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Lula condannato in Appello. La cronaca dell’udienza
Mentre 70mila persone manifestavano il proprio sostegno all’ex presidente del Brasile, il 24 gennaio la Corte di Porto Alegre composta da tre giudici confermava il verdetto, innalzando la pena a 12 anni per corruzione e riciclaggio. La partita giudiziaria, che rischia di impedire la candidatura alle elezioni d’autunno, non è ancora finita
Luiz Inácio Lula da Silva, l’uomo che ha governato il Brasile per 8 anni e che ha fatto sognare i poveri di questo Paese, mercoledì 24 gennaio ha visto un mare di persone -circa 70 mila- riempire le vie di Porto Alegre per sostenerlo. Era il giorno della “sentenza”. La Corte di appello della città ha confermato il verdetto del luglio 2017 che in prima istanza l’aveva condannato per i crimini di corruzione e riciclaggio di denaro, aumentando peraltro la pena a 12 anni di reclusione. La corte, composta da tre giudici, ha preso la decisione all’unanimità. Non è la parola definitiva. Lula potrà infatti ancora fare ricorso al Supremo tribunale federale (la Corte costituzionale) o al Tribunale supremo di giustizia (la Cassazione).
La manifestazione a sostegno dell’ex presidente Lula a Porto Alegre, durante l’udienza del processo d’appello che l’ha visto imputato (e condannato) per corruzione e riciclaggio
Il caso è collegato all’operazione “Lava Jato”. Iniziata nel 2014, l’inchiesta ha svelato il più grande scandalo di corruzione che abbia mai colpito il Brasile. Nella sentenza di primo grado, il giudice Moro ha sostenuto che l’ex presidente avrebbe occultato la proprietà di un appartamento nella località marittima di Guarujá e che l’immobile stesso sarebbe di fatto stato una tangente da parte della società edile Oas, una delle aziende di costruzioni coinvolte nello “schema” corruttivo che gravitava intorno a Petrobras, la compagnia petrolifera brasiliana.
L’udienza, iniziata alle 8.30 del mattino (11.30 in Italia), si è protratta fino alle 18. Poi è arrivata la sentenza, pronunciata dai giudici João Pedro Gebran Neto, relatore del processo, Leandro Paulsen, revisore e Victor Luiz dos Santos Laus. Gebran Neto, molto vicino al giudice di primo grado Sergio Moro, è stato il primo a parlare. Ci sono volute tre ore per la lettura della sua decisione, un voto scritto in 430 pagine. Ha confermato la condanna, respinto la richiesta di assoluzione fatta dai legali dell’ex presidente e, come detto, aumentato la pena a 12 anni e 1 mese di detenzione (di cui 8 anni e 4 mesi per corruzione passiva e altri 3 anni e 9 mesi per riciclaggio di denaro). Gebran ha ricordato che la pena sarà scontata dopo l’esaurimento di tutti i ricorsi. Inoltre ha dichiarato che “non vi è dubbio che l’appartamento fosse una tangente di OAS per Lula. L’insieme delle prove è sicuro, affermativo, con riscontri che rendono ragionevole che l’appartamento fin dall’inizio fosse riservato a Luiz Inacio Lula da Silva”. “Lo considero un atto di corruzione”, ha detto Gebran Neto, alla fine della lettura del suo voto.
Dopo un’ora di pausa, il secondo a parlare è stato il giudice Leandro Paulsen. Il magistrato ha ricordato le accuse contro di Lula e ha detto che “La legge è per tutti”. E ha aggiunto che “la corruzione commessa da un presidente rende vile l’esercizio dell’autorità”. Paulsen ha parlato per circa un’ora e tre quarti e ha seguito la linea Gebran sull’aumento della condanna. Victor Luiz Santos Laus ha parlato per ultimo. Facendosi una domanda: “Perché qualcuno ristruttura una proprietà se non ne ha interesse?”. Il giudice ha sottolineato che ci sono prove documentali “per chiunque voglia vedere”, oltre alle testimonianze dirette raccolte durante l’indagine. “L’ex presidente ad un certo punto ha perso la strada”, ha affermato Laus, perché Lula avrebbe dovuto “prevenire gli schemi di corruzione” e invece “a un certo punto ha approfittato della situazione”. Condanna confermata, aumento di pena ed eleggibilità alle prossime elezioni presidenziali “in ballo”. Come noto, la legge sulla “Ficha Limpia” (fedina pulita) vieta la candidatura di persone condannate in secondo grado. Come Luiz Inácio Lula da Silva.
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