Armi e affari a mo’ d’intreccio – Ae 38
Numero 38, aprile 2003Una società di investimenti con sede a Washington e interessi in tutto il mondo. Un esempio di come, nella finanza internazionale, soldi e potere vanno a braccetto. Soprattutto se si tratta di DifesaIl Carlyle Group è una…
Numero 38, aprile 2003
Una società di investimenti con sede a Washington e interessi in tutto il mondo. Un esempio di come, nella finanza internazionale, soldi e potere vanno a braccetto. Soprattutto se si tratta di Difesa
Il Carlyle Group è una macchina per fare soldi. Non importa con cosa, le sue attività spaziano dalle telecomunicazioni all'energia, dai trasporti alle operazioni immobiliari. E uno dei settori forti è quello aerospaziale e della difesa. Cioè armi.
Carlyle è un nome poco noto al grande pubblico, ma è un'azienda da conoscere meglio. E da monitorare. Se non altro perché i suoi interessi nel nostro Paese stanno crescendo.
Sono stati i pacifisti di Reggio Emilia ad attirare l'attenzione su questo colosso della finanza statunitense, occupando, a fine marzo, Palazzo Busetti, edificio del '600 che Carlyle ha acquistato di recente. I pacifisti appartengono a sigle diverse, riunite all'ombra della Tenda per la pace (che trovate in piazza Vittoria a Reggio Emilia). Hanno approfittato dell'occupazione per aprire alla cittadinanza le sale di Palazzo Busetti e per avviare una raccolta di firme contro la guerra, che chiede, tra l'altro, l'intervento del Comune perché all'interno dell'edificio storico venga realizzato un centro permanente per la pace, i dirtti umani e per l'accoglienza dei profughi di tutte le guerre.
Palazzo Busetti fa parte di un pacchetto di 36 immobili messi in vendita dal ministero dell'Economia (vi ricordate la cartolarizzazione del ministro Giulio Tremonti sugli immobili degli enti previdenziali? Ne abbiamo parlato su AE n. 26): 290 mila metri quadrati che Carlyle ha acquistato per 230 milioni di euro. Fate due conti: gli edifici sono costati a Carlyle una media di 800 euro (scarsi) al metro quadro. Bel colpo davvero, come affare, se si considera quanto costano oggi gli immobili ai prezzi di mercato.
Gli edifici si trovano a Milano, Roma, Bari, Genova, Napoli e Reggio Emilia. Il futuro delle proprietà è scritto: saranno rivenduti, probabilmente come uffici o immobili commerciali, e a prezzi molto più elevati. Lo conferma Guido Audagna, l'uomo di Carlyle che, da Milano, si è occupato della transazione: “Inizieremo programmi di rinnovamento sul 60% delle proprietà per creare delle strutture attrattive e moderne per nuovi e attuali inquilini. Un altro 30% verrà messo in vendita direttamente, mentre il restante 10% sarà venduto nel giro di pochi anni”.
Finora gli interessi di Carlyle in Italia erano limitati al controllo di Riello (quella delle caldaie) e a Tecnoforge, azienda che produce raccordi di grandi dimensioni usati nei settori gas, petrolio, petrolchimico, acqua ed energia.
Oggi, invece, oltre all'acquisto dei 36 immobili dal Ministero (che la stessa Carlyle definisce come “il più grande investimento immobliare singolo” finora realizzato) la società statunitense ha lanciato un'offerta per l'aquisto, con Finmeccanica, di Fiat Avio (ancora: aerospazio e difesa). E il Financial Times ha rivelato che l'azienda starebbe trattando con Mediobanca l'avvio di un fondo da un miliardo di euro.
Ma gli interessi di Carlyle nel mondo sono molto più ampi. La società viene fondata a New York nel 1987 da quattro investitori che nel progetto mettono, di tasca propria, 5 milioni di dollari. Tra di loro, nomi poco noti come David Rubenstein, che aveva già lavorato alla Casa Bianca durante la presidenza Carter, e Dan D'Aniello che arrivava dalla catena alberghiera Marriott.
Carlyle oggi è una società di investimenti con sede in Pennsylvania Avenue a Washington, a metà strada tra la Casa Bianca e la sede del Congresso. Un particolare non da poco, come vedremo. Il suo mestiere, ridotto all'osso, è quello di comprare e vendere, utilizzando denari altrui. Per farlo sviluppa fondi in cui gli investitori depositano il denaro. Oggi Carlyle conta 14 miliardi di dollari impegnati in 23 fondi e 550 investitori sparsi in 55 Paesi. Con questi soldi, Carlyle compra e vende aziende (il 66% degli investimenti) ma investe anche in capitali di rischio (9%), alto rendimento (16%) e nel settore immobiliare (9%).
Conoscere Carlyle consente di vedere come politica, economia e guerra, a volte, siano strettamente intrecciate. Per l'interesse di pochi.
Carlyle per i primi due anni di vita opera senza una vera strategia e investe in particolare nei settori alberghiero e della ristorazione. Le cose cambiano -radicalmente- quando l'azienda capisce che, per fare soldi, bisogna sistemare le persone giuste al posto giusto. La svolta si chiama Frank Carlucci, che entra in Carlyle nel 1989 come amministratore delegato (per diventare, con gli anni, presidente della società).
