Ambiente / Opinioni
In questa Giornata mondiale del suolo c’è una parola da recuperare: confidenza
L’antropocentrismo ha ridotto la natura a un servizio: il suolo, che il 5 dicembre festeggia il “suo” giorno, ci interessa se produttivo, altrimenti è abbandonato. L’acqua va tutelata se dobbiamo berla o per irrigare i campi. L’ambiente va bene proteggerlo ma solo se è economicamente vantaggioso farlo. Così ci siamo allontanati dal mistero del suolo e dal suo fascino. Torniamo ad appassionarcene. L’intervento di Paolo Pileri
Perché la Giornata mondiale del suolo del 5 dicembre è importante? Per spiegarlo quest’anno ci aiutiamo attraverso una parola: confidenza. Confidenza è una parola bellissima che abbiamo perso di vista e usiamo raramente. Me l’ha ricordata un colto e gentile poeta versiliese qualche settimana fa, Giuseppe Cordoni, durante una serata dove abbiamo dato voce al suolo.
Per raccontare com’era la Versilia prima dello sfacelo urbanistico e dell’ipersfruttamento delle cave apuane, il poeta ha ricordato a tutti la sua vita di ragazzo di campagna negli anni Cinquanta. Lo ha fatto mostrando e commentando cartoline d’epoca e paesaggi dipinti da artisti locali, fino ad arrivare a una foto in bianco e nero che ritraeva lui, sedicenne, insieme a suo papà e a sei o sette galline.
Una scena semplice. Siamo in una casa di campagna della costa toscana, pareti intonacate e chiare, aia in terra battuta, piante in vaso e un paio di rampicanti su per i muri. In primo piano il giovane Cordoni, accovacciato, che prende tra le mani una gallina guardandola negli occhi, e sorridendole. A fianco, il padre Carlo, con cappello borsalino e camicia a quadri, guarda la scena sorridendo anch’egli. Nel suo complesso la scena emana un’immensa naturalezza.
Ma il poeta ci fa notare che quei gesti, quelle posture, quei sorrisi erano il marchio di fabbrica di una normalità che oggi non ci appartiene più. Per spiegare quella scena il poeta ha usato la parola confidenza. La parola giusta al momento giusto. E vale in pieno per il suolo.
L’etimologia di confidenza ha a che fare con l’avere fiducia o speranza per qualcosa. Una fiducia che non c’entra con l’affidabilità, parola soffocante di questo presente competitivo e performante, ma con un’architettura di valori universali e spontanei ai quali ci affidavamo rinnovando il nostro patto di fiducia con la natura. Una confidenza scontata allora, rara oggi. Una confidenza che faceva sì che le persone di allora sapessero che cosa fossero la terra, il bosco, l’albero, le pietre, il prato, le erbe, gli animali e i loro versi. Oggi quella confidenza l’abbiamo smarrita.
Ce l’ha rubata il tempo moderno, infarcito di capitalismo e di ansia di prestazioni, conformandoci a un’idea di natura strettamente funzionale ai nostri bisogni e alle nostre perversioni. La natura esiste se ci serve, altrimenti è inutile. Il suolo ci interessa se produttivo, altrimenti è abbandonato. Il campo ci interessa se possiamo usarlo per un parcheggio o un impianto fotovoltaico o per un datacenter. L’acqua va tutelata se dobbiamo berla o per irrigare i campi. L’ambiente va bene proteggerlo ma se è economicamente vantaggioso farlo. L’antropocentrismo ha ridotto la natura a un servizio e si è insinuato in ogni piega dei nostri pensieri.
Così noi, pian piano, ci siamo allontanati dal mistero del suolo e dal suo fascino. In una parola, abbiamo perso confidenza. E, inevitabilmente, rispetto. In questa giornata per il suolo, la parola che vi propongo di tenere in prima fila è perciò confidenza. È una parola antidoto alla dissipazione che può aiutarci a tornare a tenere la terra tra le mani per capirne la bellezza e lasciare che ci emozioni.
Anche in questa giornata, sentiremo discorsi anaffettivi sul suolo. E il motivo, se vedete bene, è che spesso scontano un’assenza di confidenza con la terra. Il suolo è vivo e ma dobbiamo appassionarcene. Recuperare confidenza con la terra non significa che da domani ci dobbiamo armare di zappa o andare tutti nell’orto. Siamo in un’altra epoca. Significa tornare a imparare a leggere e riconoscere i mille fili che connettono il suolo alle cose che facciamo ogni giorno, alla pietanza che prepariamo, ai vestiti che indossiamo, ai mobili che abbiamo in casa, al paesaggio che vediamo, all’albero che vive di suolo. Significa semplicemente pensare il suolo per quello che è: suolo, un ecosistema fragile e non rinnovabile. Significa dare voce al suolo, ognuno con le possibilità che ha. Vederlo fuori da noi.
Se fossi presidente per un giorno vorrei esserlo in questa giornata che subito dichiarerei giornata di festa e formazione ecologica nazionale per tutti. Tutti a camminare in città, fuori città, campagna, montagna assieme a guide che svelano con passione che cosa sono i suoli, i boschi, i prati, le siepi, le spiagge, i fiori, i muretti a secco, etc. Che spiegano che tutto si tiene assieme. Una grande guida alla lettura ecologica nazionale per tutti, per riconquistare confidenza con la terra e la natura. Un giorno di festa in cui fermiamo ogni eccitazione consumista chiudendo centri commerciali, sale bingo, poligoni di tiro, autostrade e autogrill, alta velocità, smartphone store, palestre, centri logistici, parlamenti dove discutono condoni e interpretazioni autentiche per il cemento, trasformando il Paese intero in una immensa aula studio all’aperto per leggere la natura, a partire dal suolo ovviamente.
Che meraviglia, che sogno. Ed è di sogni che abbiamo bisogno in queste giornate. Sogni che spingono le nostre azioni più in là delle convenienze e delle mediazioni al ribasso. Sogni che ci distolgono dalla tortura delle convenienze. La confidenza con la natura è un’energia enorme ma non torna per caso. Torna se lo vogliamo. Viva la giornata del suolo.
Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Dalla parte del suolo” (Laterza, 2024)
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