L’organizzazione internazionale per i popoli tribali ha presentato un dettagliato esposto all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE): il progetto idroelettrico rischia di distruggere i mezzi di sussistenza per mezzo milione di indigeni, nell’Africa orientale.
I cantieri sono aperti dal 2006. L’azienda italiana avrebbe violato le linee guida OCSE in merito ai diritti umani e l’l’African Charter of Human and Peoples’ Rights. Fino a domani Mattarella è in Etiopia: l’associazione invita ad inviare una lettera aperta
L’organizzazione Survival International ha presentato un’istanza all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) contro Salini Impregilo spa –il gigante del settore ingegneristico italiano-. Secondo l’associazione, che si batte a livello mondiale per i diritti dei popoli indigeni, la costruzione della controversa diga Gibe III, in corso tra Etiopia e Kenya ad opera della maggiore azienda italiana nel settore della costruzioni- è destinata a distruggere i mezzi di sussistenza di migliaia di persone.
La diga, infatti, ha messo fine alle esondazioni stagionali del fiume Omo, da cui 100mila indigeni dipendono direttamente per abbeverare le loro mandrie e coltivare i campi, mentre altri 100mila vi dipendono indirettamente. Secondo gli esperti, la diga potrebbe anche segnare la fine del Lago Turkana -il più grande lago in luogo desertico del mondo- con conseguenze catastrofiche per altri 300mila indigeni che vivono intorno alle sue sponde.
Secondo Survival, Salini non avrebbe chiesto il consenso della popolazione locale prima di avviare i lavori di costruzione della diga, violando così l’African Charter of Human and Peoples’ Rights. Nell’istanza, un documento di 46 pagine, l’associazione evidenzia inoltre che la promessa di compensare le popolazioni locali grazie a esondazioni artificiali, che non si è mai concretizzata.
La regione, già preziosa in quanto culla dell’evoluzione umana, è anche un’area di eccezionale biodiversità, che conta due siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO e cinque parchi nazionali. Secondo quanto riporta Survival, il responsabile dell’Agenzia keniota per la Conservazione la settimana scorsa avrebbe dichiarato che la diga sta provocando “uno dei peggiori disastri ambientali che si possano immaginare.”
Durante una visita al cantiere della diga nel luglio 2015 il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha elogiato l’azienda italiana, dichiarando: “Siete una delle aziende più forti al mondo per le infrastrutture, la numero uno per le dighe; capace di innovare, di costruire, di seminare pezzi di futuro. Siamo orgogliosi di voi, di quello che fate e di come lo fate.”
“Eppure, Salini ha ignorato evidenze schiaccianti, ha fatto false promesse e ha calpestato i diritti di centinaia di migliaia di persone -dichiara il Direttore generale di Survival International Stephen Corry-. A migliaia ora rischiano di morire di fame perché la più grande e famosa impresa costruttrice italiana non ha pensato che i diritti umani meritassero il suo tempo e la sua attenzione. Le conseguenze reali della devastante concezione che il governo etiope ha dello ‘sviluppo’ del Paese -sostenuta dalle agenzie per lo sviluppo di nazioni occidentali tra cui Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti- sono sotto gli occhi di tutti. Derubare della loro terra popoli largamente autosufficienti e causare ingenti devastazioni ambientali non è ‘progresso’: per i popoli indigeni è una sentenza di morte”.
L’Istanza di Survival è rivolta all’OCSE, poiché le linee guida dell’Organizzazione prevedono disposizioni stringenti in merito alla tutale dei diritti umani, che l’azienda italiana avrebbe ignorato. Tanto quelle del 2000, in vigore nel 2006 quando sono iniziativi i lavori, quanto l’aggiornamento del 2011.