. A pesare non sono soltanto i “grandi debiti”, come il mutuo per la casa, ma anche le piccole rate, quelle per gli elettrodomestici e il telefonino che sommate tutte insieme possono formare un buco capace di mandare in dissesto il bilancio familiare. Dal 2002 al 2007 l’indebitamento delle famiglie italiane è cresciuto dell’81,5% e, nello stesso periodo, le denunce per usura sono passate da 852 a 1.135.

Ad ipotizzare una correlazione fra i due fenomeni è stata la Cgia di Mestre (cgia.slowdata.com), secondo la quale l’aumento delle esposizioni debitorie delle famiglie potrebbe aver favorito il ricorso a forme di prestito illegali. Secondo i dati diffusi dalla Banca d’Italia nell’ultima relazione annuale, relativa al 2006, le famiglie italiane devono far fronte a un debito di quasi 300 miliardi di euro: pesano i mutui per la casa, che raggiungono 247,7 miliardi, ma a crescere rapidamente è soprattutto il credito al consumo: tra aprile 2006

e aprile 2007 ha toccato 51,5 miliardi, facendo registrare un incremento dell’11,2%. Comprare telefonini e lavatrici a rate costa molto di più di un mutuo per la casa: mediamente il Taeg sul credito al consumo concesso dalle banche è del 9,3% e arriva al 16,71% se a concederlo è un intermediario finanziario non bancario. Il tasso per un mutuo a tasso fisso per l’acquisto di un immobile si attesta, invece, attorno al 6%.

I tassi sul credito al consumo applicati in Italia sono più alti rispetto agli altri Paesi europei, dove il Taeg medio si ferma all’8,2%. Secondo la Banca d’Italia, il denaro da noi costa più caro perché il mercato del credito al consumo non è ancora abbastanza sviluppato: più ci indebiteremo e meno salati saranno gli interessi.

Il mercato del credito al consumo promette di crescere ancora, sia in termini quantitativi che qualitativi.

Gli italiani probabilmente seguiranno il sentiero già tracciato dai cittadini di altri Paesi cosiddetti a “capitalismo avanzato”, e gli operatori del credito continueranno ad immettere sul mercato strumenti finanziari nuovi e sempre più evoluti.



Il risparmio non è più una virtù

Il mercato del credito al consumo ha registrato una forte espansione negli ultimi anni ed è ragionevole ritenere che crescerà ancora. Il boom è già avvenuto, ma ci sono spazi per un ulteriore incremento: secondo i dati diffusi dalla Banca d’Italia, infatti, questo comparto è ancora poco sviluppato nel confronto internazionale. Alla fine del 2006 i finanziamenti bancari destinati all’acquisto di beni di consumo erano pari al 3 per cento del Pil, contro il 7 dell’area dell’euro. La propensione al risparmio delle famiglie italiane è sensibilmente diminuita (lo scorso anno ha perso 3 punti, toccando il livello più basso dal 2000) e il livello di indebitamento aumenta progressivamente. Ma restiamo sempre poco indebitati rispetto a quelli che nella relazione annuale della Banca d’Italia vengono indicati come Paesi “più sviluppati”: nel 2005 il dato relativo all’indebitamento era pari al 43 per cento del reddito disponibile nel nostro paese, contro il 66 per cento della Francia, il 100 in Germania, il 128 negli Stati Uniti e il 148 nel Regno Unito.

I dati mostrano quindi che le famiglie italiane sono molto meno indebitate, ad esempio, di quelle inglesi, ma indicano anche una tendenza che difficilmente farà registrare inversioni.



Due conti in tasca


Per capire come funziona il meccanismo delle carte revolving, proviamo a fare due conti con le condizioni contrattuali previste per Carta Aura, la prima carta “autoricaricabile” ad esser stata immessa sul mercato italiano da Findomestic, società leader nel credito al consumo controllata da Bnp Paribas e CariFirenze. Abbiamo a disposizione un plafond (cioè la potenziale spesa) iniziale di 3 mila euro, Tan 16,68% e Taeg 18,02%.

