Opinioni
Un Paese malato di corruzione
Venezia e gli appalti del Mose, Milano e il sistema dell’Expo. Sebbene le inchieste giudiziarie mostrino il contrario, gli enti locali possono rappresentare una barriera, anche contro le infiltrazioni criminali: trasparenza e onestà sono alla base delle richieste della campagna “Riparte il futuro” ai nuovi amministratori
Nel mese di maggio, gli italiani sono stati chiamati a scegliere i loro rappresentanti politici, sia a livello territoriale che europeo. L’elezione di sindaci e consiglieri comunali, unitamente a quella dei parlamentari che siederanno a Strasburgo, è stata preceduta dall’arresto di un ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola, accusato di rapporti con la mafia, e dalla scoperta che, nei fatti, Tangentopoli non ha mai cessato di esistere nel nostro Paese.
Gli arresti per gli affari illeciti legati agli appalti che ruotano attorno all’Expo di Milano, confermano tristemente quello che qualche mese fa anche la Commissione europea ha scritto nella sua relazione sullo stato della lotta alla corruzione nel continente: in Italia, quello delle mazzetta è un sistema tuttora esistente, diffuso e organizzato. Per vincere un appalto, non serve fornire un ottimo servizio o prodotto ad un prezzo inferiore rispetto a quello dei concorrenti. Quello che conta è conoscere gli intermediari giusti, quelli capaci di mettere assieme politici, funzionari pubblici, uomini del sistema bancario e finanziario. E pagare. A chi sgancia quattrini sottobanco viene concesso di entrare in un cerchio magico e di poter lavorare. Molti imprenditori, anziché denunciare questo stato di cose, hanno preferito, e preferiscono, chinare il capo e accettare come privilegio ciò che gli spetterebbe come diritto. I cittadini italiani sono quelli che pagano questo sistema corruttivo, che fa lievitare i costi delle opere pubbliche anche del 40-50% e ne prolunga i tempi di realizzazione. Sovente, inoltre, la qualità di quanto viene realizzato è inferiore rispetto a quello che era stato pattuito. Per cui i costi di riparazione e di manutenzione lievitano enormemente. La corruzione, quindi, sottrae una mole notevole di risorse alla comunità, oltre che colpire al cuore la credibilità del nostro Paese, della nostra democrazia e del nostro sistema politico, contribuendo a portare acqua al mulino dell’astensionismo e del populismo.
Rifiutando la logica che “i politici sono tutti uguali”, perché così non è, Avviso Pubblico, Libera e il Gruppo Abele, insieme a Mafia nein danke, hanno promosso una specifica campagna, denominata “Riparte il futuro-Election Day”, rivolta ai candidati alle elezioni. A questi ultimi si è offerta una possibilità concreta: quella di adottare specifici provvedimenti e di mettere in atto precisi comportamenti, destinati a promuovere una cultura della legalità e della trasparenza. Questo insieme di impegni, richiesti in modo pubblico da circa 100mila cittadini che hanno firmato un’apposita petizione on line (www.riparteilfuturo.it/elezioni-2014), è stato denominato “Delibera trasparenza a costo zero”. Tra le richieste avanzate, da realizzare nei primi cento giorni di amministrazione, ci sono l’attivazione di un’anagrafe degli eletti (dettagliata, fruibile, diffusa); la trasparenza economica, pubblicando i bilanci online; la pubblicazione dei dati sugli enti pubblici vigilati, sugli enti privati in controllo pubblico, sulle partecipazioni in società di diritto privato; l’attuazione di una tavola pubblica per la trasparenza; l’organizzazione di giornate per la promozione della trasparenza; open data sui beni confiscati; l’adozione del codice etico-comportamentale denominato Carta di Pisa. Gli enti locali sono la prima barriera contro la corruzione e le organizzazioni criminali, ma sono anche quel luogo dove, per primo, le organizzazioni mafiose cercano di inserirsi, come dimostrano i quasi duecentocinquanta decreti di scioglimento emessi per infiltrazione mafiosa dal 1991 ad oggi. Essere amministrati da persone competenti, oneste e trasparenti è un diritto per tutti i cittadini. Sostenere queste persone anche dopo il voto è un dovere a cui ciascuno di noi non può sottrarsi. In un momento storico così difficile per l’Italia, c’è bisogno di difendere e di diffondere la buona politica. —