Ambiente / Attualità
Perché le auto Volkswagen col trucco possono ancora circolare
Sono passati nove mesi dallo scoppio dello “scandalo emissioni” della casa automobilistica tedesca, sulle cui vetture dispositivi ad hoc erano in grado di alterare i test sugli scarichi. Nonostante le scuse e gli impegni, le misure intraprese per ridurre i danni sono assenti. Come i ministeri di tutta Europa, salvo il fondo sovrano norvegese che ha annunciato a metà maggio di voler far causa alla compagnia
“Diesel non è più una parola sporca”: di questo slogan pubblicitario la casa automobilistica Volkswagen sarà chiamata a rispondere in giudizio, dopo la citazione per “pubblicità ingannevole” presentata a fine marzo 2016 dalla Federal trade commission (Ftc) degli Stati Uniti. L’esposto Ftc si fonda sullo “scandalo emissioni” scoppiato nel settembre 2015 grazie alle analisi dell’americana Environmental Protection Agency (EPA). Alcuni dispositivi software installati sulle auto -e “opportunamente” non dichiarati- erano in grado di falsare i test dei veicoli a gasolio della multinazionale tedesca, occultando così emissioni di ossido di azoto fino a 40 volte superiori ai limiti legali. Solo in Europa, le auto interessate sfioravano quota 11 milioni di unità. In Italia il “caso Volkswagen” pare essersi inabissato.
Lo dimostra anche il motore di ricerca del portale del competente ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit, www.mit.gov.it). “Volkswagen” conduce a un solo risultato, datato 15 ottobre 2015. E dall’ufficio stampa fanno sapere che lì si trova “tutto il materiale sulla questione”.
È un quadro incerto che l’avvocato del Movimento consumatori Corrado Pinna conosce bene. Per conto dell’associazione, infatti, tutela i clienti di VW. “Ci siamo mossi su due fronti: uno collettivo e uno individuale. Abbiamo inviato una serie di diffide legali sia alla casa produttrice madre (anche di Audi e Porsche) sia a Volkswagen Group Italia Spa, che è importatore e distributore sul territorio nazionale”. Dopodiché? “Volkswagen ha ritenuto che le contestazioni non fossero fondate. Successivamente ci siamo fermati, visto che nel frattempo si era aperto un tavolo di ‘dialogo’ in seno al Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU) proprio con Volkswagen”. L’obiettivo del tavolo, come spiega Pinna, era trovare un accordo su una “piattaforma di proposte condivise per rendere trasparente il percorso da qui in avanti nei confronti degli automobilisti”. Al centro erano stati posti soprattutto i richiami e gli interventi manutentivi (software e hardware) sui veicoli 1.2, 2.0 e 1.6 TDI. All’ultima riunione tra CNCU e Volkswagen del 22 gennaio scorso, però, le “informazioni utili ai consumatori” fornite dall’ad dell’azienda italiana, Massimo Nordio, sono state ritenute “non esaustive”.
Non solo: come già aveva promesso a livello europeo, la multinazionale si era impegnata a richiamare e sistemare la cilindrata 1.6 entro il primo quadrimestre 2016. L’avvocato Pinna ricostruisce una storia diversa. “Il cronoprogramma che la stessa Volkswagen aveva proposto non risulta rispettato, tanto che in seno al CNCU le associazioni si stanno interrogando sull’opportunità di prendere posizione, avviando iniziative di gruppo, fino all’idea estrema di un boicottaggio, un’ipotesi che vorremmo però scongiurare”.
Nessuno dei 100 consumatori di cui Pinna sta supervisionando i fascicoli sono stati convocati da VW. È un numero irrisorio se confrontato al fenomeno che l’avvocato suggerisce però di leggere con attenzione: “Non c’è una movimentazione importante dei singoli perché probabilmente in tanti avranno ricevuto dall’azienda la lettera di ‘presa in carico del problema’. Ma la motivazione principale è che nessun ministero in Europa ha finora negato la circolazione a questi veicoli. Quindi, a livello pratico, la vita dei consumatori non è cambiata, penso al rischio multe ad esempio. A meno che questi fossero sensibili all’aspetto ambientalista”. Tanti o pochi, sarà difficile misurarli sul totale, visto che l’incertezza grava anche sul numero dei veicoli ufficialmente coinvolti: “non sappiamo nemmeno di quante macchine stiamo parlando, nonostante richieste ufficiali al ministero delle Infrastrutture”, conferma Pinna.
Nel frattempo, a Napoli, l’Istituto motori del CNR sta mettendo a punto il protocollo di prova in laboratorio e su strada in grado di valutare emissioni e consumi dei veicoli prima e dopo gli interventi VW. Una sorta di cartina tornasole cui stanno lavorando tre persone, coordinate dall’ingegner Maria Vittoria Prati. Su indicazione del Mit -che commissiona e paga ogni singola prova- stanno testando auto che Volkswagen non sono. Non è dato sapere se anche a carico di auto non VW siano emerse alterazioni, ma la riflessione di Prati è indicativa: “Da anni la ricerca sul settore dimostra che il comportamento degli autoveicoli su strada è diverso da quello del ciclo di omologazione sui rulli di laboratorio”. Resta il nodo delle auto “alterate” cui non è stata negata la circolazione: “Da un punto di vista di sicurezza non c’è alcun problema”, riflette Prati. E per le emissioni? “Questa domanda andrebbe rivolta al ministero”.
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