Ambiente
Parcheggi nel verde
Il Parco dell’Acquasola è l’ultimo polmone di Genova, e c’è chi lo vuole sventrare per costruire box: 120 alberi in meno per un progetto vecchio 23 anni Il parco storico dell’Acquasola, progettato da Carlo Barabino nel 1825, è uno dei…
Il Parco dell’Acquasola è l’ultimo polmone di Genova, e c’è chi lo vuole sventrare per costruire box: 120 alberi in meno per un progetto vecchio 23 anni
Il parco storico dell’Acquasola, progettato da Carlo Barabino nel 1825, è uno dei più antichi giardini pubblici di Genova, osannato per le sue bellezze e le sue fontane già da Henri Stendhal, Charles Dickens, Gustave Flaubert e Mark Twain. Considerato un vero e proprio monumento, è “una composizione architettonica e vegetale che dal punto di vista storico o artistico presenta un interesse pubblico”, come recita la Carta per la salvaguardia dei giardini storici, scritta a Firenze nel 1981 dal Comitato internazionale dei giardini storici Icomos-Ifla. È qui che, da quasi 200 anni, i genovesi vengono a passeggio, e la cornice è quella di un qualsiasi parco pubblico delle nostre città: bambini che giocano, impiegati in pausa pranzo e anziani che si godono il fresco. Con una particolarità, però: l’Acquasola, ampia due ettari e mezzo, è l’unica area verde rimasta in centro a Genova. Tutto il resto, nel corso degli anni, è stato sommerso dal cemento. Ed è questa la fine che rischia di fare anche questo giardino. Nelle sue viscere potrebbe presto essere scavato un megaparking, tre piani sottoterra per 482 posti auto, di cui 141 in box privati: un progetto che, se arriverà a compimento, decreterà la distruzione e lo sventramento del Parco, oltre al taglio di più di 120 alberi. Il costo complessivo del megaparcheggio, riferiscono i costruttori, la Sistema Parcheggi srl (www.acquasolapark.it), è di circa 12 milioni di euro. Spiccioli, perché 482 posti auto all’Acquasola sono sinonimo di una marea di soldi “in ingresso”: secondo i dati dell’Osservatorio sul mercato immobiliare dell’Agenzia del territorio, in questa zona il valore di mercato di un box auto può arrivare anche a 4.800 euro a m2, mentre un posto auto coperto può costarne fino a 5.300. A conti fatti, un box di 15 metri può costare 72mila euro, e un posto auto coperto quasi 80mila (www.agenziaterritorio.it). Sono ricavi che si andrebbero ad aggiungere a quelli dei parcheggi a rotazione, che -si legge sui documenti dell’impresa- sfioreranno il milione di euro all’anno. Nelle tasche del Comune, invece, entreranno solo le briciole. “Il canone è di circa 120 euro a posto auto per diritto di superficie”, riferisce la Sistema Parcheggi. In realtà, i documenti parlano di una rata al Comune ancora più esigua, pari a 20.271 all’anno. Ad aumentare la beffa c’è il fatto che l’opera sarà realizzata con il contributo di fondi regionali (l.r. 10/97): la giunta Burlando (Pd), con una delibera apposita, nel 2007 ha stanziato a favore del Comune di Genova, che lo ha girato ai costruttori, un contributo di 2,65 milioni di euro, da restituirsi in 25 anni a interessi zero.
Nonostante questo, qualche settimana fa la vicepresidente della Regione Liguria Marylin Fusco (Idv) ha ribadito quanto il Presidente Burlando sostiene da anni: la competenza in materia di parcheggi è esclusivamente del Comune.
I soci, i soldi. Per capire come nasce il progetto dobbiamo fare un salto nel tempo di circa vent’anni. È il 1987 quando la giunta comunale di Cesare Campart inserisce l’area dell’Acquasola in un programma di realizzazione di 6 parcheggi pubblici “di interscambio a corona del centro cittadino”, poi ridimensionato e ridotto al solo parcheggio di Piazza della Vittoria. Il progetto viene assegnato alla Sistema Parcheggi senza nessun bando di gara, ma tramite “aggiudicazione diretta con procedura selettiva informale ad invito”, come racconta Vincenzo Lagomarsino, avvocato, esponente dei Verdi e del comitato “Acquasola parco non parcheggio”.
