Ambiente
Rio+20: The World is watching
Giornate febbrili di negoziato nella speranza di portare a casa qualche risultato. Per alcune Ong, tra cui Third World Network, le distanze sono ancora siderali ed i delegati dovranno lasciare in albergo asciugamani e costume da bagno, perchè il fine settimana si annuncia campale. Il momento dei Capi di stato e delle delegazioni di alto livello si sta avvicinando, ma c’è chi pensa che questo vertice debba ridimensionare i propri obiettivi.
Si alza il sipario su Rio+20, il vertice delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo a vent’anni dal più famoso, ed atteso, Earth Summit 1992.
Il lavoro delle delegazioni continua senza sosta, nel tentativo di trovare una quadra ad un documento finale che non vuole trovare una sua collocazione condivisa. Il 20 giugno, momento in cui l’evento assumerà un profilo globale e più formale con l’arrivo dei Governi e dei Capi di stato (almeno, quelli che decideranno di esserci), si sta avvicinando e il terzo meeting del PrepCom, il Preparatory Committee, sta procedendo febbrilmente. Si chiuderà oggi, mostrando se ci saranno stati avanzamenti su capitoli delicati come i Sustainable Development Goals, nuova versione dei già conosciuti Millennium Development Goals che non hanno avuto particolare fortuna, almeno per quanto riguarda un impegno serio e focalizzato dei Governi nel risolverne, consapevolmente, almeno uno. Ma il lavoro sarà anche su acqua e cambiamento climatico, biodiversità, la Green economy nel contesto di uno sviluppo sostenibile e della lotta alla povertà.
Il Co-chair del PrepCom lo scorso 13 giugno è stato chiaro: rimangono solo tre giorni per finalizzare il testo, per questo si richiede senso di responsabilità, urgenza e in una certa qual misura spirito di compromesso.
Lo stesso segretario generale dell’UNCSD Sha Zukang è sceso in campo, anche se in modo meno disilluso del segretario generale Onu Ban Ki-Moon, vedendo molti progressi nell’atteggiamento dei negoziatori. La filosofia, secondo Zukang, è "make or break" sottolineando come "il mondo stia osservando quello che stiamo facendo". "The world is watching" è stato lo sfortunato refrain ripetuto all’infinito durante la Conferenza Onu sul clima di Copenhagen, nel 2009. Il mondo guardava, ma evidentemente le delegazioni governative non se n’erano accorte.
Contatti informali, di fonte non governativa, dicono che i progressi in verità sono minimi e che l’obiettivo da raggiungere è ancora lontano. Al punto che pensare che il terzo PrepCom possa concludere i suoi lavori il terzo giorno, cioè oggi, è altamente improbabile. E molti stanno già pensando di mettere tra parentesi quadra anche il weekend sulle spiagge di Copacabana.
Una situazione di disaccordo ribadita anche da Meena Raman, di Third World Network, che esprime molti dubbi sulla capacità di trovare un accordo nelle ore rimanenti sulle 80 pagine di documento finale, considerato che almeno i due terzi sono ancora in discussione. Tra i vari argomenti sul tavolo c’è, ad esempio, il trasferimento tecnologico che i Paesi industrializzati vorrebbero fosse tolto dal titolo della sezione dedicata alla tecnologia, perchè, secondo gli Stati Uniti, il trasferimento tecnologico non sarebbe rilevante per i Paesi in via di sviluppo nel contesto di uno sviluppo sostenibile. Per l’Unione Europea, così come per gli USA, sarebbe ragionevole un trasferimento tecnologico su basi "volontarie" e sulla base di un "mutuo accordo". Come dire, niente trasferimento.
Così come per i diritti di proprietà intellettuale (IPRs). Stati Uniti, Unione Europea, Giappone, Canada ed altri Paesi industrializzati (quelli che ospitano aziende detentrici di brevetti) si sono opposti a qualsiasi regime di flessibilità sugli IPRs. Gli Stati Uniti hanno sottolineato come questo argomento sia appannaggio di specifici trattati od organizzazioni come la WIPO (World Intellectual Property Organization), ma anche la WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) e che Rio+20 non è il Forum adatto per affrontare certe questioni.
In tutto il negoziato si parla di "responsabilità differenziata" rispetto agli impegni dei Governi. In verità l’unica responsabilità che emerge è quella "limitata" di un vertice che, ancora prima di iniziare, si vede togliere competenze e possibilità di intervento.
E nel frattempo, mentre a Rio si discute, a Ginevra il tribunale della Wto condanna gli Stati Uniti di aver distorto mercato con l’etichettatura "salva delfini" dei prodotti a base di tonno. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Commercio etichettare le scatolette mettendo in evidenza quali prodotti provengano da metodi di pesca sostenibili non è coerente con le regole del mercato. Festeggiano le aziende ittiche messicane, molto meno le organizzazioni ambientaliste di mezzo mondo.
Ecco cosa vuol dire lo strabismo della diplomazia internazionale. La sostenibilità è oggetto di accademia e di scelte volontarie. Il mercato, baby, è una cosa seria.