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Ambiente / Attualità

“Città 30 subito”, la campagna per città più sicure per tutti gli utenti deboli della strada

© Fiab

Velocità, mancata precedenza ai pedoni e guida distratta sono le principali cause degli incidenti in ambito urbano. Ripensare la mobilità riducendo la velocità a 30 chilometri all’ora è la strategia più efficace. Domenica 26 febbraio il primo appuntamento dell’iniziativa: migliaia di attivisti formeranno “strisce pedonali umane”

Da Milano a Torino, da Bologna a Roma passando per Napoli, Firenze e Perugia migliaia di attivisti si sono dati appuntamento per domenica 26 febbraio nelle rispettive città per il flashmob “strisce pedonali umane”. Una mobilitazione che ricalca iniziative analoghe organizzate nei mesi scorsi a Milano e Napoli in cui centinaia di persone si sono schierate a protezione delle corsie ciclabili formando una catena umana per impedire la sosta o il transito di veicoli a motore. “Giovedì 10 novembre 2022 più di 400 persone si sono ritrovate alle sette di mattina in viale Monza. Quell’iniziativa ha avuto molto successo anche mediatico e siamo stati contattati da altre città che hanno voluto replicarla -racconta Tommaso Goisis, attivista di Sai che puoi-. C’è un filo rosso che collega quella giornata all’iniziativa di domenica e che si allarga a tutta Italia con un unico obiettivo: rendere le città più sicure per tutti gli utenti deboli della strada”.

Le “strisce pedonali umane” segnano l’avvio della campagna #citta30subito promossa da Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab), Legambiente, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, Amodo e Clean Cities Campaign. In corrispondenza di tantissimi attraversamenti pedonali delle diverse città che hanno aderito all’iniziativa verrà organizzato un pacifico passaggio umano di persone e biciclette per chiedere un cambio di passo nelle politiche della mobilità e informare le persone sui vantaggi del modello Città 30.

Benefici che sono illustrati in un dettagliato vademecum redatto dagli esperti delle associazioni e messo a disposizione delle amministrazioni pubbliche. Il primo (e forse più importante) riguarda la sicurezza: “Il 55% delle morti nelle nostre città è dovuto a sole tre cause: eccesso di velocità, mancata precedenza ai pedoni sugli attraversamenti e guida distratta” si legge nel documento che, di conseguenza, sottolinea l’importanza di intervenire proprio sulle strade urbane dove si verifica il 73% degli incidenti e il 44% delle vittime. Intervenire su questi tre fattori è prioritario per ridurre la mortalità: “In caso di investimento di un utente vulnerabile, se la velocità è pari a 30 chilometri all’ora la mortalità e residuale (meno del 10% dei casi). Al contrario, se avviene a oltre 50 chilometri orari ha una probabilità di accadimento di oltre il 50%”. Una velocità più bassa permette inoltre di ridurre lo spazio di frenata (13 metri se si viaggia a 30 all’ora, 28 metri per chi viaggia a 50 all’ora) e di ampliare l’angolo di visuale del conducente, vantaggio che permette di individuare più tempestivamente un ostacolo improvviso.

Secondo le organizzazioni il percorso per ridurre il numero di morti sulle strade e migliorare la vivibilità delle città non può prescindere dall’adozione di una legge quadro nazionale (sul modello di quella spagnola) che indichi in modo chiaro la direzione comune da seguire, agevolando il cambiamento e supportando le amministrazioni locali di ogni colore. “L’obiettivo principale della Città 30 non è vietare l’uso dell’automobile, ma evitare di usarla in modo pericoloso -spiega ad Altreconomia Edoardo Galatola, responsabile sicurezza del Centro studi Fiab-. Per farlo occorre ribaltare la logica con cui si progetta la mobilità urbana: oggi lo standard sono i 50 chilometri orari con alcune ‘riserve indiane’ in cui la velocità si abbassa a 20 o 30 chilometri all’ora. Questi provvedimenti portano benefici localizzati, ma non impattano sulla città nel suo complesso. Per questo occorre passare a una situazione in cui la norma sono i 30 chilometri orari e le velocità più elevate sono consentite solo lungo alcuni assi di scorrimento. In termini di aumento della sicurezza nessun intervento di miglioramento può portare gli stessi benefici”.

La Città 30, insomma, non è una semplice “somma” di zone a velocità ridotta. Serve quindi una progettazione organica che non si limiti rifare la segnaletica: per costringere le auto a rallentare sono necessari interventi infrastrutturali (restringimenti di carreggiata, interventi sulla disposizione dei parcheggi per creare delle chicane, innalzamenti della sede stradale in corrispondenza degli attraversamenti pedonali), controlli e attività di comunicazione per promuovere forme di mobilità alternativa. “Nelle diverse città europee che hanno applicato la filosofia della Città 30 è stato messo in atto un vero e proprio ripensamento delle strade per mettere le automobili nelle condizioni di non superare quel limite -spiega Claudio Magliulo, referente di Clean Cities Campaign-. Ad esempio, all’ingresso dei quartieri in cui la soglia è di 30 o persino 20 chilometri all’ora c’è un rialzo della sede stradale, cambia il fondo, ci sono restringimenti: se sei al volante ti rendi immediatamente conto di essere entrato in un ambiente in cui sei un ‘ospite’, uno dei tanti utenti della strada”.

Nonostante le molte esperienze di successo all’estero, anche in Paesi simili all’Italia come Francia e Spagna, il dibattito sulle Città 30 e la moderazione della velocità in ambito urbano si basa spesso su posizioni molto ideologiche. “Per questo abbiamo ritenuto importante contribuire al dibattito mettendo a disposizione dati scientifici, oltre alle esperienze di quelle città europee che da tempo hanno abbassato la velocità in ambito urbano”, sottolinea Galatola. La proposta avanzata dalle associazioni per la mobilità sostenibile trova inoltre supporto in una risoluzione del Parlamento europeo approvata quasi all’unanimità nell’ottobre 2021 che ha proposto l’introduzione del limite a 30 all’ora in tutte le città europee dove siano presenti zone residenziali ed elevato numero di ciclisti e pedoni.

I benefici della Città 30 non comprendono solo il calo dell’incidentalità e -di conseguenza- quella del numero delle vittime della strada, ma anche la riduzione dei costi sociali degli incidenti che, in base ai dati forniti da Istat, Aci e dai ministeri interessati, ammontano a circa 14,6 miliardi di euro per il 2021, di cui 9,15 a carico delle strade urbane. Dimezzare il numero degli incidenti, sottolinea il vademecum, permetterebbe di risparmiare 4,6 miliardi di euro l’anno. A questi costi bisogna poi aggiungere quelli ambientali e sociali: “Una ricerca di un centro studi indipendente ha quantificato il 1.535 euro all’anno il costo dell’inquinamento pro-capite, in termini di esternalità, causato dal trasporto motorizzato nei 27 Paesi dell’Unione europea e del Regno Unito”.

Inoltre, all’interno di un ambiente urbano in cui le automobili sono costrette a viaggiare più velocemente diventano più appetibili, perché più efficaci e più sicuri, altri mezzi di trasporto: dagli autobus alle biciclette, fino ai monopattini e alle altre forme di micro-mobilità. Nella città francese di Lille il numero dei ciclisti è aumentato del 50% da quando, nel 2019, ha introdotto il limite a 30 chilometri orari. Parallelamente, una riduzione del traffico motorizzato permette anche di ridurre le emissioni di gas climalteranti e di polveri sottili come è successo a Bilbao dove, da settembre 2020, gli ossidi di azoto e di PM10 sono calati del 10%.

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