Non ci volle molto per scoprire, in piena Tangentopoli, irregolarità nell’assegnazione del progetto, che portarono alla condanna per concussione ed abuso d’ufficio dell’allora assessore alle strade Giovanni Bagnara (Dc). La sentenza penale di condanna per aver intascato mazzette da Ansaldo e Assopark, poi riuniti nella Sistema parcheggi srl (oggi la società ha una composizione diversa rispetto a quella degli anni 90) è stata confermata in appello nel 2001 e dalla Corte dei Conti nel 2006, che lo ha condannato a 400mila euro di danno erariale.
Quando si arriva alla condanna, però, è troppo tardi, e il parking di Piazza della Vittoria è già stato fatto. I costruttori lamentano di non essere riusciti a realizzare tutti i parcheggi previsti e chiedono i danni all’amministrazione. Si apre dunque un filone giudiziario che vede il Comune vincere su tutta la linea fino alla Cassazione.
Poteva finire lì, ma nel 2002 la giunta Pericu decide di arrivare a una transazione con la Sistema Parcheggi, in base alla quale l’azienda rinuncia a un saldo favorevole di circa 3 miliardi di lire ma riceve la conferma della concessione per la costruzione del parcheggio all’Acquasola. “Alla vicenda si aggiunge un’evidente conflitto di interessi, dato che il progettista dell’opera, l’architetto Bruno Gabrielli, nel 1997 diventa assessore all’Urbanistica della Giunta Pericu”, riprende Lagomarsino. “A quel punto formalmente il suo nome scompare dal progetto originario, ma rimane quello del suo collega Pietro Cozzani. A quel punto Gabrielli non solo non si astenne dalla questione, ma auspicò che il Consiglio di circoscrizione centro-Est, che aveva espresso parere negativo, rivedesse la pratica, come di fatto avvenne due mesi dopo la bocciatura”. Negli anni la Sistema Parcheggi ha cambiato completamente soci e rappresentanti: oggi ne sono azionisti Carena spa, Beler Gardella srl, Gambino Emilio Costruzioni, Itco, Sci e Guerrini. Nomi che contano, anche se ai più, e ai non genovesi, possono sembrare sconosciuti: Carena, ad esempio, è una società di costruzioni, che ha realizzato tra l’altro la galleria Pianoro nell’ambito dell’Alta Velocità Bologna-Firenze; la Gambino, invece, è la società di costruzioni genovesi della famiglia di Maria Teresa Gambino, che è anche presidente della Sistema Parcheggi. Gli appelli al governo e al ministero per i Beni culturali si sono moltiplicati, senza sortire effetto. Anche la Sovrintendenza regionale non ha sollevato obiezioni sulla costruzione dell’opera. “Speriamo nelle leggi europee in tema di diritto ambientale, che nel nostro Paese non sono ancora state recepite”, dice Pinuccia Montanari, assessore comunale ai Parchi del Comune di Genova (Verdi). “Purtroppo in Italia i diritti degli alberi sono poco considerati rispetto ad altri, e non vengono computati economicamente”.
Secondo il Comitato ci sarebbero ancora gli spazi per la revoca della concessione: una soluzione che secondo l’avvocatura del Comune potrebbero costringere l’amministrazione a pagare una penale di 10 milioni di euro. “Una previsione non realistica -spiega l’avvocato Lagomarsino-. L’equo indennizzo che dovrebbe essere corrisposto in caso di revoca della concessione è parametrato a un piano economico finanziario che la concessionaria non ha depositato tempestivamente. Una scelta dolosa che è stata fatta, lo dicono le sentenze, per impedire una vera comparazione della fattibilità economica dell’operazione. In caso di contenzioso questo potrebbe far cadere le pretese di Sistema Parcheggi. Inoltre la delibera del ‘90 è illegittima perché viziata dalla commissione di un reato penale, accertato con sentenza passata in giudicato. È importante ricordare che l’impresa concessionaria era stata scelta non con una gara ad evidenza pubblica, ma in seguito a un pagamento di denaro, tant’è che la Corte dei Conti ha accertato un danno erariale per il Comune di 10 miliardi di lire”.
