Ambiente
Il clima che viene dal passato
Forse c’è poco da inventare o da immaginare. Probabilmente basterebbe guardarsi indietro, nel profondo passato, per cercare di interpretare il futuro più prossimo. E’ quello che ha cercato di fare Jeffrey Kieh, che non è né psicologo né tanto meno…
Forse c’è poco da inventare o da immaginare. Probabilmente basterebbe guardarsi indietro, nel profondo passato, per cercare di interpretare il futuro più prossimo. E’ quello che ha cercato di fare Jeffrey Kieh, che non è né psicologo né tanto meno uno storico, ma un ricercatore del National Center for Atmospheric Research (NCAR) con sede a Boulder, nel Colorado. Ha provato ad intrecciare i dati climatici attuali, le previsioni possibili sullo scenario "Business-as-usual" (cioè nessuna modifica dei tassi di emissione di gas serra) con le finestre sul passato, che incrociano concentrazione di gas atmosferici e temperatura media.
Lo scenario che emerge è da notti insonni. Degno di una filippica da parte di un qualche ambientalista scettico che rifiuta toni apocalittici, ma evidentemente non così fuori le righe se si è meritato un posto su Science, una delle riviste scientifiche più autorevoli al mondo.
"Se non iniziamo seriamente a lavorare verso una riduzione delle emissioni di carbonio", ha dichiarato Kiehl, "lasceremo il pianeta su una traiettoria che la specie umana non ha mai vissuto. Dovremo obbligare la civiltà umana a livere in un mondo molto diverso dall’attuale per molte generazioni".
Le ricerche di Kiehl hanno esaminato le relazione tra le temperature globali e gli alti livelli di anidride carbonica nell’atmosfera decine di milioni di anni fa. E lo scenario, se nulla cambierà, prevede una sorta di ritorno al passato molto più caldo ed instabile dell’attuale. Un periodo in cui la concentrazione di CO2 variava tra le 900 e le 1000 parti per milione, come è stato dedotto dall’analisi delle strutture molecolari di materiale organico fossile di oltre 35 milioni di anni fa. Allora le temperature a livello globale erano sostanzialmente più alte, in particolare nella regione dei poli. Temperature che variavano da un 5-10 gradi centigradi in più ai tropici fino a 15-20 gradi centigradi in più a livello polare. Una temperatura media planetaria più alta di ben 16 gradi centigradi rispetto a quella preindustriale.
La modellistica utilizzata oggi nel tentare di prevedere il futuro riesce ad essere efficace sul breve periodo nel misurare gli effetti dell’incremento dei gas climalteranti, ma non riesce secondo Kiehl a tracciare un futuro di lungo periodo perchè non riesce a tenere conto i cambiamenti strutturali nel loro insieme, che possono essere più grandi del previsto. L’eventuale scioglimento dei ghiacciai, ad esempio, porterebbe ad un riscaldamento addizionale proprio perchè verrebbe meno l’effetto di riflessione nello spazio di una buona parte dei raggi solari, considerando che la terra nuda, più scura, o l’acqua assorbono molto più calore di una superficie ghiacciata.
"Queste analisi mostrano che su scale temporali più lunghe il nostro pianeta potrebbe essere più sensibile ai gas serra di quando avessimo pensato", ha concluso Kiehl.
Science gli ha dato credito. I Governi latitano.