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Ambiente

Mister Obama e i cambiamenti climatici

Il tornado Sandy -a pochi giorni dalle elezioni Usa- ha evidenziato la fragilità degli Stati Uniti d’America di fronte agli "eventi estremi", un tema che ha attraversato sottotraccia la campagna elettorale, in un Paese sempre alla ricerca di nuovi fonti fossili da sfruttare

È stato il grande assente delle elezioni americane, ma ha dominato le cronache di tutto il mondo grazie a una riedizione formato reality dei film apocalittici del cinema d’oltreoceano. Il cambiamento climatico si è preso la sua rivincita, davanti alla sparizione dal programma di Romney e al silenzio imbarazzato del presidente Obama, e non solo grazie al tornado Sandy e alla scia di morte e distruzione sulla East Coast e su New York.
Il 2012 sarà segnato negli annali della storia statunitense come uno dei peggiori per scompensi atmosferici, al punto che lo stesso Washington Post -lo scorso 24 luglio, davanti ad una delle più gravi siccità degli ultimi 50 anni- aveva ricordato come l’anidride carbonica immessa in atmosfera negli ultimi anni abbia "causato un innalzamento della temperatura mondiale di circa 0,8°C rispetto ai livelli pre-industriali e l’IPCC giudica ‘mediamente affidabile’ l’ipotesi che questo cambiamento climatico sia responsabile delle siccità”. E tutto questo poco prima che, a settembre, il cambio repentino del tempo portasse a tornado, a pioggie intense e venti a 97 km/h su tutta la East Coast.
La realtà dell’imprevedibilità del clima si scontra con le tattiche politiche degli schieramenti al Congresso e  degli opinionisti sui media: Holmans Jenkins sul Wall Street Journal mette le mani avanti, scrivendo che "non si può contrastare un tornado con la Climate policy". Insomma, lasciamo perdere i negoziati sul clima e le strategie per contrastarlo perchè sono costose, di lungo periodo e non ci risolvono il problema immediato. Interveniamo sulle infrastrutture, dice Jenkins, e rilanciamo le assicurazioni private, possibilmente non a prezzo sussidiato, per chi rischia di perdere tutto. E non si tratta di quisquilie: Rob Young e Andrew Coburn hanno riportato dalle pagine di Usa Today come i precedenti 10 tornado siano costati alle tasche dei contribuenti più di 80 milioni di dollari, per un’area colpita molto circoscritta: poco più un miglio quadrato e circa 400 case. Che se si unisce a tutte le iniziative portate avanti per contrastare i danni del vento o l’erosione delle coste (il solo New Jersey ha speso più di un miliardo di dollari per il ripascimento delle spiagge a protezione delle abitazioni fronte mare) si raggiungono cifre da capogiro.
Il cambiamento climatico non è solo un’alluvione, ma sono soldi (pubblici e privati) che esondano dalle tasche dei cittadini per fra fronte a disastri imprevedibili. Per non parlare dei costi impliciti, ad esempio quelli legati al cibo come si vedrà nei prossimi mesi a causa del crollo della produzione di cereali negli Stati Uniti d’America.
Davanti a tutto questo la politica americana balbetta, e non solo negli eventi pubblici, dove Obama esprime spesso tutta la sua retorica determinazione ("vogliamo che i nostri bambini vivano in un’America non oppressa dai debiti, non indebolita dall’ineguaglianza né minacciata dal potere distruttivo di un pianeta surriscaldato" ha dichiarato ai suoi supporter di Chicago). Perché nonostante questo, e nonostante l’appoggio di diverse personalità come lo stesso sindaco di New York Bloomberg, la strada è in salita. La forza delle corporation petrolifere è ancora forte, la scoperta di ampi giacimenti di shale gas, lo sviluppo di tecnologie altamente impattanti come il fracking, che spacca le rocce con sostanze chimiche e tonnellate d’acqua per estrarre metano, e la crescita dell’industria delle sabbie bituminose in Canada, disegna uno scenario di bassi costi per i combustibili fossili e di indipendenza energetica per gli Usa. E con una parte del Congresso ostile, per Obama non sarà per nulla facile.
"Congratulations, Mr. Obama. Ora non ti dimenticare il cambiamento climatico" ha twittato Connie Hedegaard, la Commissaria Ue sul climate action, non appena si sono avuti i risultati. Ma i tempi di Copenhagen e della speranza sono finiti, ora si misurano i fatti. A cominciare da quelli, reali ed incontrovertibili, della tragedia di Sandy.

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