Opinioni
Emergenza? Per la democrazia
La risposta del governo francese agli attentati di Parigi ricorda il Patriot Act Usa dopo l’11 settembre. Misura “temporanea permanente”, cha cambiato profondamente gli Stati Uniti e i Paesi alleati
Il solenne discorso pronunciato da Francois Hollande (nella foto) domenica 15 novembre, davanti al parlamento riunito a Versailles, potrebbe rivelarsi il punto d’avvio di una fase nuova delle democrazie europee.
Il presidente francese, a poche ore di distanza dagli attentati parigini attuati dai miliziani dello Stato Islamico, si è calato nei panni del “comandante in capo”, sembrando George W. Bush più che Charles De Gaulle. Ha promesso guerra senza quartiere (coi bombardieri già in azione in Siria) e annunciato misure straordinarie per la sicurezza interna, una sorta di Patriot Act alla francese. Hollande ha chiesto di prolungare fino a tre mesi lo stato d’emergenza e di cambiare la costituzione per recepire i contenuti di una famigerata legge del 1955, emanata nel pieno della guerra d’Algeria e bocciata in passato dal Consiglio costituzionale.
Hollande ha detto che occorre una limitazione oggi delle garanzie per recuperare domani le libertà dello stato di diritto. La pretesa di cambiare la carta fondamentale, per adeguarla alla guerra allo Stato Islamico, fa però pensare a un cambio di status permanente. Stiamo parlando di misure che riguardano l’estensione dei poteri di polizia ed esercito, la facoltà di limitare le libertà di movimento e d’associazione o di espellere e privare della cittadinanza persone non gradite o sospette e così via. Il tutto da parte del Paese europeo che è stato la culla dei diritti umani e in un continente reduce da un’estate drammatica, con chilometri e chilometri di fili spinati stesi alle frontiere per impedire il passaggio di profughi in fuga dal Vicino Oriente in fiamme.
Rischia di ripetersi, 14 anni dopo e con un oceano in mezzo, la vicenda dell’11 settembre 2001. Il Patriot Act di George W. Bush non è stato affatto temporaneo, e ha diramato semmai i suoi effetti nel profondo della società statunitense e nei Paesi alleati. Gli Usa si considerano tuttora in guerra contro il terrorismo internazionale e in base a ciò giustificano, ad esempio, la politica degli omicidi mirati, condanne a morte di “nemici combattenti” designati come tali dal presidente e liquidati per la via breve. Al “radicale” Bush è succeduto il “moderato” Barack Obama, ma Guantanamo è ancora un pezzo di non-diritto nell’enclave cubana, la tortura continua ad essere uno strumento a disposizione delle forze armate e abbiamo scoperto che i servizi di intelligence tenevano sotto controllo -in modo illegittimo- milioni di persone (anche all’estero). L’emergenza contro il terrore è divenuta uno stile di governo.
L’Europa si appresta a seguire la stessa linea? Hollande ha fatto il primo passo, mentre gli altri leader europei, nei giorni seguenti il discorso di Versailles, hanno fatto voto di prudenza, smorzando quindi la portata delle scelte compiute all’Eliseo. Va detto però che i vari Merkel, Renzi, Cameron e via elencando, guidano Paesi che non hanno subito attentati e non sono nemmeno assillati da elezioni imminenti, sulle quali aleggiano i simboli minacciosi della destra oltranzista e nazionalista. Quando le elezioni saranno più vicine, la tentazione di alzare i toni sul piano della sicurezza sarà via via più forte: vedremo a quel punto se i leader oggi prudenti resisteranno alla sirena che li invoglierà a governare con l’emergenza. Intanto il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha garantito che le spese per la sicurezza resteranno fuori dai parametri di spesa e di indebitamento.
Le istituzioni democratiche sono vulnerabili. Già la cosiddetta crisi economica si è rivelata essere in realtà una forma di gestione del potere, con strumenti ed effetti ormai ben chiari: in nome della crisi del debito e della recessione, si taglia la spesa pubblica, si riducono i diritti sociali, si concentrano i poteri in poche mani e si lascia campo libero alla finanza.
Le socialdemocrazie hanno ceduto all’ideologia dell’avversario e la dottrina neoliberale ha conquistato un’egemonia incontrastata. Qualcosa di simile può avvenire con la lotta al terrorismo: emergenza temporanea a parole, post democrazia nei fatti. —
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