Ambiente / Attualità
Decreto Semplificazioni: la ricetta delle grandi opere che guarda al passato
A quasi 20 anni dalla “Legge obiettivo”, il Governo torna a proporre le già sperimentate procedure semplificate per grandi cantieri definiti strategici. Dalla Gronda alla Torino-Lione. Preoccupato il Forum Salviamo il Paesaggio: “I territori sono dimenticati, nonostante gli insegnamenti del lockdown”
Approvato il 7 luglio in Consiglio dei ministri, il decreto “Semplificazioni” è stato accolto come il “trampolino di lancio di cui l’Italia ha bisogno in questo momento”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, aggiungendo che il documento servirà a semplificare, velocizzare, digitalizzare e sbloccare “una volta per tutte cantieri e appalti”. Vengono individuate 130 opere considerate “strategiche” tra cui porti, linee ferroviarie, aeroporti, dighe, strade e autostrade e per le quali cambiano le regole di appalto, gare e tempistiche legate alle procedure.
Il piano di investimenti è stato stimato in circa 200 miliardi di euro ed è stato chiamato “Italia veloce”: veloce senz’altro, dato che molte opere riguardano opere stradali, autostradali e alta velocità ferroviaria tra cui la linea Torino-Lione (bocciata di recente dalla Corte dei conti europea), la Gronda di Genova (già bocciata dall’analisi costi-benefici del precedente governo, quando il ministro dei Trasporti era Danilo Toninelli) e la Pedemontana (della cui dubbia utilità abbiamo scritto in più riprese).
Intanto si è espresso il Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggistici che ha pubblicato un documento nel quale si dice non poco preoccupato in merito al tema della semplificazione, questione che deve essere attentamente valutata e applicata onde evitare che si traduca in sanatorie, condoni, situazioni di silenzio-assenso che indeboliscano i controlli necessari e il ruolo delle soprintendenze. Posto che “la semplificazione delle norme e delle procedure sia un obiettivo essenziale per il miglior funzionamento delle amministrazioni pubbliche” è altrettanto chiaro che gli interventi di semplificazione “richiedono declinazioni e contenuti diversi a seconda dei differenti settori di amministrazione”.
Ancora una volta il patrimonio culturale italiano viene relegato in un angolo, invece di essere valorizzato: per questo il Consiglio chiede una maggior tutela per i beni culturali e paesaggistici, garantiti dall’articolo 9 della Costituzione. Tra le proposte avanzate dal Consiglio c’è quella di colmare vuoti di personale “che stanno decretando la chiusura di interi uffici con la conseguente cessazione di ogni attività di tutela sui territori”; un’altra proposta riguarda la digitalizzazione degli archivi delle Soprintendenze e la fornitura di strumenti informatici adeguati.
Infine, sottolinea il Consiglio nel suo intervento, è necessario prestare molta attenzione alle velocizzazioni delle procedure: si tende a pensare che strumenti quali le Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) e le Conferenze dei servizi siano degli ostacoli o che rallentino il processo di realizzazione di un’opera. Ma piuttosto di abbattere i tempi di intervento delle Soprintendenze, mettendole nella posizione di non poter svolgere il proprio lavoro, sarebbe più utile pretendere “una reale collaborazione e un corrispettivo rispetto dei tempi da parte delle amministrazioni coinvolte nel procedimento”.
Quelle del Consiglio sono le stesse preoccupazioni che il Forum Salviamo il Paesaggio sottolinea da tempo: tra gli aderenti al Forum ci sono, per esempio, i comitati No Corridoio Roma-Latina e No Bretella Cisterna-Valmontone, due gruppi di cittadini che si oppongono a opere oggi inserite nella lista “dei 130”. Mentre, sempre per fare un esempio, viene rilanciata la Gronda di Genova, da anni oggetto di opposizione civica e di proposte alternative, proposte diffuse anche dal Forum.
“Premesso che stiamo discutendo di una bozza di decreto perché la legge vera ancora non è stata presentata in un testo definitivo” -puntualizza Alessandro Mortarino, coordinatore nazionale del Forum- se le anticipazioni venissero confermate, si tratterebbe di un provvedimento che, purtroppo, conferma le perplessità da noi registrate da precedenti dichiarazioni del presidente del Consiglio che ci avevano spinti a chiedere al suo esecutivo un vero cambio di rotta e il coraggio di mettere in discussione il nostro modello di sviluppo per attivare strumenti di rilancio economico basato sulle opere pubbliche realmente necessarie al nostro Paese (messa in sicurezza dell’esistente e rivitalizzazione delle aree abbandonate), un new deal che rispecchi i veri bisogni della collettività”.
“Il lockdown dovrebbe averci insegnato che i territori sono vitali, che le città non sono in grado di essere resilienti e che le pianificazioni dovrebbero servire non per far correre la società a ritmi sostenuti ma per fare le cose nel modo più sostenibile possibile”, prosegue Mortarino. “Invece in questo decreto c’è molta alta velocità e poca mobilità dolce, grandi cantieri anziché piccole puntuali opere che valorizzino i territori e il trasporto pubblico locale. Non orienta il comparto edilizio verso il recupero dell’esistente e l’arresto del consumo di suolo. Le grandi opere, insomma, dominano ancora su tutte le alternative: la ricetta per il rilancio economico è ancora e sempre la stessa, quella di ogni governo. Ma è una ricetta che guarda al passato, non a un new deal declamato con forza ma purtroppo solo a parole”.
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