Ambiente / Attualità
A Savona si è aperto il processo contro “Tirreno Power”
Una cinquantina di cittadini hanno chiesto di costituirsi parte civile contro la società che ha gestito la centrale di Vado Ligure (SA), che sorge all’interno del centro abitato. I gruppi a carbone vennero sequestrati nel marzo 2014
È iniziato giovedì 31 gennaio a Savona il processo per disastro ambientale e sanitario contro i manager della “Tirreno Power” che gestivano i gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure (SA). “Tirreno Power” è controllata della multinazionale francese Engie e dall’italiana Sorgenia. I gruppi a carbone furono sequestrati l’11 marzo 2014 con una coraggiosa ordinanza del Tribunale di Savona perché funzionavano violando i dettami di legge e rappresentavano una minaccia immanente per la salute della popolazione locale.
L’indagine ebbe inizio nel lontano 2010 in seguito alle denunce di cittadini angosciati per l’impatto sulla salute, in particolare di coloro che vivevano in prossimità della centrale. Questa è infatti un raro esempio in Europa di impianto che sorge letteralmente all’interno di un centro abitato. Sempre nel 2010 il presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Savona, Ugo Trucco, ruppe il silenzio denunciando la minaccia che la centrale rappresentava sulla base dei dati epidemiologici raccolti. Nelle aree di ricadute delle emissioni della centrale il tasso di morbilità per i bambini in termini di malattie cardio-vascolari e respiratorie era superiore di ben il 97% della media nazionale.
Quella della Procura di Savona è stata un’indagine innovativa anche per l’utilizzo di nuove metodologie che hanno correlato i dati ambientali e quelli epidemiologici arrivando nel 2015 alla conclusione che 84 tra manager e amministratori locali, regionali e nazionali erano passibili di accuse non solo di disastro, ma anche di abuso di ufficio e omicidio colposo plurimo di ben 404 persone decedute tra il 2000 ed il 2007 per malattie cardiovascolari e respiratorie connesse all’inquinamento prodotto dalla centrale.
Ma nel 2015 il Procuratore capo di Savona Granero lasciò la Procura per anzianità e le pressioni esterne montarono per prevenire un pesante rinvio a giudizio. Alla fine questo venne chiesto solo per il disastro colposo, e non doloso, commesso dal 2000 al 2014 e sull’omicidio colposo plurimo venne chiesto un supplemento di indagine alla Procura, per poi arrivare recentemente a una archiviazione. Destò ancora più scalpore che il fascicolo sull’abuso di ufficio di tutti gli amministratori pubblici fu stralciato e spostato al Tribunale di Roma, dove poi ci fu l’archiviazione. Alla sbarra sono 26 tra manager e membri del consiglio di amministrazione della “Tirreno Power”, inclusi due direttori francesi della Engie.
Numerose oggi le parti civili in aula: in udienza preliminare già accettate WWF, Legambiente, Greepeace, Medicina Democratica, Anpan e soprattutto Uniti per la Salute, il comitato di cittadini attivissimo sin dal 2007 che ha guidato la lotta per chiudere la centrale. Grazie al loro intervento Engie, preoccupata per il forte rischio di reputazione, nel 2016 forzò la mano e costrinse “Tirreno Power” a chiudere definitivamente i gruppi a carbone. Da cui lo smantellamento a oggi di una delle due ciminiere. Oggi hanno chiesto al tribunale di essere parti civili anche altri gruppi, tra cui Cittadinanza Attiva. Le associazioni hanno anche citato in sede civile “Tirreno Power”, difesa dall’avvocato Paola Severino, ex ministro della giustizia sotto il governo Monti.
Ciò che ha rappresentato una novità è stata la richiesta di 48 persone singole, guidate da Medicina Democratica, di essere anche loro parti civili al processo, perché hanno vissuto nelle aree di maggiore ricaduta delle emissioni della centrale e ciò ha causato stress prolungato e cambiato la loro vita, a prescindere da eventuali patologie mediche sofferte. Rilevante anche la presenza in aula del ministero dell’Ambiente, anch’esso già riconosciuto come parte civile e rappresentato dall’avvocatura dello Stato, che oggi ha presentato finalmente la richiesta di unirsi alle parti civili anche il ministero della salute. Peccato però che in nessuno dei due casi sono state presentate liste di testimoni e di consulenti. Questo è un segnale molto negativo che indebolisce tanto la presenza dei ministeri e fa sorgere la domanda spontanea su questi da che parte stiano in ultima istanza: i cittadini o l’impresa?
Non si sono fatti vedere in aula i rappresentanti dei comuni di Vado, Quiliano e Savona, né della regione Liguria. Meglio tacere di fronte alle vittime che chiedono giustizia per Vado Ligure? Il giudice Francesco Giannone ha aggiornato in maniera sbrigativa l’udienza al 19 marzo.
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