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Salute / Opinioni

La nuova ideologia dello stato d’immunità

© Mick Haupt - Unsplash

A cinque anni dalla pandemia calano gli investimenti pubblici, specie verso la prevenzione. Si adotta una miope visione securitaria. La rubrica di Nicoletta Dentico

Tratto da Altreconomia 277 — Gennaio 2025

È ormai una tendenza prevalente, a cinque anni dal Covid-19, quella di considerare ogni questione sanitaria in termini di minaccia globale. All’indomani di quell’evento così dirompente sembra di ritrovarsi blindati in uno schema interpretativo di “pandemizzazione” dell’agenda sanitaria tout court. Eppure, non ci stancheremo di ripeterlo, le pandemie non sono fenomeni epidemiologici naturali.

Sono piuttosto il risultato di reazioni scomposte e irresponsabili all’insorgere di un focolaio infettivo (sacrificare l’allerta per non inficiare il commercio, non condividere le informazioni, negare addirittura la gravità dell’evento), di visioni politiche di corto respiro (mancata formazione all’emergenza del personale sanitario, affidamento della sanità ai privati che evitano con cura le emergenze) o ancora di clamorosi fallimenti nella gestione della salute pubblica (desertificazione della sanità territoriale, assenza di pianificazioni adeguate) nel caso di eventi che -ormai con sempre maggiore frequenza- la mettono a dura prova. Questo dato della realtà è emerso con evidenza durante il Covid-19. Eppure, non sembra aver fatto scuola.

Il “Global health expenditure report” del 2024 dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pubblicato a dicembre, illustra un crollo della spesa media pro-capite per la salute dopo il 2021 in tutti i Paesi, indipendentemente dalle fasce di reddito. Già nel 2022, con la pandemia ancora in corso, la spesa sanitaria veniva declassata nelle priorità della politica e degli investimenti rispetto all’anno precedente, mentre 4,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi di assistenza essenziali e due miliardi precipitano in condizioni di povertà per le spese sanitarie.

Ormai un vago ricordo del passato, la pandemia da Covid-19 non ha neppure favorito un riorientamento delle politiche verso la prevenzione primaria e la promozione della salute, la sola scienza medica utile a garantire protezione immunitaria rispetto alle malattie e una maggiore salvaguardia sociale, sia individuale sia collettiva.

È ovvio che si tratta di assumere modelli di sviluppo sostenibili in grado di rimuovere alla radice patologiche strategie di crescita economica in settori che sanitari non sono. C’è un lavoro immenso da fare sui determinanti industriali e commerciali della salute: i sistemi alimentari, le strategie energetiche, la gestione dei beni comuni come le acque e i suoli, la tutela della biodiversità, i modelli produttivi. In Gran Bretagna, il numero di persone con aspettativa di vita sana è in continuo declino dal 2010, con carichi finanziari per il sistema sanitario in prevedibile aumento.La narrazione dell’insostenibilità della spesa sanitaria è un mantra ben affermato in Italia, ma invece di incrementare gli investimenti alla prevenzione primaria -cui oggi è destinato solo il 5% del Fondo sanitario nazionale- si preferisce accrescere l’insolente ingerenza dei soggetti privati in sanità. Per salvare il sistema sanitario e difenderci dalle malattie dovremmo orientare investimenti pubblici verso l’istruzione, un determinante sociale della salute decisiva.

Suo malgrado, la pandemia ha invece aperto la strada alla logica dell’immunità come principio organizzatore su scala globale. È lo stato d’immunità la nuova ideologia che fa avanzare la visione securitaria della salute, la biosorveglianza sempre più pervasiva, in un orizzonte di medicalizzazione sostenuta da forti interessi industriali, non più solo di Big Pharma. I sistemi immunitari, quelli in discussione nelle sedi internazionali, sono sistemi di sicurezza specializzati nella protezione e difesa da invasori invisibili, i patogeni migranti che pretendono di avanzare la loro occupazione dello spazio biologico umano.

I Sapiens intanto restano gli aggressori più pericolosi e i modelli della globalizzazione insostenibile avanzano indisturbati verso la costruzione della società del rischio profetizzata da Ulrich Beck (sociologo e scrittore tedesco, ndr) nel 2009.

Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici senza frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development

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