I diritti ai tempi della Bossi-Fini
Da Lucca, una storia di ordinaria emigrazione ai tempi della Bossi-Fini. La famiglia Chfouka, padre, madre e due figlie, il capofamiglia in Italia da 16 anni, rischia l’espulsione. La figlia minore compie 18 anni, scade il permesso di soggiorno concesso 2 anni fa dal Tribunale dei minori di Firenze, e le Istituzioni non vogliono rinnovarlo. Intanto l’Università di Pisa nega alla figlia maggiore, Ymane –volontaria del gruppo locale dell’associazione Mani Tese– l’iscrizione al terzo anno della facoltà di Economia e Commercio.
di Giulio Sensi
La famiglia di Salah Chfouka, interprete e traduttore in Italia da 16 anni, si ricongiunge il 26 settembre del 2003. La moglie di Salah e le figlie entrano con un visto rilasciato dal consolato del Marocco. Per ottenere il permesso devono attendere il rinnovo di quello del padre, in scadenza a marzo 2004. Il 21 maggio, mentre Chfouka sta ultimando la trafile per la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno e manca solo il timbro del commercialista alla dichiarazione dei redditi, viene raggiunto da un provvedimento di espulsione con immediato ritiro dei documenti personali e del tesserino della Camera di Commercio. Cfouka, secondo la questura, non ha rispettato il termine dei sessanta giorni per la presentazione della domanda di rinnovo. Un arbitrio in piena regola, secondo le associazioni e i sindacati visto che gli era stato rilasciato una ricevuta di appuntamento nei termini stabiliti. Da subito fanno quadrato attorno a Chfouka noto per la sua militanza politica nella sinistra lucchese. Una decisione da applicare per legge secondo la questura che invita il marocchino a tornare nel suo paese e da lì a rientrare in Italia. I giudici danno ragione alla questura dal momento che “il foglio, dal quale si deduce che un funzionario di polizia ha fissato un appuntamento al sig. Cfouka non costituisce prova dell’avvenuta presentazione della richiesta di rinnovo del permesso scaduto”. Ma è l’unico documento rilasciato al marocchino. Una prenotazione scritta a penna presso l’ufficio immigrazione il cui autore non è rintracciabile. Per il giudice non prova che abbia presentato la richiesta di rinnovo. Le associazioni continuano ad organizzare dibattiti e iniziative di solidarietà per tutta l’estate mentre i legali presentano altri due ricorsi, uno al Tar, che si dichiara incompetente ad esprimersi sul caso, e l’altro al Tribunale dei Minorenni di Firenze che invece regolarizza il nucleo familiare data la posizione della figlia minorenne. Ma non Ymane a causa della legge che non permette di estendere questa soluzione ai figli maggiorenni. Adesso la sospensione dall’Università e il timore di dover definitivamente tornare in Marocco.
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Non sa se potrà continuare gli studi, ma Ymane Chfouka, ventuno anni nata in Marocco e da tre in Italia con la famiglia, in questi giorni continua a sfogliare i libri di economia internazionale, uno dei prossimi esami che deve dare. Lo fa durante la giornata scandita dal digiuno del ramadan senza darsi per vinta, convinta che una soluzione ci possa ancora essere. È iscritta alla facoltà di economia e commercio dal 10 settembre del 2004, ed ha appena ricevuto una fredda comunicazione dalla segreteria dell’ateneo pisano che sta già suscitando polemiche: non puoi più proseguire perché non hai il permesso di soggiorno. “Mi hanno chiamato per telefono – racconta la giovane marocchina – perché volevano vedermi per parlarmi di alcune cose. Quando mi sono presentata mi hanno comunicato che avevano ricevuto una lettera dalla questura di Lucca in cui si chiedeva conto della mia iscrizione e si diceva che non poteva essere fatta perché ero clandestina. Però io non sono arrivata clandestinamente, ma con un visto del consolato del Marocco”. In Italia giunse tre anni fa con la madre, la sorella e il proposito di ricongiungersi al padre Salah Chfouka, nel nostro paese da 16 anni e residente a Lucca. Richiesta di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare e attesa di mesi. Fino a quando il padre è stato espulso, nel maggio del 2004, a causa un cavillo legato al rilascio dell’appuntamento per consegnare la dichiarazione dei redditi e rinnovare il proprio permesso. “Furono i mesi più duri per noi – racconta Ymane -. Ci trovavamo da poco in Italia con nostro padre costretto in clandestinità lontano da casa per tre mesi. Mi ero diplomata in Marocco frequentando un liceo scientifico commerciale e un mese dopo ero già in Italia. Il primo anno imparai l’italiano e poi, dopo che mio padre era potuto rientrare, decisi di iscrivermi all’Università”. Adesso la famiglia è per il momento regolare come deciso dal Tribunale per i Minorenni di Firenze, in virtù della figlia ancora minorenne, Hind, che finì sui giornali nell’estate del 2004 per non poter ritirate la lusinghiera pagella preparata dai professori dell’istituto per il turismo di Lucca. Ymane invece è rimasta appesa ad un filo, ancora in attesa di un chiarimento della sua situazione. A cacciarla nel limbo l’articolo 31 della legge Bossi – Fini che impedisce agli altri figli maggiorenni di godere del permesso di soggiorno in caso di presenza di minore in famiglia. In attesa del fatidico foglio, l’Università non aveva avuto problemi ad iscriverla e lei si è integrata bene. Ha imparato l’italiano, ha cominciato a dare esami con alti rendimenti. Una studentessa modello che ad appena tre anni di presenza in Italia ha già superato 12 esami di economia e commercio. “All’università mi sono trovata bene – racconta – ho superato i 90 crediti formativi e sono già a metà degli studi. Stavo già pensando a che indirizzo poter prendere dopo la laurea triennale quando è arrivata la notizia della sospensione. Ho vissuto una vita normale, senza problemi di integrazione. La mia idea è quella di finire gli studi e rimanere in Italia, poter vivere normalmente e lavorare, magari cambiando città vista l’accoglienza che abbiamo avuto. Non quella delle persone, tante, che ci sono vicine soprattutto in questo momento. Associazioni, sindacati e singole persone ci hanno sempre dato appoggio, anche quando il papà era stato espulso. Ma quella della burocrazia, che è la cosa che meno mi è piaciuta dell’Italia”. A Lucca sono già in molti a protestare contro la sospensione, definita ingiusta, ed è stato annunciato l’avvio di uno sciopero della fame per chiedere la definitiva regolarizzazione di tutto il nucleo familiare. A farlo saranno, già da lunedì nel caso in cui la situazione non si smuova, il padre di Ymene, Salah, presidente dell’associazione per l’amicizia Italia – Marocco, e il vicepresidente Mario Ciancarella. La situazione potrebbe essere risolta con un permesso di soggiorno umanitario al nucleo familiare o con uno rilasciato al padre in attesa della cittadinanza. “Ci spero – conclude la studentessa – che i problemi si risolvano, altrimenti perderò un altro anno di studio”.
(da Il Tirreno di Venerdì 27 settembre 2006)