Ambiente
Da casello a casello
In Italia, ogni 12 chilometri di autostrada c’è un’uscita, che consuma suolo e gestisce in modo inefficiente i flussi di traffico. In vista del prossimo fine settimana, con le code agli svincoli e alle barriere d’ingresso delle grandi città, vi spieghiamo che l’alternativa esiste, anche se in Italia -dove il sistema di "esazione" è monopolio di Telepass, di Autostrade per l’Italia spa- non viene utilizzato —
Il nuovo casello autostradale di Villesse ha (ben) 12 piste. Sono tante, per un Comune di meno di 1.800 abitanti, ma Autovie Venete, la società che ha in gestione la nuova A34, la Villesse-Gorizia, spiega che questa è una porta d’Europa, l’unico collegamento diretto tra l’Italia e la Slovenia. Il periodico on line Qui Autovie (www.quiautovie.autovie.it), però, aggiunge un altro elemento: “Il nuovo casello è stato spostato, rispetto al precedente, per migliorare la viabilità anche in funzione del nuovo centro commerciale in fase di costruzione a Villesse, la realtà più grande del Nordest: novantamila metri quadrati di superficie con 170 negozi, un cinema multisala, un enorme ipermercato e 4 mila e 200 posti auto, il cui bacino di utenza potenziale è stimato in 1 milione e 300 mila clienti”. Era l’agosto del 2012 e il corsivo è nostro, mentre il centro commerciale Tiare, un nuovo format di Inter Ikea Centre Group –www.tiareshopping.com-, che contiene un negozio Ikea e molto altro, è stato nel frattempo inaugurato. Altreconomia ha chiesto maggiori informazioni ad Autovie, e la società ha specificato che quel casello, cioè quello di Villesse, è stato costruito più grande non per il traffico in transito ma per quello indotto dal centro commerciale, aggiungendo anche che per questo il privato ha firmato una convenzione con il concessionario, che in questo caso è il Commissario delegato per l’emergenza in A4, nella tratta Quarto D’Altino-Trieste e nel raccordo Villesse-Gorizia, facendosi carico di coprire il costo di realizzazione di 2 o 3 porte (per una spea complessiva di circa un milione di euro). Ikea, cioè, si è pagata lo svincolo, e anche se un casello rientra sempre nel piano di sviluppo industriale della concessionaria, condiviso con l’ente concedente, che oggi è il ministero, il dimensionamento -e il relativo costo ambientale, in termini di aree occupate dall’infrastruttura- dipende e discende da un interesse privato.
Quello friulano è solo un esempio, ma da Nord a Sud, da Ovest ad Est, l’Italia è pervasa dalla (vecchia) logica del casello: nel 2012 e nel 2013, secondo Aiscat -l’Associazione italiana delle società concessionarie di autostrade e trafori, www.aiscat.it– ne sono stati inaugurati 10 (l’elenco è a pagina 34). Secondo le statistiche Aiscat, dal 2002 al 2012 il numero dei caselli, che si chiamano correttamente “stazioni di esazione”, è passato da 456 a 485; nel 2012, uno ogni 11,8 chilometri di autostrada.
La distanza media tra gli svincoli s’è ridotta, in dieci anni, di mezzo chilometro, ed è destinata a contrarsi ancora se verranno realizzati tutti i nuovi caselli. Che sono in progetto nonostante il traffico sulla rete sia diminuito dell’1,7% nel 2013. Uno è quello di Tagliata di Fossano, in provincia di Cuneo, lungo l’autostrada A6 Torino-Savona: verrebbe realizzato in mezzo alle due uscite già esistenti a Marene e a Fossano (in località Bene Vagienna), distanti 14 chilometri l’una dall’altra. Il colpo d’occhio di Google Maps, posizionando il cursore su “Tagliata, CN”, è una tavolozza di sfumature tra il verde e il marrone: lì dove verrà collocato lo svincolo -almeno secondo la mappa allegata a una comunicazione del 20 gennaio indirizzata a vari soggetti dalla Direzione trasporti, infrastrutture, mobilità e logistica della Regione Piemonte- oggi ci sono dei terreni coltivati. In tutto, potrebbe occupare tra gli 8 e i 10 ettari di suoli fertili, e per questo agricoltori di Tagliata, insieme a rappresentanti del movimento “Stop al consumo di territorio” e del forum “Salviamo il paesaggio” il 18 maggio scorso hanno manifestato nel centro storico di Fossano. L’A6 è gestita da SIAS, la società che “detiene” le concesioni autostradali di ASTM, la holding quotata in Borsa del gruppo Gavio. Ad Ae la società spiega che il progetto del casello di Tagliata era già inserito nella concessione autostradale quando la Torino-Savona è stata rilevata, nel 2012, dal precedente gestore, Autostrade per l’Italia.