Gli interessi vengono calcolati mensilmente sull’esposizione complessiva del cliente (cioè su quanto gli resta da spendere) e non vengono capitalizzati. Facciamo un esempio. Immaginiamo di comprare un televisore che costa mille euro e di restituire la somma in rate mensili da 100 euro. Ciascuna rata si compone di capitale, bolli e spese, interessi calcolati sull’esposizione residua complessiva. Il capitale netto rimborsato va a ricostituire il plafond disponibile. Ipotizziamo di comprare il televisore a dicembre, iniziando a pagare le rate dal mese successivo. In gennaio, a fronte di una esposizione debitoria di mille euro, rifonderemo il nostro capitale di 85,35 euro. Rimborseremo infatti alla finanziaria una rata così composta:

    Capitale      85,35 +

    Interessi      11,80 +

    Bollo            1,81 +

    Spese            1,03 =

    Rata        100,00

La rata resta invariata, così come le spese e l’imposta di bollo. Variano gli interessi, calcolati sull’esposizione residua, e quindi il capitale netto rimborsato che ricostituisce progressivamente la disponibilità.

Nel mese di dicembre dell’anno successivo all’acquisto ho finito di pagare il televisore ed ho la stessa disponibilità di spesa che mi era stata accordata in partenza. Posso ricominciare a spendere. E se, per esempio, nel mese di giugno avessi desiderato farmi una vacanza con i circa 2.500 euro a mia disposizione, avrei potuto. La rata mensile non sarebbe cambiata, avrei continuato a pagare ugualmente 100 euro al mese: sarebbe soltanto aumentato il numero delle rate. Un piccolo debito infinito.



E io mi gioco lo stipendio

Anche protestati e cattivi pagatori possono continuare a indebitarsi. Alcune società Finanziarie concedono loro ulteriore credito con la formula della cessione del quinto dello stipendio, una modalità di finanziamento che si è molto diffusa negli ultimi anni: la garanzia sta nel fatto che la rata viene pagata direttamente dal datore di lavoro o dall’ente che eroga la pensione. Così, per la finanziaria viene meno la necessità di prendere informazioni sull’affidabilità del richiedente.  Formalmente il problema non si pone, ma siamo sicuri che la persona alla quale si sta concedendo ulteriore credito sia in grado di sostenerlo? Le finanziarie, prima di erogare dei soldi, controllano la posizione del richiedente presso le centrali dei rischi dalle quali, però, non emerge il quadro reale di una famiglia: a fronte di uno stipendio di 800 euro, la finanziaria può concedere un finanziamento da restituire in rate da 150 euro al mese, ma lo fa senza aver tenuto conto delle spese necessarie per bollette, cibo, eventuali affitti. Il ragionamento vale a maggior ragione nel caso di protestati e cattivi pagatori: attraverso il meccanismo di cessione del quinto dello stipendio, il controllo viene omesso. “Servono più informazione ed educazione ad un uso responsabile del denaro, più responsabilità nell’utilizzo degli strumenti finanziari da parte dei consumatori –dice Francesco Iorio dello sportello antiusura di Adiconsum–. Ma non si capisce perché ci sia chi continua a fare credito a soggetti già fortemente indebitati: significa fare del male a queste persone, perché il buco si allarga e la spirale del debito si fa più profonda”.



Lo sportello di Mag Venezia

Diminuisce la propensione al risparmio e aumenta quella per l’indebitamento: significa che siamo più poveri o che stiamo cambiando il nostro rapporto con il denaro?

Entrambe le motivazioni, probabilmente, hanno un fondamento: da un lato i soldi non bastano più, dall’altro si registra un cambiamento culturale per cui si vogliono possedere beni di largo consumo anche se non ce lo possiamo permettere.

Una volta si mettevano da parte i soldi necessari e poi si comprava la tv. Insomma, si risparmiava. Adesso si fanno i debiti. È il segno di un cambiamento culturale profondo. Ma fra il mutuo, il finanziamento per l’auto, un paio di piccoli prestiti e una manciata di carte revolving, molte famiglie si scoprono incapaci di gestire il proprio bilancio.

Per aiutarle in questo compito, Mag Venezia (società cooperativa senza scopo di lucro che opera nel campo della finanza etica, www.magvenezia.it) sta mettendo in piedi lo “Sportello per l’eccessivo indebitamento”: gli operatori aiuteranno i cittadini in difficoltà

a ricostruire il reale ammontare dei loro debiti e a individuare la miglior soluzione per farvi fronte, oltre a dare informazioni e consigli per la corretta organizzazione di entrate e uscite. Mag Venezia sta attivando anche una commissione composta da un proprio operatore,

un avvocato e un assistente sociale: l’esperienza infatti dice che, spesso, dietro all’eccessivo indebitamento si nasconde anche il disagio sociale.