Comitato e difensori. Intanto, tra presìdi e manifestazioni, la mobilitazione partecipata e collettiva in difesa del parco è l’unica risposta possibile. I ricorsi al Tar sono stati due, presentati nel 2008 da Legambiente, Italia Nostra e Wwf e nel 2009 da un gruppo di cittadini e membri del Comitato. Vengono vinti, ma in entrambi i casi il Consiglio di Stato, cui ricorre la Sistema Parcheggi, sblocca i lavori: ad essere distrutti, per primi, sono la pista ciclabile e il campetto da calcio. Al grido di “Marta ritira la concessione” centinaia di persone scendono in piazza per chiedere alla sindaco Marta Vincenzi (Pd) di salvare il parco, ma serve a poco. Lo scorso giugno l’impresa accende le motoseghe e decine di alberi vengono abbattuti. I cittadini occupano il parco e si incatenano agli alberi, e anche grazie all’intercessione dell’assessore comunale Montanari riescono a fermare i lavori fino ad ottobre.
“Che un parco dell’Ottocento diventi più bello con un megaparking sotto è una favola per pochi” commenta Andrea Agostini, di Legambiente e portavoce del Comitato Acquasola parco non parcheggio. All’interno del Parco, qualche anno fa, lui ci ha pure passato la notte di capodanno in una tenda per protesta. “L’Acquasola non è un piccolo problema locale -continua-, ma svela come gli interessi economici si intreccino a volte con la politica contro i beni comuni”. Il Comitato, costituitosi nel 2009 in associazione, da anni è letteralmente sulle barricate: al suo fianco ambientalisti, Verdi, Prc, centri sociali e tutti i cittadini che non credono alla “riqualificazione” promessa dai costruttori, che parlano di un parcheggio che sarebbe in realtà un “miglioramento del verde”, con tanto di 70 alberi nuovi di zecca e una durata dei lavori di soli tre anni. Anche Beppe Grillo, è sceso in campo contro il parcheggio, contribuendo a pagare i 25mila euro richiesti dal Consiglio di Stato come fideiussione per fermare i lavori per la costruzione del parcheggio.
482 posti auto nel centro di una città vanno contro tutti i criteri di mobilità sostenibile e di sostenibilità ambientale. “Mentre in tutto il mondo si cerca di eliminare le auto dalle città privilegiando il trasporto pubblico, qui invece si invitano le auto a venire in centro e parcheggiare all’Acquasola -riprende Agostini-. Quando è stata data la concessione, però, non c’erano dati scientifici sul rapporto tra traffico e salute, mentre oggi l’Organizzazione mondiale della salute e l’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro si sono espressi”.
“L’inquinamento prodotto dalle emissioni dei parcheggi in struttura e in superficie è stato a lungo sottovalutato -spiega il professor Federico Valerio, direttore del Dipartimento di chimica ambientale dell’Istituto dei tumori di Genova-. Le emissioni delle auto aumentano in modo significativo nelle fasi di parcheggio: bassa velocità, frequenti accelerazioni e frenate, motori al minimo. In qualità di parco urbano i giardini dell’Acquasola sono e saranno frequentati per gran parte del giorno, nelle ore di maggiore affluenza di traffico, da bambini e anziani, la popolazione più sensibile all’inquinamento atmosferico prodotto dal traffico. L’unica strada percorribile dovrebbe essere quella di politiche volte alla riduzione del traffico in centro e promozione di mezzi di trasporto collettivo”.
