Sport / Attualità
Donne in cordata alla conquista delle vette e contro i pregiudizi
Ancora oggi l’alpinismo viene spesso percepito come un’attività prevalentemente maschile. Dall’Europa all’America Latina crescono i gruppi al femminile che promuovono un modo diverso di vivere la montagna
“Non diteci ‘brave’. Vorremmo uomini che sappiano mettersi non su un piano superiore a noi, ma al nostro fianco. Che vogliano legarsi in cordata con noi non solo per condurre, ma per condividere”. Uno degli ultimi articoli del blog di alpinismo femminile 4810mdiblablabla.wordpress.com ha riaperto uno storico dibattito sulla parità di genere in montagna. Il gruppo “4810m di blablabla” è stato fondato da sei trentenni nel 2014, racconta Mariana Zantedeschi, laureata in Storia contemporanea. “Stavo iniziando a scalare e volevo approfondire l’arrampicata in montagna e un’altra ragazza, Anna, mi ha proposto di farlo insieme: avevo trovato la prima compagna di cordata”, racconta, ricordando la sensazione di non sentirsi del tutto soddisfatta quando andava in montagna con ragazzi che, essendo già più esperti, conducevano da soli la cordata. Ma poco tempo dopo, in un’altra occasione tra sole ragazze -Mariana, Anna e Francesca- “abbiamo avuto la possibilità di fare tutto da sole”.
Un’esperienza che Mariana ricorda ancora con tanta emozione: “Eravamo euforiche per aver vissuto quell’avventura interamente, sulla nostra pelle: ci aveva lasciato un senso di completezza”. E sul viaggio di ritorno hanno pensato che questa sensazione così bella andava raccontata: è nato così il blog. “Il nostro primo obiettivo è far sapere alle ragazze più giovani che possono fare alpinismo senza paura. Ci rivolgiamo alle ragazze perché desideriamo che le nuove generazioni non crescano con l’idea che l’alpinismo sia solo un’attività maschile: questo è il pregiudizio con cui è cresciuta anche la maggior parte di noi -osserva Mariana-. Altre ragazze, invece, hanno avuto la fortuna di essere cresciute in contesti dove non si facevano differenze di genere nella scelta delle attività”.
Ma se è (ancora) rara una cordata femminile, anche tenere un blog di alpinismo femminile è insolito. Uno strumento scelto accuratamente, per lasciare il giusto spazio al racconto. Proprio Mariana, che di lavoro ha fatto anche la social media manager, spiega, “ho sempre voluto tenere la nostra esperienza lontana dalle leggi del marketing, perché non sia assoggettata a regole altrui o che non esprimono quello che il nostro gruppo desidera comunicare”. Il ritmo della montagna, d’altronde, è molto diverso da quello dei social: “Può essere che un’avventura in montagna non capiti per mesi, perché non puoi andare o per il maltempo, e infatti ci sono dei periodi in cui non pubblichiamo nulla. Il nostro silenzio esprime esattamente il letargo della nostra attività alpinistica”.
Quando possibile, i racconti sul blog sono lavorati a più mani, mettendo insieme i vissuti di ciascuna in una scrittura corale, che è anche un modo per analizzare le esperienze vissute e rielaborarle insieme. “Le donne hanno bisogno di confrontarsi tra loro per poter esprimere tutte le loro potenzialità”, dice Mariana. In molti interagiscono con il blog, e spesso capita che chi scrive al gruppo diventi poi una compagna, o un compagno, di cordata: “Siamo un gruppo diffuso, talvolta scaliamo insieme e una volta all’anno ci incontriamo tutte”. Ma il blog è diventato nel tempo anche un mezzo per approfondire il dialogo sulle tematiche di genere “con i nostri amici alpinisti”, come li chiama Mariana, convinta che si debba collaborare per arrivare a dei miglioramenti sulla parità di genere.
