Ambiente / Approfondimento
Rifiuti organici ed economia circolare. L’esempio di Pinerolo
Il Polo ecologico integrato di proprietà di 47 comuni dell’area del torinese tratta ogni anno 60mila tonnellate di “umido”, trasformandole in energia rinnovabile e in fertilizzante per l’agricoltura, anche biologica. E il bilancio è in utile
Una passerella corre lungo l’impianto per il trattamento dei rifiuti organici di Pinerolo, in provincia di Torino. Nell’ultimo anno scolastico (2015/2016) l’hanno attraversata 1.246 studenti, che con le loro classi hanno visitato il “Polo ecologico integrato”. Vengono qui perché possono vedere come funziona un esempio di “economia circolare”, capace di trasformare i rifiuti in risorse. Le 60mila tonnellate di rifiuti organici trattati ogni anno dall’impianto, infatti, si trasformano in energia rinnovabile (biogas e biometano) e in un ottimo fertilizzante, compost di qualità che può essere utilizzato anche da chi pratica l’agricoltura biologica. Se ne producono 6mila tonnellate all’anno, e durante la primavera e l’autunno contadini e agricoltori della zone possono venire con i propri trattori e carrelli ed acquistarlo anche sfuso.
Il Polo ecologico è gestito da Acea Pinerolese Industriale, una società pubblica, di cui sono azionisti i 47 Comuni dell’area (che comprende la Val Pellice, la Val Chisone, la Val Noce e l’area della Pianura pinerolese): l’impianto è attivo dal 2003, e raccoglie la “frazione umida” di un milione di abitanti, meno della metà di quanti vivono nella Città metropolitana di Torino. “In provincia di Torino si differenziano ogni anno 140mila tonnellate di rifiuti organici -spiega l’ingegner Marco Avondetto, Direttore del settore rifiuti di Acea Pinerolese e direttore generale del Polo ecologico-: abbiamo già ottenuto l’autorizzazione ad ampliare la nostra capacità a 90mila, ma il nostro resta l’unico impianto di compostaggio attivo”.
Massimo Centemero, direttore del Consorzio italiano compostatori definisce quella attuale una fase “pre-emergenziale, per quanto riguarda l’impiantistica: le potenzialità del settore, per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani, sono di una crescita del 30 per cento nei prossimi cinque anni”. Nel 2020 potrebbero essere differenziate fino a 8 milioni di tonnellate di “umido”, contro le 5,7 attuali. E conoscere il Polo ecologico integrato di Pinerolo, studiarne il progetto e replicarlo sul territorio nazionale potrebbe rappresentare una risposta, prima dell’emergenza.
94,1 chilogrammi, è la “frazione organica” sul totale di 220,5 kg di raccolta differenziata pro-capite.Gli altri rifiuti differenziati (carta, vetro, plastica, metallo, legno, RAEE, etc.) “pesano” per 126,4 kg
Due rampe di scale accompagnano il visitatore all’interno del capannone che “accoglie” i rifiuti. Dall’alto è possibile seguire uno dopo l’altro tutti i passaggi che preparano l’umido che differenziamo nelle case alla digestione anaerobica, quella che avviene cioè in assenza di ossigeno: dalla fossa, con il suo pavimento mobile (“walking floor”), i rifiuti passano in una aprisacchi (“che lacera la plastica, senza romperla”, sottolinea Avondetto), e quindi al vaglio, che separa le impurità.
Il cuore del Polo integrato è però la quarta macchina che incontriamo: si chiama Florawiva MORE, acronimo di Mixer of Organic Element, ed è un impianto sviluppato da Acea Pinerolese Industriale, e protetto da brevetto. “Consente di separare eventuali plastiche sfuggite al vaglio, i metalli non ferrosi e tutti gli inerti -spiega Avondetto, che da quasi 25 anni lavora in azienda-. Quindi, l’aggiunta di acqua calda permette la corretta diluizione”.
È questa la materia prima che viene inviata al biodigestore, un enorme silos (ce ne sono due) all’interno del quale avviene la fermentazione. Non c’è nessun cattivo odore, perché la trasformazione avviene al chiuso: il biodigestore è un serbatoio da cui dopo il trattamento escono biogas -che contiene il 60 per cento circa di metano- e “digestato”, una sorta di terriccio scuro che viene avviato all’impianto di compostaggio, in un’altra area del Polo ecologico.
