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Ctm e Banca prossima: intervista a Giorgio Dal Fiume, presidente di Altromercato

Ctm altromercato firma una convezione con Banca Prossima, l’istituto di Intesa-Sanpaolo dedicato al non profit. Un’opportunità per le botteghe e un tema di dibattito. Intervista a Giorgio Dal Fiume, presidente di Altromercato Quando sono iniziati i rapporti con Banca Prossima/Intesa…

Ctm altromercato firma una convezione con Banca Prossima, l’istituto di Intesa-Sanpaolo dedicato al non profit. Un’opportunità per le botteghe e un tema di dibattito.
Intervista a Giorgio Dal Fiume, presidente di Altromercato

Quando sono iniziati i rapporti con Banca Prossima/Intesa Sanpaolo?

Nella primavera del 2006 iniziammo a ragionare su come aumentare l’offerta di accesso al credito per i nostri soci. Avevamo già (e abbiamo tuttora) convenzioni su questo versante, ma avevamo notato l’aumento del bisogno di finanziamenti per le botteghe, e pensavamo fosse meglio aggiungere al nostro catalogo un’offerta su scala nazionale.

Il primo incontro avvenne poco dopo, con il laboratorio “Banca e società”, interno a Banca Intesa: ci contattarono loro. All’epoca manifestarono già l’intenzione di creare una banca dedicata al terzo settore, ma che del non profit condividesse anche la “visione”.

Pensammo allora di elaborare una proposta utile per i soci, e sin da subito immaginammo che il sostegno al commercio equo e solidale cui loro miravano dovesse tradursi in finanziamento alle botteghe. Al tempo stesso chiarimmo subito che avremmo posto dei seri vincoli “politici” di responsabilità sociale di impresa.

Nel corso dei mesi seguirono una serie di incontri, dai quali emerse innanzitutto la proposta tecnica: garantire credito per l’apertura di nuove botteghe, per le ristrutturazioni ma anche il finanziamento per problemi di bilancio.

In secondo luogo ragionammo sul coinvolgimento della banca nel commercio equo, ovvero nella promozione dei prodotti verso i dipendenti dell’istituto (oltre 100mila) e nei servizi interni (vending, regalistica). Infine concordammo il coinvolgimento della banca nell’elaborazione di progetti (da presentare a soggetti terzi) per cercare fondi in sostegno dei produttori del Sud del mondo.

La convenzione che è scaturita da questi incontri ha il credito alle botteghe al centro. Ma i servizi che si aggiungono a ciò costituiscono un altro aspetto fondamentale della convenzione, anche se su questo versante l’impegno di Banca Prossima non è quantificato.



Da quando sarà operativa la convenzione?

La convenzione è operativa da metà settembre. E’ stata firmata dal Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa. Banca Prossima sarà la struttura di servizio.



In cosa consiste il ruolo di garanzia del consorzio?

La banca non chiede garanzie alle botteghe che chiedono un finanziamento. Il consorzio garantisce l’8% sull’investimento che la banca concede su base annuale.

Nella pratica, i soci che hanno bisogno  di credito contatta Ctm e il progetto viene vagliato. Per ora ovviamente non è ancora stato fatto alcun finanziamento.



Da cosa nasce l’esigenza di rivolgersi a una banca per avere credito?

Nel maggio 2006 abbiamo presentato il “Piano di economia solidale (Pes), nel quale già si sottolineava un andamento “discontinuo” dei risultati dei soci del consorzio: il momento difficile del commercio equo non è una novità. Ma non si deve pensare che questa sia la “scusa” per giustificare l’accordo con Banca Prossima.

Come consorzio registriamo un aumento del ritardo nei pagamenti, così come aumentano i bilanci delle botteghe dove la sostenibilità non è raggiunta.

In un contesto in cui comunque ci sono botteghe che crescono e si rafforzano, ve ne sono altre in condizioni stagnanti, se non in difficoltà.

