Altre Economie
Una patata da salvare
La “Bianca di Como” era praticamente scomparsa. “Reciproco”, un patto tra produttori e consumatori solidali dei Gas brianzoli, la riporterà nei piatti
C’è patata e patata, come ci insegna il Consorzio della Quarantina. Ed è proprio grazie a questa associazione genovese “per la terra e la cultura rurale”, che è riuscita a riattivare un’economia locale attorno all’antica varietà di patata, la Quarantina Bianca, diffusa fino agli anni ‘60 nell’entroterra ligure, che sarà possibile riportare la coltivazione della patata Bianca di Como in Brianza.
Si chiama “tubero seme” quello che i produttori del progetto “Reciproco” hanno ricevuto dal Consorzio. Il brianzolo Reciproco è un “patto” tra produttori e consumatori a tutela della biodiversità agricola, avviato dalla cooperativa Scret e Aiab Lombardia: un patto basato sulla reciprocità -come dice il nome stesso- in un rapporto tra i consumatori attivi, riuniti nei gruppi d’acquisto solidali, e i produttori locali. “Tra gli obiettivi del progetto c’è il recupero di una varietà antica di patata, la Bianca di Oreno, detta anche Biancona, che era diffusa sul nostro territorio prima dell’introduzione della varietà commerciale Kennebec” spiega Giuseppe Vergani, della Retina Gas Brianza. Ma non solo.
Mentre in montagna viene portato avanti il recupero della varietà “dimenticata”, in pianura si sta curando la filiera biologica della patata commerciale, la Kennebec, a partire da un patto tra i 17 gruppi d’acquisto partecipanti (450 famiglie in tutto) e due produttori locali, la società agricola La Fortuna, di Vimercate (Mb), e l’azienda di Giuliano Fumagalli, a Oreno (Mb). “Si tratta di due aziende agricole convenzionali, alle quali abbiamo proposto di partecipare al progetto coltivando le patate della varietà commerciale a biologico, avviando una conversione della loro realtà produttiva -racconta Vergani-. Tra di noi c’è stato un aiuto reciproco: i Gas hanno aiutato i produttori nella preparazione della semina e prenotato il raccolto delle patate in anticipo, assumendoci una parte del rischio, nell’idea che l’agricoltura sia un bene collettivo da tutelare”.
Intanto che in pianura si consolida la rete dei Gas e degli agricoltori, in montagna si reintroduce l’antica patata Bianca di Como, a partire da un piccolo quantitativo ottenuto dal Consorzio della Quarantina. Per due anni i progetti correranno paralleli: in questo arco di tempo si dovrebbe riuscire a spostare la coltivazione dell’antica cultivar in pianura. La patata, infatti, è una produzione ben radicata in queste terre: dal settembre 1968 si svolge a Vimercate la storica Sagra della patata, organizzata ogni due anni dal Circolo culturale Orenese in collaborazione con il Comune, un successo che ha richiamato lo scorso settembre oltre 50mila visitatori. Nel 2007 il Comune di Vimercate ha proposto al comitato promotore della sagra una ricerca sulle origini della coltivazione della patata, per conoscere le varietà tradizionali e mappare quel che era rimasto sul territorio. “Da questa ricerca abbiamo scoperto che dell’antica varietà a pasta bianca non era rimasto alcun esemplare -spiega Niccolò Mapelli, tecnico agroforestale responsabile della ricerca-. È una varietà dalla buccia irregolare, con molto scarto rispetto alle varietà commerciali, perché difficile da sbucciare, sostituita negli anni Cinquanta dalla più produttiva Kennebec, di origine canadese”.
Il ceppo della Bianca di Como è lo stesso della Quarantina Bianca genovese: “Il tubero venne diffuso alla fine dell’800 a partire dal comasco. Gli agricoltori della montagna comasca e lecchese lo scambiavano con i prodotti della pianura brianzola, fino all’Appennino ligure”. Da dove si è ripartiti per cercare questa patata “dimenticata”: Massimo Angelini del Consorzio della Quarantina ne ha ricostruito la storia, e ha fornito 30 chili di “tubero seme” dell’antica cultivar a Giuliano Fumagalli, produttore di Oreno associato al Consorzio. Il Parco della Cavallera ha messo in contatto l’azienda di Giuliano con l’Associazione agricoltori Val San Martino, per poter mettere a dimora i semi nei terreni della Comunità montana Lario Orientale-Vallo di San Martino, a Monte Marenzo (Lc).
