Opinioni
Reddito di cittadinanza: la Finlandia ci prova
Dal primo gennaio 2017 il Paese nordeuropeo garantirà per due anni a 2mila cittadini una somma di denaro. Alla sperimentazione si accompagna una “valutazione d’impatto sociale sulla comunità di riferimento, conferendo una dimensione non solo individuale bensì comunitaria allo strumento” scrive Paolo Graziano nella sua analisi. Dal numero di marzo 2016 di Altreconomia
Forse è giunto il momento: il reddito di cittadinanza potrebbe presto essere introdotto in un Paese europeo. In Finlandia ha preso avvio da pochi mesi un percorso di studio che porterà alla sperimentazione di una misura -ancora da definire nei dettagli- di questo tipo. Si tratta di una somma di denaro che viene erogata a tutti i cittadini, a prescindere dal reddito e senza che debbano essere soddisfatte specifiche condizioni di altra natura (per questa ragione viene anche chiamato reddito incondizionato, garantito o di base).
Un reddito che rinsalda il senso di appartenenza a un Paese; un reddito che rafforza la società, creando coesione sociale; un reddito che facilita la riduzione di una disuguaglianza sempre più inaccettabile.
Per ora non esiste al mondo un vero e proprio reddito di cittadinanza. In Alaska vige un sistema di redistribuzione del reddito derivante dalla gestione pubblica dell’estrazione del petrolio (oil dividend), ma si tratta di una somma variabile in funzione del rendimento di azioni societarie che non ha mai superato i 2mila dollari all’anno. Il progetto finlandese è di gran lunga più ambizioso. Se l’esperimento (2017-2018) dovesse essere valutato positivamente, il programma potrebbe essere esteso a tutta la popolazione finlandese a partire dal 2019.
Olli Kangas, sociologo, direttore scientifico di KELA -l’istituto che sta coordinando i lavori-, prefigura quattro possibili sviluppi. Primo scenario: un vero e proprio reddito di circa 800 euro al mese con pressoché totale cancellazione dei programmi sociali in essere. Secondo scenario: un reddito incondizionato ma limitato, cioè di importo ridotto a circa 550 euro al mese, e che conviverebbe con la gran parte delle politiche sociali in vigore (questa è risultato lo scenario prescelto per la fase di sperimentazione, ndr). Terzo scenario: reddito sotto forma di “imposta negativa” che verrebbe meno per redditi familiari superiori ai 20mila euro all’anno; in questa ipotesi, resterebbero in vigore tutte le politiche sociali attuali. Quarto scenario: un reddito condizionato o “partecipativo”, che prevede l’accorpamento delle esistenti misure di sostegno al reddito al fine di avere un “reddito” unico erogato in cambio di prestazioni individuali, come ad esempio attività di volontariato o di servizi alla persona. I primi due scenari definiscono esempi di reddito di cittadinanza in senso stretto, seppur variabili per entità dell’importo erogato; il terzo un reddito minimo erogato solo a chi si trova in una situazione di deprivazione relativa; il quarto una rivisitazione dei “lavori socialmente utili”, a cui anche l’Italia ha fatto ricorso in passato.
Si tratta di una sperimentazione da osservare con estremo interesse per tre ragioni: 1) presenta scenari chiari e utilizza metodi innovativi per la valutazione della soluzione più adatta; 2) rende concreta e reale la prospettiva del reddito di cittadinanza in Europa come strumento per il contenimento della disuguaglianza; 3) collega la valutazione del reddito di cittadinanza a una sorta di valutazione d’impatto sociale sulla comunità di riferimento, conferendo una dimensione non solo individuale bensì comunitaria allo strumento. Si potrebbe facilmente pensare che si tratta di una decisione “estremista” e “spendacciona” di uno dei soliti governi scandinavi di stampo socialdemocratico.
Non è così: l’attuale governo finlandese è di centro-destra.
Paolo R. Graziano insegna Scienza politica e Politica comparata presso l’Università di Padova. È membro dell’Osservatorio per la coesione sociale, www.socialcohesiondays.com
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