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Ambiente / Opinioni

Una “bioregione” per difendere il territorio e affrontare la crisi climatica. La sfida dell’Umbria

A novembre si vota nel fantomatico “cuore verde d’Italia”, dove il tasso di consumo di suolo è tra i più pronunciati del Paese. È necessario quindi cambiare le strategie da adottare per la tutela del territorio e la lotta al cambiamento climatico, riflette Francesco Berni, connettendole in chiave ecologica. L’esempio del parco nella valle centrale umbra tra Perugia, Bastia e Assisi

A novembre gli umbri saranno chiamati alle urne per le elezioni regionali. Un appuntamento cruciale, che offre l’opportunità di cambiare le strategie da adottare per la tutela del territorio e la lotta al cambiamento climatico.

Negli ultimi anni, come abbiamo più volte scritto su Altreconomia, l’Umbria si è presentata come il “cuore verde d’Italia”, promuovendo un’immagine di Regione incontaminata. Tuttavia i dati Ispra sul consumo di suolo raccontano una storia diversa, evidenziando un preoccupante aumento della cementificazione. È necessario cambiare rotta verso la costruzione di una “bioregione” che ponga al centro della sua visione una gestione coordinata delle città principali in chiave ecologica, facendo della piccola scala d’intervento l’essenza dell’azione trasformativa.

Una costellazione di centri da leggere all’interno di un sistema urbano unico e da connettere attraverso forme di mobilità sostenibile e infrastrutture verdi. In altre parole, innervare il territorio di percorsi ciclabili e pedonali interconnessi con il trasporto pubblico e sviluppare nelle aree urbane ad alta densità abitativa un sistema di cinture verdi e parchi connessi tra loro.

La finalità è contenere il consumo di suolo nelle aree pianeggianti e legare ecologicamente le varie città all’interno di una griglia verde fruibile per tutte le creature viventi. Un esempio virtuoso è il modello olandese del Randstad da rileggere in chiave locale ripensando l’Umbria come città diffusa costituita da tante realtà da rigenerare in un’ottica di autosufficienza ecologica.

Un ulteriore passaggio riguarda le aree “dimenticate” in cui governare, senza nostalgia, l’emorragia di residenti e servizi nei territori montani con modalità e strumenti innovativi. Un esempio è la costituzione di cooperative di comunità e l’attivazione di servizi al cittadino sviluppati con il supporto dell’intelligenza artificiale. Una direzione a cui tendere procedendo a piccoli passi partendo da alcuni interventi prioritari a livello regionale.

Un primo passo fondamentale è cambiare le norme regionali e i relativi dispositivi attuativi. I principi di sostenibilità della legge regionale in materia di governo del territorio non hanno avuto un’effettiva attuazione. La strada è riformarla promuovendo strumenti attuativi orientati all’attivazione di processi di rigenerazione urbana che azzerino il consumo di suolo.

Non basta solo modificare le norme ma è opportuno revisionare anche il piano paesaggistico regionale con la previsione di “progetti di territorio”. Si tratta di dispositivi che vanno oltre una difesa meramente regolatoria promuovendo processi di rigenerazione per la difesa del suolo e lotta al cambiamento climatico in accordo con le comunità locali attraverso una progettazione integrata tra diversi livelli istituzionali.

Un esempio è la realizzazione di un parco nella valle centrale umbra tra Perugia, Bastia e Assisi per contenere il consumo di suolo oppure la realizzazione di azioni di sviluppo territoriale per le aree interne.

In molti casi si tratta di consolidare esperienze esistenti e promuovere una maggiore partecipazione civica. In genere si tende a creare nuovi progetti ma spesso è opportuno consolidare quelli esistenti supportando il radicamento degli interventi e la loro sostenibilità economica e gestionale attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini.

A tal proposito, la partecipazione in Umbria non è supportata da una legge efficace e da un adeguato strumento di finanziamento. Non si tratta solo di ascoltare le istanze ma di abilitare il cittadino supportando con relativi finanziamenti le sue idee, come dimostrato da molte esperienze virtuose realizzate in Emilia-Romagna e Toscana.

Tuttavia, non possiamo procedere senza il potenziamento delle competenze locali e una maggiore collaborazione con vari attori portatori di conoscenza. Porre al centro la difesa del suolo e la rigenerazione urbana significa avviare un diverso approccio culturale al progetto. È opportuno pertanto avviare un’indagine sui centri di competenze regionali per ricostruire l’offerta in termini di expertise così da  avere un quadro complessivo delle risorse presenti nel territorio da affiancare alla realizzazione di percorsi di formazione aperta a tecnici comunali, professionisti e imprese con esperienze sul campo (learning by doing).

Al contempo è imprescindibile una maggiore apertura verso il mondo della ricerca e il terzo settore. Senza idealismi, gli enti pubblici non possono farcela da soli ma occorre ripensare nuove forme di collaborazione con altri attori del territorio da aggregare intorno a obiettivi di interesse generale. Le politiche locali sono spesso costruite senza essere adeguatamente supportate da dati e soluzioni all’avanguardia.

Potenziare collaborazioni virtuose con il mondo della ricerca in un’ottica di reciprocità è un passo necessario, come anche evitare esternalizzazioni ma accrescere le proprie competenze facendo lavorare insieme funzionari pubblici e ricercatori. Anche il Terzo settore deve fare la sua parte con le sue competenze e capacità, da valorizzare nei processi di costruzione e gestione degli spazi rigenerati nonché incentivando forme di co-progettazione e gestione collaborativa dei luoghi.

Chiaramente per questo servono strumenti specifici pensati sia per le piccole sia per le “grandi” realtà urbanizzate. L’Umbria è costituita da un sistema insediativo fatto di piccoli Comuni che al pari delle realtà più estese, evidenziano una forte carenza di personale.

A questo si aggiunge l’assenza di competenze specifiche, ad esempio, per la candidatura a bandi di finanziamento. Sviluppare degli strumenti di finanziamento regionale dedicati a questi è indispensabile. Le procedure devono essere semplificate e la Regione deve accompagnare gli enti locali con un’assistenza tecnica da realizzare attraverso l’introduzione di “project developer”. Si tratta di figure che possano supportare gli uffici nello sviluppare progetti innovativi, attrarre risorse, favorire percorsi di formazione e di cooperazione con altre realtà del territorio.

Per quanto concerne le “grandi” agglomerazioni urbane è utile supportare forme di pianificazione integrata tra diversi Comuni limitrofi in modo da coordinare il disegno della mobilità, delle funzioni e del verde evitando che ciascuno preveda le sue “aree” di trasformazione.

Francesco Berni è esperto in politiche di rigenerazione urbana e innovazione sociale e svolge attività di consulenza per enti pubblici e privati. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Urbanistica presso l’Università degli studi di Firenze. Si occupa del coordinamento della rete di associazioni per la realizzazione del Parco della Piana di Assisi.

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