Cultura e scienza / Opinioni
La fake news di Leonardo da Vinci
Di fronte alla banalizzazione del genio rinascimentale nel dibattito pubblico italiano la sola risposta è la divulgazione della conoscenza. La rubrica di Tomaso Montanari
Nel 2011 un programma satirico della Rai (“Niente di personale”, condotto da Paola Cortellesi) ha dedicato una deliziosa miniserie (“I misteri di Leonardo)” alla parodia della “leonardomania”. Quando la satira televisiva si occupa di qualcosa, significa che il fenomeno è abbastanza esteso da risultare riconoscibile alla maggioranza degli spettatori: Leonardo da Vinci è oggi un divo universale. Ma lo è in un modo che avrebbe con ogni verosimiglianza destato il suo disprezzo. Un artista che aveva fatto della conoscenza empirica una religione (“il cimento delle cose dovrebbe lasciar dare la sentenzia alla esperienzia”, scrisse) è stato trasformato nel campo favorito del complottismo storico più grottesco.
Una tappa fondamentale in questo processo involutivo è stato “Il Codice da Vinci”, un best seller (2003) dello scrittore americano Dan Brown. Presentato all’inizio come un romanzo basato su ricerche storiche originali, è in verità un abile montaggio di vecchie leggende metropolitane: dal rapporto di Leonardo con il Santo Graal (il mitico calice in cui Gesù avrebbe bevuto durante l’Ultima cena) alla pretesa relazione sessuale tra Gesù e Maria Maddalena. Il tutto, intrecciato a una trama da thriller televisivo di cassetta, ha avuto uno straordinario successo, ed è riuscito a spostare (nell’immaginario di milioni di persone) la figura di Leonardo dalla storia e dalla storia dell’arte all’ambito della leggenda.
Oggi non si contano le attribuzioni folli a Leonardo pittore: si passa da sofisticate operazioni commerciali intorno a quadri dubbi, e spesso molto guasti, che riescono a raggiungere quotazioni milionarie (il caso del “Salvator Mundi”, oggi al centro di un intrigo internazionale dai contorni assai oscuri, è esemplare) fino a croste di provincia che conquistano qualche minuto di celebrità su giornali locali prima di precipitare nuovamente nel buio.
Un altro filone fortunatissimo la ricerca di iscrizioni, forme, figure le più bizzarre e impensabili nei quadri celeberrimi dell’artista: alla ricerca di un letterale “codice da Vinci”. In genere i risultati di queste mirabolanti “scoperte” riguardano i rapporti di Leonardo col potere (i Templari sono tra i protagonisti preferiti), e col sesso (in tutte le combinazioni possibili, meglio se acrobatiche).
Si moltiplicano i musei con più o meno attendibili ricostruzioni di macchine leonardesche e le proiezioni immersive accompagnate da testi surreali (le grottesche “Da Vinci Experiences”). A Firenze si sono spesi denari pubblici per uno scavo finalizzato a trovare le ossa della Gioconda, e un sindaco non memorabile ha fatto traforare gli affreschi di Giorgio Vasari nel Salone dei Cinquecento per ritrovare la Battaglia di Anghiari, la grande e sfortunata pittura murale che sappiamo essere invece andata interamente perduta. Ancora una volta Leonardo (proprio lui!) serviva alla propaganda, all’abbassamento del senso critico, al doloso rimbecillimento di massa. Nel discorso pubblico italiano, Leonardo sta diventando insomma una colossale fake news, che può essere combattuta solo con dosi massicce di scetticismo storico e soprattutto di divulgazione della conoscenza. Anche gli storici dell’arte hanno una grande responsabilità: se non altro per non aver fatto capire che la gioia, l’intensità, l’emozione di un vero contatto con questa straordinaria figura di artista e pensatore sono infinitamente maggiori di quelle provocate dalla caricaturale mistificazione in cui consiste, oggi, la leonardomania.
Tomaso Montanari è professore ordinario presso l’Università per stranieri di Siena. Da marzo 2017 è presidente di Libertà e Giustizia.
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