Già l’anno scorso è allora emerso un dato: le botteghe sono sottocapitalizzate. Non è una condizione del momento, ma strutturale. E le convenzioni che avevamo non hanno prodotto grandi miglioramenti. C’era un “buco” nel servizio offerto dal consorzio ai suoi soci e con la nuova convenzione abbiamo cercato di coprirlo.

Questo però non deve essere intesa come una crisi generale del commercio equo. I fatti sono che le botteghe fanno fatica a mantenere la crescita degli anni passati e proseguire sulla strada del loro progetto. Specie quelle botteghe che si sono strutturate in imprese vere: alcune hanno difficoltà di accesso al credito, qualche bottega ha bilanci con difficoltà, sono diffusi problemi “di cassa”.

Ancora una volta: non è una sorpresa, non siamo di fronte a una crisi improvvisa né a un fallimento del sistema. Siamo di fronte al passaggio dalla bottega volontaria a quelle che tendono all’imprenditoria. Il mercato si è stabilizzato ed emerge maggiormente il bisogno di finanziamento.



Ci sono dei risultati attesi da questa convenzione?

Molte botteghe hanno bisogno ma non possiamo dire quante faranno un accordo con Banca Prossima. Dipende da molti fattori: alcune ragionano più sul punto di vista tecnico, ovvero le opportunità concesse dalla convenzione, altre dal punto di vista politico. Senza contare che le altre convenzioni sono sempre valide e l’una non esclude l’altra: con Banca Etica, Cgm Finance ed Ethical Banking.

Non abbiamo quantificato i risultati: il nostro obiettivo è stato ed è dare ai soci uno strumento in più. Ma con due elementi distintivi: condizioni diverse e appetibili (prima fra tutte il fatto che non viene chiesta nessuna garanzia) e la valenza in tutta Italia alle stesse condizioni.

Sappiamo bene che in Italia non è lo stesso chiedere un finanziamento a Milano e Reggio Calabria. I tassi variano, anche quelli della finanza etica. Il commercio equo (e tutto il no profit) ha difficoltà a investire nel Sud Italia.

Intesa Sanpaolo ha 5000 sportelli nel Paese, e già una parte dei nostri soci si serve da loro.



Questa convenzione modifica i vostri rapporti con Banca Etica?

Assolutamente no. Banca Etica rimane il nostro punto di riferimento per la finanza etica. Una convenzione con Banca Etica esiste già, ed è l’unica che abbiamo promosso pubblicamente. Il nostro rapporto con Banca Etica prosegue, tanto che abbiamo chiesto di aumentare i certificati di deposito pro commercio equo. La convenzione con Banca Prossima è aggiuntiva agli accordi precedenti, e dà servizi che prima non c’erano.

Su un punto dobbiamo essere espliciti: questo accordo non può essere inteso per mettere in difficoltà Banca Etica. È falso anche sul piano pratico e operativo. Un accordo con Banca Etica c’è, ne abbiamo chiesti altri, le relazioni sono buone (anche alla luce dell’incontro che abbiamo avuto lo scorso 20 settembre) e pensiamo si tradurranno presto in nuovi servizi.

Il nostro accordo con Banca Prossima non è stato pensato per mettere in difficoltà nessuno.

Allo stesso modo, non accreditiamo nessuno, tanto meno Intesa Sanpaolo. Abbiamo chiarissimo il confine che definisce la finanza etica. Noi abbiamo valutato una proposta tecnica che viene dal mondo creditizio. L’abbiamo valutata applicabile al commercio equo, e abbiamo valutato l’azione di Intesa sul vincolo politico che abbiamo posto loro: uscire dalla lista delle banche armate. L’ordine di importanza inizia da quest’ultimo punto.

Abbiamo ritenuto Banca Prossima affidabile su questi tre aspetti, e su questi vigileremo.



