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Opinioni

Il debito e il diritto intergenerazionale

Tra diritti e ambiente

Tratto da Altreconomia 131 — Ottobre 2011

“Bisogna essere barbari sconsiderati, per ardere nella propria stufa questa bellezza, per distruggere ciò che non possiamo forgiare” dice il dottore Astrov, nel dramma Zio Vanja di Anton Cechov.

Si riferisce allo sterminio indiscriminato delle foreste russe: il testo è del 1896. “L’uomo è dotato di intelligenza e forza creativa per moltiplicare ciò che gli è stato dato, sinora però egli non ha creato, ma distrutto. Le foreste si fanno sempre più rade, i fiumi si seccano, la selvaggina si è estinta, il clima è guastato, e di giorno in giorno la terra diventa sempre più povera e brutta”. 

Un secolo e un anno dopo la stesura di questo celebre copione, la Conferenza generale delle Nazioni Unite ha adottato, a Parigi, la Dichiarazione sulle responsabilità delle generazioni presenti verso le generazioni future. È una dichiarazione priva di valore vincolante, che tuttavia ha posto le basi per la costruzione giuridica della responsabilità intergenerazionale. 

Le leggi vigenti normano i rapporti tra persone viventi: si possono pensare leggi che regolino i rapporti tra cittadini di oggi e cittadini del futuro?

La Dichiarazione ha chiarito quali sono i presupposti necessari per tutelare le generazioni future, quali sono gli ambiti di questa tutela, quali sono i valori e i principi da perseguire in nome degli uomini che verranno. La Dichiarazione punta alto, e spiega che i presupposti di questo legame sono costituiti dalla libertà di scelta delle generazioni che verranno e delle presenti in relazione al sistema economico, politico e sociale di cui vorranno dotarsi, alla diversità culturale e religiosa, ma anche in relazione al mantenimento stesso dell’umanità. 

Gli ambiti di tutela invece sono la vita della Terra e dell’ambiente, la biodiversità, e la diversità del patrimonio culturale. Infine, i valori da perseguire nel nome della tutela degli interessi anche delle generazioni future: il patrimonio comune dell’umanità, la pace, lo sviluppo e l’educazione, la non discriminazione. 

A distanza di 14 anni, il diritto intergenerazionale è ancora poco più che una riflessione filosofica (da leggere Diritto e generazioni future, di Raffaele Bifulco), ma è chiaro dove vogliamo andare a parare. Il debito pubblico è una scommessa fatta giocandosi i soldi di chi ancora non è nato, a favore di chi è vivo e vegeto. Mal che vada, saranno loro a pagare i nostri privilegi vedendosene garantiti molti meno. Ancor più grave il gigantesco debito ecologico che stiamo riversando sulle spalle dei nostri figli, che si ritroveranno un pianeta che rischia di essere, in tempi molto brevi, del tutto inospitale. 

Dovremo guardare ai doveri che abbiamo verso il futuro quando parliamo di economia, quando facciamo economia. Allora potremo dire, con Cechov, “quando sento stormire la mia giovane foresta piantata dalla mie mani, io mi accorgo che il clima è un po’ anche in mio potere e che se fra mille anni l’uomo sarà felice, ne avrò un poco anch’io la colpa”.

Post scriptum parlando di futuro: dal prossimo numero Ae e il sito saranno rinnovati nella grafica e nei contenuti.

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