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Opinioni

I tre limiti degli stress test bancari

L’azione di vigilanza di BCE ed EBA non ha guardato ai bilanci imbottiti di derivati, semplicemente perché non è possibile. Monte dei Paschi, invece, è stata trattata al pari degli altri istituti sani, e non come un’azienda in fase di ristrutturazione. Inoltre, l’analisi non ha applicato pienamente i criteri di Basiea III, che avrebbero messo in difficoltà i tedeschi. Un commento di Alessandro Volpi

C’è qualcosa che davvero non convince negli stress test – i fatidici esami – a cui sono state sottoposte le banche del Vecchio Continente dalla BCE e dall’EBA, l’autorità bancaria europea. In realtà, già il permanere di questi due livelli di vigilanza, sia pur con funzioni in parte diverse, segna un elemento di costante incertezza, appesantita da un terzo livello -rappresentato dalle banche centrali dei singoli Paesi-. Se la dimensione europea dei controlli avrebbe dovuto semplificarli e renderli più efficaci, quella intrapresa non è stata la strada migliore. Ma ciò che non convince della nuova tornata di test, dopo quelli rivelatisi poco realistici anche nel 2011, sono soprattutto tre questioni fondamentali che ci consegnano un’idea confusa di Europa.

1) Le analisi dello “stress” -che hanno messo in luce un’Italia piuttosto malconcia, perché 3 dei 6 dei miliardi di euro da reperire da parte degli istituti bocciati sono relativi a due banche nostrane- sono troppo concentrate sugli “attivi creditizi” e non sugli “attivi di mercato”. In parole molto semplici, ciò significa che mentre è stata sottoposta ad un vaglio certosino la qualità dei crediti alle imprese, non è stata riservata un’analoga attenzione agli strumenti della finanza speculativa, a cominciare dai derivati, responsabili invece di molti dei malanni del sistema economico mondiale. Ma perché è stata fatta questa scelta? La risposta è tanto semplice quanto sorprendente: sono stati trascurati i rischi degli asset speculativi perché sarebbe risultato troppo complesso operare comparazioni e valutazioni di strumenti così articolati. Se non è difficile valutare la solidità dei crediti indirizzati alle imprese, è quasi impossibile, secondo il giudizio di BCE e EBA, ponderare il valore dei derivati che spesso contengono delle vere e proprie catene di Sant’Antonio. In sostanza l’opacità dell’ingegneria finanziaria, che ha causato la bolla dei mutui e poi ne ha determinato l’esplosione con crisi conseguente, rappresenta in modo paradossale, il punto di forza delle banche imbottite di derivati. I criteri adottati dagli stress test, dunque, privilegiano chi fa ampie scorribande nei territori della finanza derivata, puntando a fare soldi con soldi, rispetto agli istituti bancari disponibili ad aprire linee di credito al sistema produttivo delle imprese. Lungo questa strada corrono il pericolo di restare inefficaci le stesse operazioni di liquidità poste in essere dalla BCE perché, alla luce di tali parametri, queste iniezioni tenderanno ad essere indirizzate dalle banche che le ricevono verso il mercato dei titoli ad alto rendimento piuttosto che all’economia reale.

2) Nel caso della banche italiane, e del Monte dei Paschi in particolare, gli stress test hanno fatto pesare nel fabbisogno di capitale la necessità di restituire i Monti bond, i “prestiti di Stato” che gravano sulla banca senese per 1,1 miliardi di euro. In questo senso, a Mps sono stati applicati per intero i criteri validi per le banche sane, non consentendogli di appellarsi ai parametri usati per altre banche in cui è in corso un’opera di ristrutturazione. Ciò ha significato, in concreto, una disparità di trattamento nei confronti di altri istituti europei che hanno potuto contare, più o meno direttamente, su aiuti di Stato per il loro rafforzamento. L’imposizione ad Mps di questa cura da cavallo ha certamente contribuito ad affossarne il titolo e a bruciarne il capitale, crollato a poco più di 3 miliardi in una manciata di ore, con una perdita del 30% che ha contribuito ad annullare di fatto gli enormi sforzi compiuti per realizzare il precedente aumento di capitale di 5 miliardi. Ora, in base agli esiti degli “anomali” stress test, la banca senese vale poco di più della richiesta di ripatrimonializzazione avanzata da BCE ed EBA. In sintesi, il divieto secco di qualsiasi attenuazione al divieto degli aiuti di Stato, compreso quello di una dilazione nei tempi della loro restituzione, ha provocato il tracollo di una banca storica,  a cui non sono state permesse azioni consentite ad altre realtà in Europa e negli Stati Uniti.

3) Gli stress test, infine, hanno applicato solo in maniera molto annacquata i principi di Basilea III, che avrebbero certamente messo fuori gioco diverse banche tedesche. In questo senso si è palesata un’ulteriore disparità di trattamento da parte di Banca centrale europea ed autorità bancaria europea che forse, per intercettare la benevolenza della Germania, certo ostile alle iniezioni di liquidità operate da Draghi, hanno attrezzato il sistema di valutazione per non mettere in discussione la forza delle banche tedesche. Anche osservando gli esiti degli stress test, dunque, l’Europa continua ad essere troppo Merkel dipendente.
 
* Università di Pisa

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