Quattordici chilometri -la distanza tra i due svincoli già esistenti lungo l’A6- è anche la distanza, lungo l’A14 Bologna-Taranto, tra i caselli di Trani e Molfetta. Sono localizzati -rispettivamente- a 638,1 e a 652,4 chilometri da Bologna, e in mezzo -al chilometro 645,8- potrebbe essere realizzato il nuovo casello di Bisceglie. Ha una storia esemplare, perché a volerlo è, più di chiunque altro, l’amministrazione comunale della città pugliese, in provincia di Barletta-Andria-Trani. Il sindaco Francesco Carlo Spina, nel 2006, invia ad Autostrade per l’Italia, al ministero delle Infrastrutture, a quello dei Trasporti e all’ANAS una lettera che ha come oggetto: “Istanza realizzazione casello autostradale”. Nel testo fa riferimento a una comunità che “sta vivendo un’esaltante fase di rilancio sia di sviluppo strutturale sia di vocazione turistica”, cui si aggiunge “l’ulteriore intensificarsi degli scambi commerciali conseguenti ad una fiorente attività manifatturiera che spazia dalla pesca, all’agricoltura e al comparto tessile”, segnalando che “tali circostante rendono evidente l’esigenza oggettiva ed indifferibile di assistere alla realizzazione del casello sutostradale in questo comprensorio”, con l’obiettivo di proiettare ed integrare Bisceglie “nel sistema viario e infrastrutturale nazionale e internazionale”.
Ae ha attraversato l’area che dovrebbe “ospitare” lo svincolo, che è coperta da olivi e ciliegieti, un tempo fiore all’occhiello dell’economia agricola biscegliese. “Se fosse costruito, il casello immetterebbe in una strada di campagna, via Ruvo, certamente non in grado di sostenere il presunto massiccio traffico veicolare proveniente dall’autostrada -spiegano Davide Di Tullio e Peppo Ruggieri, dell’associazione Bisceglie Vecchia Extramoenia, www.bisceglievex.it-. Presumibilmente ciò potrebbe spingere ad un futuro allargamento di via Ruvo, e dunque altro cemento. Si aggiunga poi che la città di Bisceglie è servita già da una statale a scorrimento veloce, con quattro comode corsie e ben cinque uscite su un’arteria senza pedaggio: non si comprende, perciò, l’utilità di questa spesa”. Infatti l’investimento per la realizzazione del casello -indicato in circa 15 milioni di euro nel progetto preliminare redatto da Autostrade per l’Italia nel 2009- sarebbe a carico degli “enti proponenti”, e in particolare del Comune di Bisceglie e della Provincia di Barletta-Andria-Trani. Spina -che è tuttora sindaco di Bisceglie- in una successiva lettera del 2008 “rappresentava” ad ANAS e Autostrade per l’Italia “l’impegno dell’amministrazione comunale di Bisceglie a sostenere anche eventuali spese gestionali del casello, normalmente di competenza del gestore”, segnalando la “straordinaria opportunità di realizzare, a costo zero per i realizzatori, un’opera infrastrutturale”. Più avanti, lo stesso Spina chiederà invece il finanziamento di una quota parte dell’investimento, per circa 5 milioni di euro. Anche se l’intervento non ha ancora superato la fase progettuale non è stata cancellata: ne resta “traccia” all’interno del Sistema delle infrastrutture del Piano urbanistico generale (PUG) della Città di Bisceglie, in discussione, mentre il progetto preliminare evidenzia che la realizzazione di quest’intervento comporterà l’occupazione di oltre 12 ettari, di cui dieci ettari di oliveti da espropriare.