“Senza passare per le grandi ditte sementiere che controllano il mercato a scapito della salvaguardia della biodiversità, grazie alla collaborazione con il Consorzio della Quarantina siamo riusciti a riportare sul territorio una coltivazione tipica ormai scomparsa, a partire da un seme ‘auto-riprodotto’, e a recuperare un sapere contadino che rischiava di essere dimenticato”, sottolinea Niccolò. A Monte Marenzo è iniziata la moltiplicazione dei primi 30 chili di “tubero seme”, primo passo per avviare la filiera della patata Bianca di Como: la parte migliore dei 140 chili raccolti alla fine di agosto in montagna verrà usata per la semina del 2011 -da cui si conta di ricavare almeno 600 chili di patate-; solo nel marzo 2012 una parte di questo raccolto sarà “affidata” a quattro aziende agricole di piccole dimensioni (dai 2 ai 4 ettari di terreno) situate in pianura, perché la mettano a dimora per avviare la produzione per il consumo. I tuberi di “scarto” -non adatti alla semina- sono usati in cucina. “Per adesso è una quota simbolica: non abbiamo le quantità per sostituire la varietà commerciale Kennebec, ma abbiamo avviato un percorso -spiega Vergani-. Il nostro obiettivo nel tempo è introdurre la Bianca di Como nella filiera del progetto Reciproco”. Basta fare un piccolo confronto per rendersene conto: ogni anno sono quasi 6mila i quintali prodotti nel vimercatese della varietà commerciale Kennebec -venduta a 0,60 euro al chilo-; l’attuale produzione della Bianca di Como, invece, è di qualche decina di chili, a un costo che va da 0,80 a 1,50 euro al chilo, a seconda della qualità.
La prima semina è stata fatta su poco meno di un ettaro di terreno, ma già nel 2011 si vorrebbero seminare 4 ettari, con la collaborazione dei soci dell’Associazione agricoltori della Val San Martino. “Dietro al lavoro di recupero varietale c’è l’idea che le risorse genetiche in agricoltura debbano essere di tutti -aggiunge Giuseppe De Santis, di Scret-. Recuperando la patata Bianca di Como, quindi, salvaguardiamo un bene collettivo e un modo di vivere la comunità sul territorio, che passa attraverso la critica di un certo modello di sviluppo agricolo e a favore di un’agricoltura che si prenda cura dello spazio pubblico. Inoltre, stiamo tessendo un filo tra la montagna che produce le sementi e la pianura che coltiva per la vendita. Si tratta anche di un percorso pedagogico per i consumatori, che va oltre il contatto diretto con i produttori per scoprirne le difficoltà e provare ad affrontarle insieme, stringendo un patto di tutela reciproca”.
Un chilo di patate Kennebec bio del progetto Reciproco, invece, costa 1,50 euro: “Per noi il prezzo deve riflettere il valore ‘di servizio’ dell’agricoltura, che trascende di molto la mera produzione: racchiude un valore sociale, di tutela del territorio, del paesaggio e della biodiversità. In altre parole: il valore dell’agricoltura contadina non può essere ridotto alla merce patata”, dice De Santis. Con il primo raccolto dello scorso settembre, la resa delle patate Kennebec da agricoltura biologica è stata inferiore del 25% rispetto alla quantità prenotata dai 17 Gas: dei 3.425 chili di patate ordinati, ne sono stati distribuiti 2.650, in sacchi da 10 chili.
Per stimolare la fantasia delle famiglie all’uso della patata in cucina, i Gas hanno messo in comune le loro ricette, e non solo. “Abbiamo riscoperto una pentola di terracotta diffusa in Austria per cuocere le patate con la buccia -racconta Giuseppe De Santis-: il risultato è simile a quello della cottura sotto la cenere”. Per replicare la pentola è stato coinvolto l’artigiano Pietro Vita, che ha un laboratorio di ceramiche a Usmate Velate (Mb): il risultato è una pentola di terracotta ottima per cuocere le patate in modo veloce e saporito, che viene venduta nella rete dei Gas a un prezzo che va dai 35 ai 50 euro, a seconda delle dimensioni. Intanto una quindicina di ristoranti della Brianza hanno inserito nei loro menù la Bianca di Como, per scongiurare “la tristezza della patata lessa”, come la chiamano quelli di Reciproco. Era il tassello mancante.