Economia / Opinioni
Il prezzo della nuova Autostrade per l’Italia
I passaggi dell’operazione Aspi sono ancora da chiarire ma alcuni profili problematici per la parte pubblica già emergono. Dal valore delle azioni della società -che potrebbe ridursi drasticamente, con un danno non banale per Cassa depositi e prestiti- all’indennizzo per gli stessi Benetton. L’analisi di Alessandro Volpi
Sulla complessa vicenda di Autostrade per l’Italia, ad oggi, sembrano chiare quattro cose.
La prima è rappresentata dall’accordo su una significativa riduzione del peso della famiglia Benetton, attraverso la propria cassaforte Edizione, in Atlantia, e quindi in Autostrade: si ipotizza che la partecipazione finale possa ridursi a meno del 10%, ma, come vedremo, si tratta ancora solo di un’ipotesi appunto.
La seconda è costituita dall’impegno di Cassa depositi e prestiti di trasformare il proprio credito nei confronti di Atlantia “in capitale” a cui dovrebbe -ed è bene sottolineare il condizionale- far seguito la sottoscrizione di un aumento di capitale della stessa Atlantia.
La terza è la rinuncia da parte del governo alla revoca della concessione, a cui non corrisponde, almeno per ora, la rinuncia da parte di Atlantia a fare ricorso in sede giudiziaria.
La quarta, immediata, è la convocazione per il 27 luglio, quindi prima dell’inaugurazione formale del ponte di Genova, di un Consiglio di amministrazione di Autostrade che segni l’inizio dell’operazione di trasformazione societaria.
Al di là di questi quattro aspetti, il resto è un percorso molto tortuoso, davvero solo abbozzato, lungo il quale si pongono molte incognite, tutt’altro che semplici da risolvere. Proviamo ad elencarne alcune.
Innanzitutto occorre dare un valore ad Autostrade per procedere ai passaggi successivi e tale valore dipende dalla revisione formale della concessione in grado di fissare le nuove tariffe e quindi rendere possibile il calcolo della remunerazione degli investimenti. Si tratta di una stima molto difficile viste le turbolenze a cui è stato e continua ad essere sottoposto il titolo; una stima dunque che ha bisogno di tempo e ancor più di chiarezza politica. Solo una volta definito il prezzo, sarà possibile l’avvio dell’aumento di capitale a cui dovrà partecipare Cassa depositi e prestiti che appesantirà ulteriormente il proprio impegno “pubblico”.
Ma contemporaneamente all’aumento di capitale dedicato, Atlantia dovrebbe cedere le proprie quote in Autostrade ad altri soggetti, “graditi” a Cassa Depositi e Prestiti; soggetti ad oggi da trovare, la cui partecipazione dipenderà ovviamente dall’appeal, non semplice, dell’operazione.
Come reagiranno a questa operazione gli altri soci di Autostrade, a partire da Allianz e la cinese Silk Road? Quando poi saranno avvenuti l’aumento di capitale e la “diluizione” di Atlantia, si dovrebbe procedere alla separazione di Autostrade per l’Italia che verrà quotata in Borsa. Anche su questo punto le incognite sono molte; in particolare quale sarà la posizione della Fondazione CRT, presente attualmente in Atlantia e in Cassa depositi e prestiti? E come reagirà il mercato?
Il rischio vero, in tale ottica, è che in questa successione di passaggi il valore delle azioni si riduca drasticamente con un danno non banale per Cassa depositi e prestiti e dunque per la parte pubblica. Pesa poi sul già ricordato appeal della nuova società Autostrade, dominata dal player Cdp, il nodo degli eventuali risarcimenti stabiliti dal processo di Genova per il crollo del ponte, che sono stati stimati intorno ai 3,4 miliardi di euro.
È evidente che qualsiasi investitore vorrà essere fatto salvo, in maniera formalmente inattaccabile, da questo rischio, così come vorrebbe avere garanzie della definitiva rinuncia da parte di Benetton ad aprire un contenzioso. Proprio sul ruolo dei Benetton insiste un’ulteriore questione. L’accordo notturno elaborato dal governo prevede che né l’aumento di capitale né le cessioni azionarie a cui si faceva riferimento possano tradursi in dividendi per la famiglia Benetton; un impegno a cui si vorrebbe dare una durata temporale biennale. E dopo? Da questo punto di vista, l’impressione è che, nella sostanza, la complessa operazione, tutta da costruire, contempli, di fatto, un indennizzo agli stessi Benetton che passa attraverso le cessioni azionarie e gli aumenti di capitale. In questo senso, siamo davvero molto lontani dalle originarie minacce di revoca.
© riproduzione riservata