Ambiente / Approfondimento
La storia dei 25 anni di lotte del comitato Lasciateci Respirare nella bassa padovana
Il documentario “La terra dei fumi” racconta i volti e le idee del comitato popolare nato negli anni Novanta a Monselice. Dalle manifestazioni contro i cementifici alle proteste contro le discariche, il movimento ha aperto il conflitto tra lavoro e ambiente in provincia di Padova
L’ultima battaglia vinta dal comitato popolare Lasciateci Respirare, in ordine di tempo, è quella contro la costruzione del centro commerciale Due Carrare (PD). Tutte le altre, le mobilitazioni condotte in difesa dell’ambiente e della salute nella bassa padovana, si sono susseguite in venticinque anni di serrato lavoro sul territorio. A raccontarle è il documentario “La terra dei fumi”, girato dalla giornalista Giada Zandonà e dal videomaker Alberto Boaretto, uscito ad agosto 2021: attraverso interviste unite a immagini di repertorio, gli autori hanno ripercorso il primo quarto di secolo dell’organizzazione su un territorio ferito da cementifici, elettrodotti e discariche. Sullo schermo i volti, le parole e le idee di un movimento che ha aperto il conflitto tra lavoro e salute, riuscendo a ottenere vittorie significative.
“Il documentario traccia il bilancio di decenni di iniziative. Abbiamo rivisto i risultati raggiunti e possiamo dire che molte sorti del nostro territorio sono dovute proprio alle lotte che il comitato, i gruppi locali e i cittadini hanno portato avanti”, racconta ad Altreconomia Francesco Miazzi, portavoce di Lasciateci Respirare e consigliere del Comune di Monselice (PD) dove il documentario è stato presentato per la prima volta. “Rivederci tutti insieme sullo schermo è stato commovente. Negli anni il comitato è diventato una comunità e ha creato momenti di condivisione che sono andati oltre la mobilitazione”.
Il solco in cui nasce Lasciateci Respirare è il movimento per la chiusura delle cave che stavano devastando i Colli Euganei e che porta nel 1989 all’istituzione dell’omonimo parco regionale. C’è poi un momento preciso che conduce alla costituzione del comitato popolare: nel 1996 il cementificio Italcementi di Monselice -la struttura più grande in un’area dove se ne contavano altre due nel raggio di appena cinque chilometri quadrati- presenta un progetto per utilizzare i copertoni esausti come combustibile. Di fronte al parere positivo della Provincia, del Comune e del Parco dei Colli, un gruppo di cittadini organizza l’assemblea “Bruciare copertoni produce diossina?”. All’incontro partecipano in molti. Una buona parte arriva dal quartiere del Carmine: sono persone legate alla parrocchia dove lavora Don Francesco Fuso che, dopo l’ultima morte di un operaio, in un’omelia aveva dichiarato di essere stanco di celebrare i funerali dei lavoratori dei cementifici. “Ognuno di noi ha un ricordo indelebile dell’assemblea. Allora era molto difficile parlare di cementifici. Discutere di inquinamento, salute, dell’impatto dei fumi e dei morti. Da quel momento in poi si iniziano a rompere i tabù, si apre il conflitto tra ambiente e lavoro”, prosegue Miazzi.
