Ambiente
Una torta mal tagliata
La Pac destina 55 miliardi di euro. L’80% delle aziende agricole ha sede in 7 Paesi, tra cui l’Italia, dove arrivano 6 miliardi l’anno
I numeri contano: se è vero che la politica agricola costa al contribuente europeo 55.269.078.592 euro, è anche vero che questa cifra corrisponde allo 0,5% del prodotto interno lordo del continente. E che quelli europei sono gli unici contributi che arrivano al settore, che solo in Italia ha 1,6 milioni di occupati (ed è il secondo comparto dell’economia). Secondo l’Eurostat che ha lanciato un censimento sull’agricoltura, tra il 2003 e il 2010 hanno chiuso il 20% delle aziende agricole europee. L’80% delle rimanenti è concentrato in soli 7 Stati, tra cui il nostro. In Italia le aziende agricole con più di 50 ettari coltivano il 40% della superficie agricola utilizzata (Sau), ma sono solo il 2,3% del totale. Le aziende con meno di 5 ettari sono il 73,4% del totale, e hanno il 15,8% Sau. Metà aziende ha meno di 2 ettari, e coltivano il 6% della Sau.
In attesa della revisione -di cui parliamo in queste pagine-, il sistema della Pac ha ricevuto molte critiche da chi ha ricevuto meno risorse, e vorrebbe che l’entità dei finanziamenti diminuisse (ad esempio la Gran Bretagna), e da chi ha ricevuto di più, e vorrebbe mantenere lo status quo (Grecia e Spagna, tra gli altri, ma anche la lobby dei coltivatori “tradizionali” e quella della chimica). La riforma della Pac è stata presentata il 12 ottobre 2011. Il 2012 sarà l’anno cruciale per la sua discussione. Per la prima volta la Pac non verrà decisa solo dalla Commissione, ma anche dal Parlamento europeo. Un’iniezione di democrazia, mentre la trasparenza era già garantita, almeno sui nomi beneficiari dei contributi Pac c’è una certa trasparenza. Basta fare un salto sul sito della commissione per esserne indirizzati all’elenco (ec.europa.eu/agriculture/funding/index_en.htm), pur se limitato alle personalità giuridiche. Per l’Italia, la distribuzione dei fondi attiene all’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura, www.agea.gov.it), istituita nel 1999 è stata istituita. L’Agea -che di recente ha avuto un commissariamento, annullato a metà gennaio dal Tar del Lazio- è un “organismo di coordinamento e pagatore” per le erogazioni, che in alcuni casi sono affidate ad enti analoghi regionali o di categoria. Oggi ci sono sei organismi pagatori regionali (Artea, Agrea, Avepa, Arcea, Arpea e Regione Lombardia), due per le Provincie autonome di Trento e Bolzano e due nazionali (oltre ad Agea per le regioni che non hanno istituito un organismo pagatore): Ente Risi (settore risicultura) e Saisa (restituzioni alle esportazioni). È grazie al sito di Agea che si possono fare interessanti statistiche riguardo ai destinatari dei fondi.
Sappiamo, ad esempio, che all’Italia arrivano circa 6 miliardi di euro l’anno. Tuttavia, l’80% di questa cifra va al 20% dei produttori. Lo 0,4% delle aziende (non più di 4.900) si accaparra il 28,1% del totale erogato. In media si tratta di 314mila euro ad azienda, ed è un fatto che la proposta di revisione contempli anche la possibilità di un tetto massimo di 300mila euro. Esistono delle punte: il maggior beneficiario di fondi Ue nel 2010 è stata F.In.A.F. (www.finafaop.eu), un’associazione internazionale di organizzazioni di produttori ortofrutticoli che ha sede a Castenaso, in provincia di Bologna. È costituita da nove organizzazioni, e raggruppa più di 10mila soci che coltivano prodotti destinati sia al mercato del fresco che alle industrie di trasformazione. F.In.A.F. ha incassato nel 2010 la bellezza di 33.642.062,59 euro. Della top ten fanno parte anche il Gruppo Mediterraneo di Cesena (17.927.959,14 euro), Vog-Verband der Suedtiroler Obstgen di Terlano in provincia di Bolzano (16.416.168,95), la Nuova Europa di Umbertide (Pg), alla quale sono andati nel 2010 10.915.144,01 euro. Il sito di Agea indica anche i beneficiari dei contributi -sempre derivanti dal fondo per la Pac- relativi al cosiddetto “stoccaggio pubblico”.
Lo stoccaggio è una pratica finanziata dall’Ue che ritira prodotti in eccedenza, per “calmierare” il mercato, e se è il caso li riutilizza. Si tratta di zucchero, alcool, burro, olio d’oliva, carni bovine e cereali. Il primato in questo caso spetta all’Italia Zuccheri spa di Bologna, che nel 2010 ha ricevuto di 71.354.550,00 euro. Dietro, la Distillerie Bonollo spa di Formigine (Modena), alla quale sono andati 40.361.448,00. In terza posizione, la Distillerie Mazzari spa di Sant’Agata sul Santerno (Ravenna) con 34.044.682,00 di euro.
Per il resto, il 58,3% delle aziende agricole italiane (ovvero 765mila) prende 394 euro l’anno. —