Quello di Carlucci non è un nome qualsiasi. Tra gli ultimi incarichi prima di arrivare alla Carlyle conviene ricordarne alcuni: direttore della Cia, segretario della Difesa e assistente del presidente Reagan per gli Affari della sicurezza nazionale. Dopo Carlucci arrivano James A. Baker III, ex-Segretario di Stato, George Bush padre (a cui vengono affidati gli affari in Asia) e l'ex primo ministro britannico John Major, che diventa il responsabile per le operazioni in Europa. Lo stesso Bush figlio, nel 1990, lavorava per una controllata di Carlyle, la Caterair International Inc.
Personaggi con i contatti giusti e ben inseriti nel mondo politico.
L'attività della società prende quota e inizia ad attirare investitori, che vanno dal finanziere George Soros alla famiglia saudita Bin Laden. Questi in particolare, verranno “silurati” per questioni di convenienza. Dopo l'11 settembre solleva clamore la notizia che mentre un Bush (il padre) faceva affari con i Bin Laden, un altro Bush (il figlio) scatenava una guerra planetaria contro Osama il terrorista.
Nei primi anni di vita il gruppo si lancia soprattutto sulla Difesa, settore che Carlucci conosce fin troppo bene. Qui finisce il 60% degli investimenti (mentre oggi il settore è sceso a circa il 10%). Ecco una delle ragioni -la principale a ben vedere- che ha portato all'occupazione di Palazzo Busetti da parte dei pacifisti emiliani.
Emblematico dello “stile Carlyle” negli affari è il caso della United Defense, acquisito dal gruppo nel 1997. L'azienda bellica lavora già da tre anni al “Crusader”, un sistema di artiglieria spacciato come rivoluzionario. Ma criticato in realtà da un gruppo di lavoro del Pentagono perché troppo pesante, difficile da gestire. In altre parole, poco utile ai fini militari Usa.
Nonostante tutto il Pentagono non cancella l'ordine da oltre 11 miliardi di dollari, ma si limita a ridurlo: da 1.100 “Crusader” ne mette in bilancio 480 (per il 2003), per una spesa di 5 miliardi di dollari. La persona giusta al posto giusto? Sempre Frank Carlucci, che dai tempi dell'università conosce (e frequenta) l'attuale Segretario della Difesa Donald Rumsfeld. Carlucci ha sempre affermato di non aver mai nominato la parola “Crusader” in presenza di Rumsfeld.
Però, nota l'autorevole rivista americana Fortune, “non può certo far male se al Pentagono tutti sanno che sei un buon amico del Segretario della Difesa”.!!pagebreak!!
Industria leader (di morte)
La United Defense è un'industria di morte. O, come si definisce, un'azienda leader “nella progettazione, sviluppo e produzione di veicoli da combattimento, artiglieria, munizioni navali, lanciamissili e munizioni di precisione”. I suoi clienti: il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e “alleati in tutto il mondo”.
Il “Crusader” di cui parliamo nel pezzo è un sistema di artiglieria (di cui vedete un elemento nell'immagine a fianco) in grado di sparare 10-12 proiettili da 155 millimetri al minuto, a una distanza di oltre 40 chilometri. Ogni sistema costa 11,2 milioni di dollari.
La United Defense è nata nel 1994 dalla fusione di altre due aziende belliche, la Fmc e la Harsco, per far fronte alla riduzione delle spese mlitari in seguito alla fine della Guerra fredda. Nel 1997 il Carlyle Group ha acquistato la United Defense per 850 milioni di dollari e da allora gli obiettivi sono stati “ridurre il debito e sviluppare nuovi affari”. È del 2001 la decisione di trasformare l'azienda in una public company, quotandola in Borsa, cosa avvenuta alla fine di quell'anno (ma la Carlyle continua a detenere la maggioranza delle azioni). Nel 2002 la famiglia della United Defense si è allargata con l'acquisto della United States Marine Repair, la più grande azienda per la riparazione e modernizzazione di navi non-nucleari.
Direttore della Cia e uomo di affari
La vita di Frank Carlucci (nella foto) è strettamente connessa alla politica degli Stati Uniti. Incarichi importanti furono già, negli anni '50 e '60, come diplomatico presso l'ambasciata del Congo e in Brasile. Il ritorno negli States è alla fine degli anni '60, quando Carlucci entra a far parte dell'amministrazione Nixon. Qui lavora in diversi uffici (dalle Opportunità economiche al Bilancio) finchè, tra il 1972 e il 1974 non ricopre l'incarico di sottosegretario alla Salute, Educazione e Welfare. È in questo periodo che lavora con Caspar Weinberger e Donald Rumsfeld (che conosce dai tempi dell'Università di Princeton). Tutti e tre, in periodi diversi, diventeranno Segretari della Difesa. La carriera di Carlucci continua nel campo diplomatico: dal 1975 al 1978 è ambasciatore in Portogallo. Alla Cia (il servizio segreto americano) arriva, come direttore, con il presidente Jimmy Carter, tra il 1978 e il 1981, mentre e tra l'81 e l'83 è vice-Segretario alla Difesa con Reagan. Segretario della Difesa, infine, nel 1987, due anni prima di passare alla Carlyle.