Il biogas, invece, viene depositato nel gasometro qui accanto, da 3.300 metri cubi: somiglia ad una tensostruttura come quelle che ospitano i campi da tennis; il nucleo, però, è una sorta di pallone aerostatico, pieno di gas. Che alimenta tre motori, e garantisce l’autosufficienza elettrica all’intero Polo ecologico. Anche l’energia termica viene sfruttata all’interno dell’impianto, ma c’è una eccedenza utilizzata per alimentare la rete di teleriscaldamento di Pinerolo, mentre il surplus elettrico è ceduto alla rete nazionale. Nel corso del 2015 è stata prodotta energia elettrica pari a quella necessaria a “illuminare” e far funzionare tutti gli apparati elettrici di 5.700 abitazioni per un anno ed energia termica pari a quella utilizzata da circa 2.500 abitazioni.
Il digestato (la frazione umida dei nostri rifiuti pulita e disidratata) diventa compost dopo aver attraversato tre processi. Fondamentale è la miscelazione con i rifiuti verdi, “in particolare la frazione legnosa” sottolinea Avondetto. Per questo, il responsabile dell’area rifiuti di Acea Pinerolese ha seguito da vicino l’iter che ha portato il Parlamento a votare l’esclusione dei rifiuti vegetali di parchi e giardini dall’elenco dei rifiuti urbani (vedi box): potrebbe mancare la materia prima necessaria a produrre un compost di qualità. “Dobbiamo arrivare ad una massa sufficientemente soffice e porosa, attraverso la quale sia possibile far passare l’aria che viene soffiata dal pavimento. Questo processo è definito di maturazione ‘accelerata’, e dura circa un mese”. In termini di peso, digestato e “verde” devono essere pari nella ricetta di Florawiva, come si chiama il compost prodotto da Acea Pinerolese.
I cumuli vengono rivoltati settimanalmente. Dopo la prima fase maturazione, ce n’è una seconda, in capannoni aperti. Dura un paio di mesi. Ogni cumulo è registrato: “In questo modo possiamo controllare e certificare tutta la filiera, dal rifiuto al compost”. Che ha il marchio di qualità del Consorzio italiano compostatori. Acea Pinerolese distribuisce anche un foglietto con le istruzioni di impiego, che sono diverse per l’orticoltura, la frutticoltura o per le piante ornamentali del terrazzo di casa. “Lo vendiamo a un prezzo medio di 21 euro per tonnellata. Ciò che conta, in questo caso, non è il ricavo complessivo, che è meno di 150mila euro, su un fatturato di 6,3 milioni di euro, ma la possibilità di chiudere il ‘ciclo’ dei rifiuti” sottolinea l’ingegner Avondetto.
Ogni anno, tutto il prodotto viene venduto: “La caratteristica principale di questo prodotto è la stabilità: le due fasi di digestione, la prima anaoerobica, la seconda aerobica, garantiscono un ammendante che una volta sparso nei campi o in un parco cittadino non torna più a fermentare, non puzza” spiega Avondetto.
Il Polo ecologico integrato è costato circa 16,6 milioni di euro. Nel 2005-2006 era stato considerato “impianto di bacino” dalla Provincia di Torino, che dopo aver avviato in modo capillare la raccolta differenziata sul territorio “aveva tanto organico ma non sapeva dove trattarlo” conclude Avondetto. L’impianto dà lavoro a 23 dipendenti. In futuro potrebbero diventare di più, se dovesse crescere anche la filiera del “biometano”: viene ricavato dal biogas, sottoposto a compressione, raffreddamento, lavaggio e filtrazione. Il risultato è un gas metano quasi puro (è al 98%), che può essere utilizzato per alimentare le auto. “Lo utilizziamo per la flotta aziendale. Mancano però i decreti attuativi, che ci permetterebbero di venderla sul mercato, ad esempio nei Comuni soci” spiega l’amministratore delegato di Acea Pinerolese, l’ingegner Francesco Carcioffo. Che, forte di un bilancio in utile per 1,3 milioni di euro continua a guardare avanti.
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