La lotta contro i cementifici è il filo conduttore delle mobilitazioni di Lasciateci Respirare. Un tracciato che nel 2014 porta a ottenere un risultato fondamentale, quando Italcementi decide di chiudere lo stabilimento a Monselice dopo un tentativo di rilanciare la struttura attraverso un revamping dell’impianto. “Il primo progetto prevedeva una torre di 120 metri, poi ridotta a 89, in una posizione incredibile, visibile anche dal borgo di Arquà Petrarca (PD). Abbiamo usato tutti gli strumenti che avevamo a disposizione in un momento di forte scontro sociale”, ripercorre Miazzi. “Ricordo un consiglio comunale con 600 persone in un’aula magna gremita: al centro della stanza la celere con caschi e scudi e sul palco il consiglio. Si respirava questo clima. Siamo arrivati fino al ricorso al Tar che ci aveva dato ragione. Poi il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza. E lo stesso è successo per i ricorsi presentati dai Comuni di Este e Baone che affiancavano l’opposizione dei comitati. A fine 2013 data l’ostilità, Italcementi ha deciso di avviare la dismissione della struttura e spostare l’investimento”. Significativa anche la battaglia, avviata nel 1997, contro un elettrodotto da 132 kiloVolt di Enel: il progetto prevedeva che la struttura fosse costruita in linea aerea attraverso il parco regionale dei Colli Euganei contravvenendo alle indicazioni del piano ambientale. La mobilitazione -fatta anche di occupazioni di cantieri, manifestazioni e presidi di fronte alla Regione Veneto- ha obbligato alla modifica del progetto con l’interramento della linea e la schermatura dei cavi vicini alle abitazioni.
Negli anni il comitato si è consolidato sul territorio ed è diventato un punto di riferimento. Ha radicato la sua presenza su più fronti come le iniziative contro le attività di escavazione nei Colli Euganei, il traffico di rifiuti tossici, le discariche abusive e gli impianti a biogas. “La sua forza è la capacità di essere trasversale e di creare relazioni con le organizzazioni territoriali. Abbiamo sempre lavorato in gruppo”, prosegue Miazzi. “La presenza delle donne ha determinato un salto di qualità. Quando nel 2016 c’è stata la proposta di bruciare Combustibile solido secondario (CSS) nel cementificio, hanno dato forma a un lavoro di sensibilizzazione continuo che andava dai consigli di classe alle manifestazioni. Tra loro ci sono biologhe, ingegnere, medici, pediatri. Hanno sfruttato le loro competenze, mettendole a disposizione di tutti”.
Oggi Lasciateci Respirare è al lavoro su fronti nuovi. È mobilitato contro l’ampliamento della discarica di Sant’Urbano e contro il progetto di un allevamento intensivo di galline ovaiole a Lozzo Atestino (PD). Una delle battaglie è legata alla cementeria Buzzi a Monselice: alla fine del 2019 questa ha avviato la richiesta di autorizzazione al Comune per un nuovo silo da 100 metri cubi, alto più di 20 metri da posizionare a ridosso del Monte Ricco, per lo stoccaggio di un silicato granulare derivato dagli scarti della lavorazione del rame provenienti da uno stabilimento metallurgico spagnolo. La richiesta dell’autorizzazione edilizia, subordinata alla stipula di una convenzione, è rimasta ad oggi inevasa e Buzzi ha presentato ricorso al Tar contro il Comune chiedendo che sia commissariato in caso non risponda entro i termini previsti.
Il comitato sta sottolineando “con forza”, spiega Miazzi, la necessità che sia applicato l’articolo 19 del piano ambientale del parco regionale dei Colli Euganei: questo prevede che per gli interventi “eccedenti la manutenzione”, come nel caso della costruzione del silo, sia stipulata una apposita convenzione tra le parti -la cementeria, il parco regionale e tutti i Comuni interessati, compresi quelli di Battaglia, Baone, Este e Arquà Petrarca- che definisca anche i termini di dismissione della cementeria e del ricollocamento della manodopera impiegata. “Nel frattempo il decreto del Governo sulla transizione ecologica permetterebbe ai cementifici di utilizzare CSS nei forni delle cementerie, consentendone la loro trasformazione in veri e propri inceneritori”, commenta Miazzi. “Il nostro è un territorio già compromesso e il rischio di danni irreversibili è ancora attuale. La situazione non deve peggiorare e l’intera comunità è pronta a riprendere le mobilitazioni”.
Per guardare il documentario, è possibile farne richiesta al comitato Lasciateci Respirare scrivendo all’indirizzo lasciatecirespiraremonselice@gmail.com
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