Sempre lungo l’A14, intanto, dovrebbe “spuntare” un altro casello, quello di Pesaro Sud, opera “complementare” nell’ambito dell’allargamento alla terza corsia del tratto marchigiano della Bologna-Taranto.
Un’altra lettrice, invece, nel 2012 ha segnalato ad Ae il rischio dell’apertura di uno svincolo lunga l’A12 Genova-Livorno, e precisamente a Beverino, nel territorio della Provincia della Spezia, a pochi chilometri da un’uscita già esistente a Brugnato, sempre in Val di Vara. Nel corso di una conferenza stampa del 2011, il sindaco del Comune di Beverino Andrea Costa è seduto accanto all’allora presidente della Commissione lavori pubblici del Senato, che si mette “a disposizione per il completamento dell’opera”. È Luigi Grillo, arrestato ad inizio maggio nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano su Expo 2015.
Il video è disponibile sul sito del comitato Beverino liberi dal casello (beverinoliberidalcasello.blogspot.it).
La libertà dai caselli è l’oggetto sociale di Kapsch TrafficCom, azienda austriaca specializzata in soluzioni per la gestione del traffico. In particolare, Kapsch è tra i soggetti che hanno sviluppato “sistemi di esazione” basati sul modello Multi-Lane Free-Flow (MLFF), un’infrastruttura leggera, simile a quella che oggi in Italia viene utilizzata per il sistema “tutor”, posizionata sull’autostrada, che prenderebbe il posto dei caselli, che -come abbiamo visto- occupano ettari ai margini delle carreggiate. Funziona così: vengono installate sui portali antenne DSRC, capaci di comunicare con dispositivi di bordo posti sul cruscotto dei veicoli, e telecamere (che leggono le targhe). I dati raccolti vengono inviati a un sistema informatico centrale che calcola i pedaggi sommando le sezioni attraversate e gestisce la fatturazione. Il calcolo e l’addebito del pedaggio (su carta di credito, conto corrente o addirittura su una unità di bordo prepagata) è completamente automatizzato.
Il presidente della filiale italiana di Kapsch è il professor Paolo Rondo-Brovetto, che insegna Management pubblico all’Università di Klagenfurt: “Il modello di esazione presente oggi in Italia -spiega-, quello definito check-in check-out, non permette al concessionario nemmeno di sapere se un auto, una volta che si è immessa in autostrada ha preso direzione Nord o Sud, Est o Ovest. Questo può provocare problemi di gestione del traffico, ad esempio, e fa sì che il pedaggiamento sia virtuale”, cioè che al momento dell’esazione non sia “tracciato” il percorso dell’auto dal casello d’ingresso a quello d’uscita. Le unità di bordo hanno funzionalità enormi, che potrebbero contrbuire a quello che Kapsch definisce “un uso efficiente dell’infrastruttura”, anche attraverso politiche tariffarie che -in linea con la Direttiva 2004/52/CE- prevedono la possibilità di applicare prezzi differenziati. Ad esempio, racconta Rondo-Brovetto “è possibile far pagare di più a seconda della classe di inquinamento del veicolo, del peso del veicolo (che incide in modo diverso rispetto al costo di manutenzione dell’infrastruttura). Oppure, è possibile definire pedaggi chilometrici differenti “a seconda dell’ora del giorno e del giorno della settimana in cui un veicolo transita sull’autostrada -aggiunge il presidente di Kapsch Italia-. Ciò potrebbe consentire un trasferimento parziale del traffico dagli orari in cui c’è molta domanda, dalle 7.30 alle 9 del mattino ad esempio, ad altri in cui la domanda è più bassa. Questo sarebbe anche un provvedimento di carattere ambientale, perché se io uso l’autostrada durante tutte le 24 ore avrò bisogno di meno corsie, non avrò la necessità di allargare le infrastrutture esistenti”. A questo punto, lo svincolo diventa (semplicemente) una rampa che immette sulla viabilità ordinaria, senza bisogno di piazzali né di stazioni di esazione.