“Eravamo euforiche per aver vissuto quell’avventura interamente sulla nostra pelle: ci aveva lasciato un senso di completezza” – Mariana
Anche le spagnole “Montañeras Adebán” (che si potrebbe tradurre con “Alpiniste andiamo avanti”) vanno in montagna con questo approccio, condividendo l’esperienza con degli scalatori. Nate nel febbraio 2018 a Jaca, sui Pirenei, sono il primo gruppo di alpiniste dell’Aragona, nella Spagna nord orientale. “La partecipazione femminile nel mondo dell’alpinismo era davvero scarsa e quasi tutti i gruppi sportivi di montagna dell’Aragona sono presieduti da uomini -spiega Astrid Garcia, avvocatessa di Saragozza-. Per questo abbiamo deciso di aprire un gruppo di alpinismo femminile, per tutelare il diritto delle donne di accedere a questo sport che le appassiona”. Astrid, che è in partenza per i Pirenei aragonesi, sottolinea come l’attività in montagna sia anche un’occasione unica di socializzazione tra le donne e che nel loro gruppo si è sviluppata una forte solidarietà e coesione. Oggi il gruppo comprende 185 donne e 35 uomini: “Non vogliamo escludere nessuno -dice-. La gestione del nostro gruppo è femminile, ma tutti possono partecipare, a partire dall’idea che coltivando le nostre passioni possiamo cambiare il mondo”.
“Montañeras Adebán” ha aderito alla Dichiarazione di Brighton sulle donne e lo sport (1994), condivisa da 439 organizzazioni del mondo, e aggiornato nel 2014 a Helsinki includendo le raccomandazioni della sesta conferenza mondiale IGW sulle donne e lo sport, sulla base del motto: “Guidare il cambiamento, essere il cambiamento”. Per le alpiniste aragonesi, la Dichiarazione è uno strumento che guida le attività del gruppo, tese a “rafforzare le donne in tutti i settori dell’attività alpinistica, dalla partecipazione alla gestione, per trovare una risposta alle nostre esigenze”, e condiviso con la Federación Aragonesa de Montañismo, che rappresenta oltre 100 club di montagna della Regione, di cui anche “Montañeras Adebán” fa parte.
La passione e la volontà di riscatto muove anche i passi delle “Cholitas Escaladoras de Bolivia”, un gruppo di donne scalatrici, in molti casi mogli di guide alpine, cuoche d’alta montagna o portatrici delle borse dei turisti. Si riconoscono per le tradizionali gonne colorate, le polleras, che indossano anche per scalare. “Per andare in città abbiamo dovuto indossare i pantaloni, per non essere discriminate”, ha raccontato Ana Lía (Lita) Gonzales, 34 anni, al quotidiano argentino “La Nación”. Le gonne infatti, sono usate nelle campagne e sugli altopiani: “Per questo mia nonna mi diceva di indossare i pantaloni e andare in città. Ma io vado sempre in montagna con una gonna, sento che mi dà forza e mi ricorda mia nonna che ha sempre voluto che credessi in me stessa”. Sotto, indossano pantaloni termici e sopra giacche e piumini, per ripararsi dal freddo delle alture.
“Nel 2015, undici cholitas hanno scalato l’Huayna Potosí, 6.088 metri sul livello del mare. Nessuno prima credeva che ce l’avrebbero fatta”, racconta Carlos Mamani, guida alpina e presidente dell’Asociación Andina de Promotores de Turismo y Aventura en Montaña (AAPTAM). Oggi il gruppo è formato da 16 scalatrici tra i 20 e i 50 anni, e continua a raggiungere alte vette. “All’inizio le donne affrontavano la scalata come una sfida. Ma poi non si sono più fermate e sono diventate un esempio per donne di altri paesi, delle motivatrici per le donne che desiderano scalare in libertà”, dice Carlos. Sei di loro hanno scalato la montagna più alta d’America, il Monte Aconcagua, un’avventura che è stata raccontata dal regista Jaime Murciego nel documentario “Cholitas”: immagini che “mostrano al mondo un modo diverso e stimolante di essere donna, di vivere la tradizione, di relazionarsi con madre natura”.
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