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Ambiente / Opinioni

Alla spesa ambientale vanno le briciole

© Freepick, aleksandarlittlewolf

Per ogni euro investito a difesa del suolo, 44 vanno alle strade. Una sproporzione che ci allontana da una vera transizione ecologica. La rubrica di Paolo Pileri

Tratto da Altreconomia 268 — Marzo 2024

Le competenze tra ministeri, Regioni e Comuni sono un rebus per tutti. Però dal 2015 il bilancio di questi ultimi segue uno schema armonizzato per “missioni”: le voci di spesa sono uguali per tutti e i dati in materia vengono sistematizzati da Istat. Finalmente ci si capisce di più. Attenzione, però: se l’autonomia differenziata cancellerà questa faticosa conquista di omogeneità e trasparenza tornerà nebbia fitta e saranno dolori.

Concentriamoci sugli impegni di spesa corrente annui dei Comuni relativi a “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente” (Missione 9) che include voci come difesa del suolo, rifiuti, tutela, valorizzazione e recupero ambientale, servizio idrico integrato, aree protette, parchi naturali, protezione naturalistica e forestazione, tutela e valorizzazione delle risorse idriche, sviluppo sostenibile del territorio montano e dei piccoli Comuni, qualità dell’aria e riduzione dell’inquinamento.

Mi rendo conto che l’argomento sia ostico, parziale e zeppo di cifre (sempre medie annue relativamente a 2017, 2019 e 2021) ma è necessario: mi appello a tenacia e buona volontà dei lettori. Anche per me è stata dura.
L’impegno di spesa corrente media per la Missione 9 ammonta a 12,1 miliardi annui ed è la seconda voce dopo la Missione 1 (“Servizi istituzionali, generali e di gestione”, ovvero stipendi e costo della macchina comunale: 15,2 miliardi).

Attenzione però, perché sotto la voce “sostenibilità” c’è quella per i rifiuti che si porta via ben 10 miliardi all’anno (83%). Il misero resto (17%) deve coprire le restanti voci elencate sopra, cruciali per clima, ecologia e sostenibilità. Riuscirci con meno di due miliardi all’anno per 7.896 Comuni fa capire subito che stiamo spendendo in sostenibilità quattro briciole: troppo poco. Ridicolo. Alla voce “difesa del suolo” gli impegni di spesa corrente sono stati mediamente di 68 milioni l’anno (lo 0,6% della Missione 9), 891 milioni per la tutela ambientale (7,4%), 187 milioni per le aree protette (1,5%), 20,7 milioni per la qualità dell’aria (0,17%).

Per ogni euro impegnato dai Comuni per la difesa del suolo (prevenzione) se ne impegnano 4,7 per sistemare i disastri delle calamità (generate dalla mancanza di prevenzione)

Mi chiedo allora: quanto vale l’impegno di spesa corrente per la difesa del suolo rispetto alle altre voci? Risposta: per ogni euro destinato a questa voce, se ne impegnano 13 per allestire seggi elettorali e tenere in ordine l’anagrafe, 37 per i segretari comunali e i loro uffici, 6,2 per sviluppo e valorizzazione del turismo (anche quello insostenibile), 44 per le strade (tre miliardi all’anno). Musica simile per le aree protette: per ogni euro impegnato, 16 vanno alle strade.

Con queste sproporzioni non basta neppure il telescopio di Margherita Hack tanta è la distanza dalla transizione ecologica. Ma la cosa più dolorosa, sbagliata e insostenibile è che si impegnano più soldi dopo le calamità naturali che prima: per ogni euro per la difesa del suolo se ne impegnano 2,1 per gli interventi successivi e 2,6 per la protezione civile comunale. Se li sommiamo tra loro vediamo che si spende 4,7 volte meno per la prevenzione rispetto al post calamità.

Siamo completamente fuori rotta. Mi pare che questi sbilanciamenti di spesa e queste briciole per la spesa corrente ambientale debbano essere corretti altrimenti andiamo all’inferno. Dopodiché, torno a dire: siamo sicuri di sbriciolare la spesa ambientale ed ecologica in poco meno di ottomila Comuni? È efficace affidare in tal modo una parte (l’altra a Regioni e Stato) di una sfida unitaria come quella climatica?

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)

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