Nei sistemi Multi-Lane Free-Flow, conclude Rondo-Brovetto, “il pedaggio viene trasferito direttamente dall’utente al concessionario, senza alcun intermediario”.
Oggi, invece, tutti coloro che in Italia pagano il pedaggio usando un Telepass stanno trasferendo denaro ad Autostrade per l’Italia, che è anche il principale concessionario della rete autostradale italiana -2.964,7 chilometri su 5.714,5-, e fa capo ad Atlantia, a sua volta controllata da Sintonia, holding della famiglia Benetton.
Autostrade per l’Italia è anche l’azionista di Telepass spa. Quest’ultima nel corso del 2013 ha “intermediato” pagamenti per 4,46 miliardi di euro. Soldi transitati sui conti della società dei Benetton prima di essere ripartiti agli altri concessionari, secondo tempistiche regolate da contratti di cui questi soggetti preferiscono non parlare. È il potere del monopolio. —
L’articolo trentotto
A dicembre 2013 il “trentotto” è stato sospeso: non è un tram né un autobus, ma l’articolo numero 38 del Piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC) della Regione Veneto, che trasformava in “aree strategiche di rilevante interesse pubblico ai fini della mobilità regionale” tutte le aree “afferenti ai caselli autostradali” e “agli accessi alle superstrade” per “un raggio di 2 chilometri dalla barriera stradale”. La pianificazione urbanistica di queste zone, pertanto, avrebbe dovuto avvenire “sulla base di appositi progetti strategici regionali”. Secondo i comitati veneti che hanno promosso una petizione “contro il 38”, coordinati da “L’Abc, laboratorio civico” di Romano d’Ezzelino, in provincia di Vicenza (labc-laboratoriocivico.it), la pericolosità della norma si misurava “sia in termini di danno al territorio che di autorità, intesa nell’esauturazione dei poteri conferiti in delega” alla Regione. Avevano provato ad approvare lo stesso anche in Regione Lombardia, che nel 2012 immaginava di poter promuovere misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione (anche) stabilendo che “le concessioni delle infrastrutture… possono riguardare anche interventi di carattere insediativo e territoriale… al servizio degli utenti delle infrastrutture medesime ovvero a servizio delle funzioni e delle attività del territorio, i cui margini operativi di gestione possono contribuire all’abbattimento del costo dell’esposizione finanziaria dell’iniziativa complessiva”. Non è passata: sarebbe stato un regalo a chi costruisce Pedemontana, BreBeMi e Tangenziale Est esterna di Milano.
Il Telepass è in utile
Ventuno milioni di italiani, nel 2013, hanno percorso almeno un chilometro su un’autostrada a pedaggio. Tra questi, oltre 8,16 milioni possiedono un Telepass o una Viacard, cioè pagano il pedaggio senza fermarsi al casello. Ciò comporta un risparmio di tempo -l’esazione con Telepass “dura” 4 secondi, contro i 20 circa della cassa automatica-, ma cA Villomporta un costo annuale, cioè il riconoscimento di un canone a Telepass spa, società controllata da Autostrade per l’Italia. In tutto, nel 2013, la società ha incassato per questo oltre 125 milioni di euro, cui vanno aggiunti circa 7,8 milioni di “commissione attive”, che sono un fee garantito da Autostrade per l’Italia per aver intermediato pedaggi per oltre 4,5 miliardi di euro. Il bilancio 2013 di Telepass spa -che si è chiuso con un fatturato complessivo di 132,9 milioni di euro- ha registro utili per 52,7, che l’assemblea dei soci ha deciso di distribuire come dividendi. Una rendita di posizione: tutti gli investimenti registrati nel corso dell’anno -per 13,4 milioni di euro in totale- riguardano l’acquisto di nuovi apparati Telepass da “affittare” agli utenti e di apparati software per la gestione del pagamento.