Il commento

Le vetrine e quelle righe piccole piccole

di Luca Casolaro*



Dall’inizio del 2000 il credito al consumo in Italia è cresciuto moltissimo e non accenna a invertire la tendenza, nonostante i costi si mantengano tra i più alti d’Europa.

Alcuni vedono in questa impennata un chiaro effetto della liberalizzazione del mercato bancario, che aumentando la disponibilità di credito ha ampliato le possibilità di consumo. Secondo questa visione in realtà l’Italia è solo all’inizio del cammino, visto che nell’area dell’euro e soprattutto nei Paesi anglosassoni questa forma di credito è molto più sviluppata. Altri sostengono che l’indebitamento delle famiglie sarebbe sintomo di un grave disagio sociale e di un potenziale dissesto economico generalizzato.

Per chiarire i termini del problema bisogna guardare a chi domanda credito al consumo. E perché. Dai dati di un’indagine della Banca d’Italia -che ogni due anni passa ai raggi X oltre 8 mila famiglie-, emergono risultati interessanti. Si prende a prestito quasi esclusivamente nella prima metà della vita, proporzionalmente alla grandezza della famiglia e al reddito. La massa dei debitori sembra poi bipartirsi tra soggetti in condizioni finanziarie traballanti -che si indebitano per far fronte a bisogni di prima necessità- e un’ampia platea di famiglie della classe media, che a quel tasso comprano la sicurezza della piccola rata che lascia intatti i risparmi e realizza i più disparati desideri. Desideri che poi alimentano i consumi e quindi il Pil, e che costringono sempre più a ipotecare il futuro. La nuova frontiera del marketing bancario è infatti il graduale aumento della lunghezza dell’operazione: rinegoziare, incentivare a una rotazione continua che ci porti come negli Stati Uniti a una condizione di indebitamento fisiologico.

I dati evidenziano però che chi prende a prestito, anche a tassi a due cifre, molto spesso i soldi in banca li ha. Questa apparente irrazionalità si spiega da un lato con il forte grado di avversione al rischio di molte famiglie, che sono disposte a pagare salato pur di non intaccare i risparmi, dall’altro potrebbe essere il sintomo di una non adeguata comprensione del reale livello dei costi. La maggior parte delle persone, infatti, è attratta più dal valore della rata che dal Taeg -il tasso globale inclusivo delle spese- e percepisce un tasso inferiore rispetto a quello effettivo. Questa allarmante ipotesi è confermata dal fatto che, a parità di altre condizioni, la domanda di credito è minore per le  persone di più elevata cultura, che in media dovrebbero essere più in grado di comprendere i fenomeni finanziari.

Da che parte stare quindi? La condanna a priori del debito delle famiglie sembra ignorare i grandi benefici che un uso corretto del credito può apportare, soddisfacendo nell’immediato bisogni altrimenti destinati a rimanere per lungo tempo frustrati. D’altra parte, puntare senza riserve verso il modello anglosassone di una spirale incontrollata credito-consumo sembra altrettanto folle: una disponibilità di credito pressoché illimitata può portare a una visione abbagliata del rapporto desideri-risorse, gonfiando di fatto i consumi con effetti che, a livello aggregato, possono diventare disastrosi. Non per niente negli Stati Uniti si osserva un’estrema fragilità finanziaria delle famiglie, esposte in certe fasi congiunturali a ondate violente di default che gettano sul lastrico non solo le fasce marginali della popolazione, ma anche parte della classe media. In Italia questo tipo di scenari sembra ancora lontano, ma certo è emblematica la strategia di alcuni intermediari specializzati molto attivi verso la clientela meno abbiente, tramite offerte telefoniche e istruttorie semplificate. La via maestra sembra essere quella di stare dalla parte delle persone. Ben vengano nuovi operatori

e offerte più moderne, ma occorre vigilare affinché le banche adottino comportamenti etici e le persone siano difese da informative efficaci e non da paginate di righe piccole. E, soprattutto, educare i consumatori a mantenersi lucidi tra le vetrine di un centro commerciale, ad aprire gli occhi e non abbandonarsi a consumi troppo al di sopra delle proprie possibilità.  



* Banca d’Italia

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