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Il commercio europeo salverà il Sud del mondo. Parola di commissario

“Il mondo in via di sviluppo e' la mia passione”.  Il nuovo commissario europeo al commercio Peter Mandelson, il regista delle politiche commerciali dell'Unione, si e' presentato a Bruxelles alla societa' civile – imprese incluse – dichiarandosi esplicitamente “in favore di un'apertura dei mercati che migliori le condizioni di vita  dei poveri”.
Che cosa significa? Ci illumina la posizione che mr. Mandelson ha preso per iscritto rispetto agli EPA, quegli accordi di partnership commerciale “faccia a faccia” che l'Unione sta cercando di concludere con 77 delle sue ex colonie in Africa, Caraibi e Pacifico.
di Monica di SistoRoba dell'altro mondo

Accordi molto criticati dalla societa' civile nel Nord come nel Sud, e rispetto ai quali anche alcune organizzazioni di commercio equo in tutto il mondo hanno preso una posizione netta: fermiamo gli Epa e' lo slogan della campagna che al social forum di Porto Alegre ci ha visti insieme a Third World Network Africa, Africa Trade Network, Social Forum Africano, laAlianca continental brasiliana, grandi ong ma anche una decina di piccole organizzazioni dei caraibi, per studiare una strategia comune che faccia saltare il banco dei negoziati.

Secondo Mandelson il primo obiettivo politico per la UE e' quello di “integrare con successo le economie di Africa, Caraibi e Pacifico nell'economia globale, per portarli a quella prosperita' che metta fine alla poverta' stridente che molti cittadini africani subiscono tutti i giorni”.
Ibrahim Coulibali, coltivatore di cotone del Mali attivo nel network contadino africani ROPPA, ha  spiegato che il suo Paese, che produce 600mila tonnellate di cotone l'anno, ne trasforma in casa solo il 2% grazie all'integrazione del commercio internazionale: “soffriamo una dipendenza esasperata dal mercato globale – ha lamentato – tanto che non riusciamo neanche a vestirci con il nostro cotone.
Abbiamo abbastanza risorse naturali e umane per essere liberi di decidere di produrre quello che consumiamo, e di proteggere i nostri mercati da una liberalizzazione schiacciante”.

Il secondo obiettivo dichiarato dal commissario europeo e' invece di promuovere un progressivo “accesso al mercato” per i prodotti provenienti dal Sud, ma soprattutto utilizzando il credito d'aiuto, ad esempio, per realizzare infrastrutture, “per mettere i produttori nelle condizioni di immettere i loro prodotti nei nostri mercati nei tempi appropriati?”.
Sulla sostenibilita' dei progetti, sulla trasparenza dei processi, sul coinvolgimento dei singoli Paesi nella valutazione degli impatti e delle proprie priorita' nel cosiddetto sviluppo, Mandelson non dice neanche una parola.

Anche il coordinamento del commercio equo FINE ha partecipato con la sua rappresentanza all'incontro di  Bruxelles. Se il commissario parla di sviluppo, FINE  qualche giorno fa gli ha scritto, chiedendogli un incontro per entrare nei dettagli. Gli ha chiesto di collaborare per far conoscere di piu' il commercioequo in Europa, di sostenere gli “appalti equi” con una normativa adeguata, ma anche di inserire le valutazioni d'impatto sui piccoli produttori e di sostenibilita' nel processo di monitoraggio degli accordi commerciali internazionali da parte dell'UE.

Artisans du Monde insieme a Roba dell'Altro Mondo, che in Fine fanno parte del gruppo di lavoro su Wto e commercio internazionale, hanno invitato a Porto Alegre gli altri attori del commercio equo presenti ad avviare un percorso partecipato verso una posizione condivisa sul commercio internazionale. Le scadenze che abbiamo davanti sono serrate e possono cambiare definitivamente l'aspetto delle nostre economie.
La Wto affrontera' un paio di mini-ministeriali, la prima in marzo in Kenia, per cercare di convincere i Paesi piu' poveri, protagonisti del fallimento di Cancun, ad accettare di chiudere il round di negoziati su agricoltura, servizi e prodotti industriali aprendo i loro mercati alla competizione internazionale, entro la scadenza prevista del dicembre 2005.

Nei giorni di Porto Alegre e'lievitato il numero di Paesi del mondo e di realta' coinvolte nella Settimana globale di mobilitazione sul commercio internazionale, che dal 10 al 16 aprile portera' in strada dall'India all'Africa, dalla vecchia Europa all'America latina, centinaia di migliaia di persone che reclameranno regole piu' giuste per gli scambi internazionali.

Che cosa rischiamo come commercio equo, se la richiesta di attenzione rivolta a Mandelson sulle nostre pratiche commerciali non si accompagna una posizione politica forte e condivisa, coerentemente ancorata alla sostenibilita' e alla sfida di un altro modello di  sviluppo possibile non segue da vicino le richieste commerciali? Di diventare il “fair washing” di un'inaccettabile piano di espansione economica dell'Unione, dentro e fuori la Wto: qualche appalto in piu', con un commercio equo ridotto a pura testimonianza.

E le nostre campagne? Consigli per gli acquisti.

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