L’uscita dalla lista delle “Banche armate” è il vincolo politico che avete posto. Tuttavia sappiamo che la lista non è del tutto affidabile, e che le armi non sono l’unico ambito su cui controllare il comportamento di un a banca

Sulla posizione di Intesa rispetto alle “banche armate” parlano le loro dichiarazioni ufficiali, messe nero su bianco in una circolare interna e pubblicate sul loro sito. Posizione che ci era stata anticipata prima e confermata poi.

Intesa si impegna (con Sanpaolo) a uscire dalla lista, e ha comunica a tutte le proprie strutture la sospensione immediata di nuovi accordi relativi al finanziamento delle armi. Era quello che chiedeva la campagna “banche armate”, che attraverso il suo portavoce (e nostri contatti interni) si è detta soddisfatta. Sappiamo che qualsiasi banca può avere mille attività di cui rendere conto. Ma il punto all’attenzione della società civile italiana era la lista delle banche armate.

Non chiudiamo gli occhi su tutto il resto, ma quanto ottenuto rimane un risultato: portiamo un soggetto centrale dell’economia nazionale a coinvolgersi nel commercio equo. Obiettivo tangibile, da monitorare, coerente con la nostra missione di promuovere la responsabilità sociale d’impresa. Abbiamo aggiunto Intesa tra i soggetti interessati al commercio equo: questo è un punto interessante che mettiamo sul piatto positivo della bilancia.

Una realtà come Ctm, che è impresa sociale, lavora sul mercato per promuovere l’alternativo e contaminare il tradizionale. In questo senso abbiamo agito sul piano finanziario come da sempre ci muoviamo sul piano commerciale.



Fornire uno strumento così “appetibile” non deresponsabilizza le botteghe, spingendole a rivolgersi a Banca Prossima piuttosto che investire in campagne di capitalizzazione o di raccolta di risparmio sociale?

E’ positivo l’impegno personale del gruppo dirigente delle associazioni e delle botteghe, ma l’uso d fideiussioni personali comporta evidenti limiti e problemi. Chi vorrà potrà certamente continuare a firmarne. Soprattutto, non c’è concorrenzialità tra iniziative di azionariato popolare, ovvero le azioni di raccolta di capitale sociale, e la possibilità di ricevere finanziamenti per fare investimenti: il capitale sociale, così come il prestito sociale, infatti non permette di ripianare il bilancio. Ecco quindi che la convenzione con Banca Prossima copre un bisogno senza entrare in concorrenza con le azioni tradizionali.

La convenzione permette di non utilizzare il risparmio sociale come capitale di rischio; e poter accedere una tantum a 65 mila euro non riduce la raccolta di capitale. Anzi: evita di attendere tempi lunghi. Nulla impedisce di farlo dopo. Ma la realtà è che ci sono botteghe che oggi fanno fatica a fare campagne di capitalizzazione, a causa di andamenti economici non positivi.

Non solo: il 30% dei nostri soci sono associazioni, che non possono fare raccolta di risparmio.



Non c’è il rischio di diventare “succubi” delle banche?


Il debito innesca sudditanza con chiunque. Questo strumento, non chiedendo garanzie alle botteghe, e con tassi interessanti, serve proprio a non trovarsi succubi del credito ricevuto. Viviamo su una base di valori e di cambiamento sociale. Ma ci dobbiamo fare carico anche di questioni tipicamente legate all’economia. È una questione quasi tecnica: il commercio equo paga i prodotti prima di venderli. La leva finanziaria quindi per noi è fondamentale.

È un aspetto determinante che per Ctm si aggira in una cifra di fabbisogno finanziario di 13 milioni di euro, coperta al 60% dai soci e al 40% dalla finanza etica e da banche di credito cooperativo. Questo non ci rende succubi delle banche. Al contrario, il sistema serve per essere meno dipendenti dall’economia tradizionale.

Torno a quanto si diceva all’inizio: il nostro sistema aumenta le richieste di credito perché vuole investire, nonostante gli andamenti di mercato. Per le botteghe socie del consorzio Ctm oggi c’è uno strumento in più.



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