Dal 1987 al 2010, cronologia di uno scempio del territorio
La vicenda del parcheggio nel Parco dell’Acquasola inizia nel 1987, quando la giunta Campart decise che andavano fatti 6 parcheggi in diverse zone della città. L’anno dopo sceglie Acquasola, Piazza della Vittoria, Piazza Paolo da Novi, Piazza Palermo, Santa Maria dei Servi e Piazzale Kennedy.
1990 – Il progetto viene assegnato ad Ansaldo-Assopark, poi divenuta Sistema Parcheggi.
1995 – Il Tribunale di Genova condanna Bagnara, ex-assessore alle Strade del Comune di Genova, per concussione ed abuso d’ufficio.
2002 – Si apre un contenzioso giudiziario, in sede civile, che vede il Comune vincere su tutta la linea, fino alla Cassazione, che afferma la giurisdizione del Tar a decidere tra le parti.
2002 – Il sindaco Pericu per pareggiare i conti tra concessionaria e Comune decide che il parcheggio all’Acquasola va fatto. Il consiglio comunale avvalla la decisione il 31 dicembre 2003.
2004 – Via libera della Sovrintendenza ai beni archeologici, nonostante si ammetta che sotto l’area ci sono “riporti maceriosi ottocenteschi” e possibili resti romani e medievali, forse una necropoli pre-romana.
2008 – Primo ricorso al Tar ligure da parte di Legambiente, Italia Nostra e Wwf.
2008 – Il Tar blocca la costruzione del parcheggio.
2009 – Il Consiglio di Stato dà ragione ai costruttori e boccia la sentenza del Tar ligure.
2009 – Il Tar della Liguria blocca di nuovo la costruzione del parcheggio.
2010 – Il Consiglio di Stato dà ragione ai costruttori.
2010, giugno – L’impresa fa in tempo a tagliare 20 alberi prima di essere fermata dagli ambientalisti. Si concorda uno stop al taglio degli alberi fino ad ottobre.
A misura d’auto
L’ultima manovra economica del governo, il dl 78/2010, nel biennio 2011-2012 comporterà -in una regione come la Liguria che già ama le auto- un taglio al trasporto pubblico locale di 131 milioni di euro: tra il 2003 e il 2009, le spese regionali per le infrastrutture sono andate per il 98,51% alle strade e solo per l’1,49% alle ferrovie. Zero, invece, alla metropolitana di Genova, che dopo vent’anni di lavori (è stata inaugurata nel 1990) ha solo sette fermate attive su un’unica linea e dopo quella di Catania è la più corta d’Italia (5,3 chilometri). Anche la spesa sul bilancio per il servizio ferroviario pendolare si ferma allo 0,08%: dati ridicoli se si pensa che la Liguria è tra le regioni con il maggior numero di pendolari, oltre 100mila al giorno (Legambiente). Per quel che riguarda le corse dei bus, a Genova negli ultimi 15 anni i dati parlano di una forte riduzione delle corse giornaliere (-15,4%), della percorrenza chilometrica (-17,3%) e del traffico offerto (-7,9%, periodo 1993-2008, fonte: metrogenova.com). I costi invece sono cresciuti, portando il biglietto dei bus a 1,20 per 90 minuti e l’abbonamento mensile a 36 (vedi a p. 12). È la tariffa più cara d’Italia, insieme a Firenze e Palermo. Non va meglio sul fronte biciclette, con 0,07 metri equivalenti di piste ciclabili ogni 100 abitanti (Legambiente).
Secondo uno studio del 2006, condotto dall’Oms insieme all’allora Apat (oggi Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), in 13 città italiane tra cui Genova, negli anni 2002-2004, se si fosse rispettato il limite annuale di concentrazione di PM10 previsto per legge, 40 milligrammi per m3, sarebbero potuti evitare circa 2.300 decessi. A Genova, nel 2009, gli sforamenti dei livelli consentiti di PM10 sono stati 45.
Sul fronte ozono, nel 2009 i superamenti del limite per la protezione della salute umana di 120 milligrammi/m3 sono stati 46 (Legambiente).