Cultura e scienza / Opinioni
L’Europa che rinasce sul tetto di Notre-Dame
I fatti di Parigi dimostrano che è nel patrimonio culturale -come nella scuola, nella cultura- che si diventa faticosamente umani. Tutti insieme. La rubrica di Tomaso Montanari
I commenti sull’incendio di Notre-Dame hanno rivelato quanto -da noi, in Italia- sia distorto l’immaginario del patrimonio culturale. Anzi: quanto l’idea stessa di patrimonio sia ignota alla cosiddetta élite. Lasciamo perdere l’assenza di una minima consapevolezza storica e storico-artistica. Per non dire la totale sudditanza psicologica e politica rispetto alla pelosa beneficenza dei grandi super-ricchi del lusso.
Questa nostra minorità è, d’altra parte, dolorosamente ben nota. Ciò che invece è riuscito a stupirmi è stato il feroce riflesso identitario con cui una destra di atei devoti, o di cattolici di stampo pre-conciliare, ha fatto idealmente sventolare sulla cattedrale in fiamme il vessillo crociato. Il delirio fobico sull’eventualità che si fosse trattato di un attentato islamico; le polemiche risibili sui finanziamenti alle moschee che avrebbero drenato in Francia il denaro “riservato” alle chiese; il fiume di melassa sulla Francia e sull’Europa cristiana il cui “incendio” ad opera degli infedeli avrebbe ora trovato un rispecchiamento simbolico nel rogo purtroppo concretissimo di Notre-Dame. E via e via, in un crescendo di scempiaggini che -da cattolico- ho sentito come particolarmente disgustose, bestiali, anticristiane.
Ma devo dire che sono rimasto esterrefatto anche dalle posizioni speculari. Quelle di intellettuali laici che hanno costruito (seppur per comprensibile fallo di reazione) un’antiretorica per la quale in fondo il danno non era così grave, Notre-Dame non era così importante. E per la quale soprattutto l’Europa non sarebbe andata in fiamme con quella chiesa (bestialità gigantesca), ma sarebbe invece annegata con le migliaia di migranti respinti dall’Unione europea.
Non ho bisogno di dire quanto concordi con quest’ultima, singola affermazione. Ogni idea di Europa muore coi migranti che l’Europa, e ora l’Italia, respinge e fa perire: una tragedia che assomiglia sempre di più a quella dell’Olocausto, e per la quale la nostra generazione sarà trascinata in giudizio di fronte al tribunale della storia.
Tuttavia, non riesco a capire perché non si possa al tempo stesso dire che la sincera comunanza con cui milioni di europei hanno seguito affranti la notte di fuoco a Notre-Dame è un punto da cui ripartire. Ed è qui che entra in scena l’idea del patrimonio culturale. Un’idea che cresce lentamente in Italia lungo duemila anni di storia culturale, e poi germoglia proprio in Francia, nel cuore della Rivoluzione.
Quando, dal 1794, si chiude la fase vandalica e si ri-semantizza il patrimonio del re e della Chiesa consacrandolo come il patrimonio della nazione. Un patrimonio da allora in poi culturale: non votato alla legittimazione del potere del re, o alla religione. Ma alla costruzione della cittadinanza attraverso conoscenza e cultura, al servizio degli ideali laici di libertà, eguaglianza, fraternità. Notre-Dame non viene abbattuta, e passerà poi in proprietà dello Stato: è un monumento non solo religioso, ma anche civile e politico.
Appartiene a tutti i francesi: cattolici, musulmani, ebrei, di ogni fede o atei o agnostici. E anzi a tutti gli europei. E a tutta l’umanità. È il punto: è nel patrimonio culturale -come nella scuola, nella cultura tutta- che si diventa faticosamente umani. Ed è solo una ritrovata, ricostruita umanità degli europei che potrà permetterci di aprire gli occhi sull’olocausto dei migranti. Per questo l’Europa che piange Notre-Dame fuori da ogni delirio identitario è l’Europa che permette ancora di sperare. Un’Europa diversa da quella delle banche e dei governi: un’Europa umana.
Tomaso Montanari è professore ordinario presso l’Università per stranieri di Siena. Da marzo 2017 è presidente di Libertà e Giustizia.
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