Ambiente / Attualità
I danni e le minacce all’ambiente in 30 aree dell’Italia. La fotografia dell’Ispra
Dalle discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania alla centrale a carbone Tirreno Power in Liguria. Sono solo alcuni dei casi di grave danno o minaccia ambientale accertati in Italia tra 2017-2018 dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in un rapporto ad hoc. Un resoconto delle istruttorie aperte essenziale per le eventuali procedure di riconoscimento del danno
Le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, Malagrotta e Anagni nel Lazio, Bellolampo in Sicilia, la centrale a carbone Tirreno Power in Liguria e l’interramento di fanghi a Rende in Calabria. Sono solo alcuni dei 30 casi di grave danno o minaccia ambientale accertati in Italia nel biennio 2017-2018 dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
I casi accertati sono distribuiti su 12 Regioni. Rispettivamente: cinque in Sicilia e Lazio; tre in Lombardia, Veneto e Campania; due in Piemonte, Liguria, Toscana e Puglia; uno in Calabria, Basilicata e Friuli Venezia Giulia. Per la prima volta in Italia, l’Ispra ha fornito un resoconto nazionale delle istruttorie, ossia le indagini di valutazione tecnico-scientifiche, aperte nel biennio 2017-2018 su incarico del ministero dell’Ambiente. Un presupposto essenziale per le eventuali successive procedure legali di riconoscimento del danno e della riparazione.
A 30 anni dall’entrata in vigore della prima legge italiana sul danno ambientale (legge 349/1986), e a oltre 10 anni dalla riforma del codice dell’ambiente che ha recepito la direttiva europea 2004/35, il report Ispra vuole dunque fare luce sul danno ambientale in Italia, e fornire ulteriori informazioni utili a stabilire quali soluzioni, giudiziarie e amministrative, siano più efficaci e veloci a riparare i danni.
Dei 30 casi, 18 situazioni critiche sono veri e propri danni ambientali già verificati mentre 12 sono minacce di danno ambientale. Con il primo si intende un deterioramento significativo e misurabile, provocato dall’uomo ai suoli, alle specie, agli habitat e alle aree protette, alle acque superficiali (fiumi, laghi, mare) e sotterranee. La minaccia invece è il rischio che si verifichi in un futuro prossimo un danno. Dei 30 nuovi casi accertati, 22 sono procedimenti giudiziari, penali e civili, e 8 casi extra giudiziari, iter iniziati sulla base di iniziative portate avanti dai territori, al di fuori del contesto giudiziario. In dieci di questi casi il Ministero dell’Ambiente si è costituito parte civile.
L’acqua è la risorsa naturale maggiormente compromessa. In particolare, le acque sotterranee sono state coinvolte nel 32% dei casi. A seguire, le acque superficiali di laghi e fiumi nel 23% dei casi e i terreni con il 19%. Sono gli impianti industriali e gli impianti di gestione dei rifiuti che rappresentano le fonti principali di inquinamento. La maggior parte dei reati contestati sia del 2017 e sia del 2018, si riferisce ad attività legate alla gestione di rifiuti, di scarichi idrici, all’emissione in atmosfera di inquinanti, alla bonifica di siti contaminati e alle autorizzazioni integrate ambientali (Aia). Il 60% dei reati delle istruttorie del 2017 e circa il 54% dei reati delle istruttorie del 2018 rientrano in queste categorie.
Sono dieci i casi accertati e ormai chiusi. Fra questi i più noti sono la discarica per rifiuti urbani di Malagrotta nel Comune di Roma, responsabile di irregolarità strutturali e gestionali nello smaltimento dei rifiuti e di aver diffuso percolato verso l’esterno della discarica; la discarica abusiva a Marotta, nel Comune di Casal di Principe (Caserta), gestita dall’organizzazione criminale del clan dei Casalesi e utilizzata anche per il deposito di rifiuti speciali residui dell’attività edilizia; e il caso della centrale elettrica della Tirreno Power di Vado Ligure e Quiliano accusata di disastro ambientale doloso e responsabile dell’emissione di inquinanti in atmosfera.
Quelli accertati non sono gli unici casi di danno ambientale presenti sul territorio nazionale: sono infatti esclusi da questo report i danni ambientali avviati in periodi precedenti al 2017 e che sono tuttora in corso (Pieve Vergonte, Bussi sul Tirino, Giugliano, Castelvolturno, Taranto, ecc.) e altre situazioni critiche dal punto di vista ambientale, come ad esempio i siti contaminati.
L’indagine Ispra comprende solo casi del biennio 2017-2018 perché nel 2017 è stato istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (Snpa). Si tratta del nuovo punto di riferimento per la valutazione del danno ambientale in Italia, formato dall’Ispra e dalle Agenzie regionali di protezione dell’ambiente (Arpa). In due anni il ministero dell’Ambiente ha segnalato 240 casi all’Istituto che ha aperto 161 istruttorie.
L’Italia ha una media di casi denunciati più elevata rispetto a quello di qualsiasi altro Paese europeo. La Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (29), seguita da Campania (20), Lombardia (14) e Puglia (13). Le indagini effettuate dall’Ispra riguardano 39 procedimenti giudiziari, penali e civili, 18 extra-giudiziari e 104 istruttorie per casi penali in fase preliminare dell’accertamento del danno. Per quanto riguarda i procedimenti penali, molto spesso con i danni ambientali vengono contestati anche i reati ambientali, i cosiddetti “ecoreati” introdotti con la legge 68 del 2015.
I reati di danno e gli ecoreati previsti dal codice penale rappresentano, complessivamente, il 27% dei reati contestati nelle istruttorie del 2017 (rispettivamente 22,4% per i primi, 4,6% i secondi) ed il 28% nelle istruttorie del 2018 (13,6% e 14,4%). Pur mantenendosi la percentuale totale dei reati di danno e degli ecoreati, cambia la distribuzione: diminuisce la percentuale dei reati tradizionali (di danno) e aumenta quella dei reati di recente introduzione. Secondo l’Ispra il numero di ecoreati contestati è destinato ad aumentare negli anni.
© riproduzione riservata